Durante il ponte, in provincia di Brescia era prevista una gara di caccia alla quaglia; per boicottare la manifestazione, durante la notte gli attivisti dell’Animal Liberation Front hanno devastato il centro venatorio della frazione San Carlo, distruggendo l’area sportiva, devastando la sala di ricreazione con attrezzature danneggiate, vetri rotti, mobili sfondati, suppellettili gettate per terra, arredi a soqquadro, gomme tagliate e vetri rotti a due auto, scritte di insulti sui muri con bombolette spray con la rivendicazione ALF.
Si tratta probabilmente di soggetti estremisti che, di fatto, ottengono l’esatto contrario di quello che vogliono, impedendo qualunque dialogo fra le parti più dotate di buon senso sia degli animalisti sia dei cacciatori (molti cacciatori ritengono le gare cinofile di caccia manifestazioni che con la caccia nulla hanno a che fare), nell’ottica di arrivare a una definizione di caccia sostenibile.
L’episodio serve come test per tutti coloro che si ritengono democratici; anche coloro che sono contro la caccia dovrebbero comprendere che in democrazia ci si dà da fare per cambiare una legge, ma, se questa è sostenuta dalla maggioranza, non ci si può arrogare il diritto di cambiarla, perché di fatto ci si mette contro le leggi delle Stato e, quando l’azione è violenta, si diventa terroristi (del resto, anche i terroristi sono convinti di agire per il bene della giustizia e dell’etica). Anche il nome del movimento fa il verso a formazioni politiche eversive.
L’evento sarebbe socialmente marginale se non rientrasse in una forma di incompatibilità sociale che spacca sempre di più la società: cacciatori contro animalisti, ma anche vegani contro carnivori, abortisti contro antiabortisti, solidali con l’immigrazione e contrari. Sembra che sfugga il concetto che chi si fa giustizia da sé non è che un violento criminale.
Per approfondimenti: Caccia sostenibile – I violenti