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Maratona di Trieste: quando la gente non capisce cos’è il razzismo

29 aprile 2019 di Roberto Albanesi

Alla mezza maratona di Trieste gli africani ci saranno. Gli organizzatori forse volevano solo lanciare una provocazione, forse hanno ceduto alle tante pressioni. Il vero punto non sono però loro, quanto quei tanti che sono insorti parlando di razzismo, senza, in realtà, aver capito nulla della questione. Va da sé che, se organizzo un evento, posso invitare chi voglio per la buona riuscita della manifestazione; “invitare” vuol dire pagare il soggiorno, dare un cachet ecc. L’iscrizione è aperta a tutti; se vogliono, gli atleti africani si possono iscrivere e vincere i premi (non certo minimali) che sono previsti per i primi arrivati.

Le originarie ragioni degli organizzatori: “Gli atleti del Kenya e del Nord Africa pedine di manager sfruttatori senza scrupoli. Questi atleti sono sottopagati e trattati in maniera indecente rispetto a quello che è il loro valore reale. Questo poi va a discapito di atleti italiani ed europei che chiaramente rispetto al costo della vita non possono essere ingaggiati, perché hanno costi di mercato. In base alle norme del regolamento, possono partecipare atleti di qualsiasi nazionalità senza alcuna discriminazione e senza alcun coinvolgimento di manager”.

In altri termini, la situazione attuale va solo a vantaggio dei manager che si prendono laute fette degli ingaggi lasciando agli africani le briciole; ma va anche a svantaggio della comunicazione perché ormai in tv la maratona non interessa più a nessuno, monopolizzata spesso da tanti nomi africani spesso impronunciabili e non in grado di suscitare emozioni. Spesso l’agente pretende l’ingaggio del gruppo, il che praticamente porta anche a dividersi all’interno del gruppo i premi per i più forti. Senza ingaggio, dubito che una decina di africani si faccia concorrenza per vincere un premio da 1.000 o 2.000 euro; al massimo se ne iscriverebbero due o tre, lasciando spazio mediatico anche ai “piazzati”

In altri sport, come negli scacchi succede qualcosa di analogo: in diversi tornei i giocatori più forti non vengono invitati per evitare da un lato di spendere fortune e dall’altro di disincentivare molti altri partecipanti che non avrebbero nessuna possibilità; solo che, non essendo gli esclusi di colore, questo comportamento viene ritenuto “normale” e “accettabile”.

Quindi, prima di parlare di razzismo solo perché è coinvolto un uomo di colore, cerchiamo di ragionare.

 

Per approfondimenti: Il razzismo inverso

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