Due alpinisti morti nell’Alta Via dei Rondoi, a Piancavallo (Pordenone).
Sulle montagne italiane ogni inverno muoiono circa 150 alpinisti (sui 450 circa di tutte le vittime della montagna nell’anno: escursionisti, alpinisti, speleologi, fungaioli, bikers ecc.; il dato è del Soccorso Alpino). Non è noto il dato di quanti in inverno (da ottobre a marzo) pratichino l’alpinismo (italiani e stranieri), ma un numero attorno alle 30.000 unità sembra ragionevole. Questo vuol dire che il singolo alpinista ha 1 probabilità su 200 di morire quest’anno. Se pratica alpinismo per 20 anni della sua vita, vuol dire che ha 1 probabilità su 10 circa*. Allucinante!
I dati sopraesposti sui praticanti possono essere contestati, ma il risultato non cambia granché, a meno di non includere fra i praticanti anche i residenti delle residenze per anziani e i neonati. Anche se ci fosse una probabilità su 50 di perdere la vita, sarebbe ben poco saggio ed equilibrato praticare alpinismo.
Certo, si può sempre dire “a me non capiterà mai perché sono prudente”. Una speranza ingenua, visto che anche grandi ed esperti alpinisti hanno perso la vita in montagna.
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* Il problema è analogo a quello di avere un mazzo da 200 carte e di estrarre una carta, una volta l’anno. Dopo un anno le probabilità di essere vivo (non esce la carta della morte) è 0,995 (199/200). Dopo 20 anni è 0,99520 che dà circa 0,90, cioè 1 probabilità su 10 di essere morto nei 20 anni (attenzione: non si devono sommare le probabilità cioè, se ne ho 1 su 200, ne avrei 20/200=0,1 in 20 anni: errore che curiosamente dà in questo caso il risultato esatto; per esempio, dopo 30 anni 0,99530 dà il 14% di probabilità di essere morto).