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Fake news: cosa sono?

16 maggio 2019 di Roberto Albanesi

Che cos’è una fake news? Il modo più semplice di definirla è con la traduzione immediata: è notizia falsa. La locuzione è stata coniata da Melissa Zimdars, docente di comunicazione al Merrimack College (Massachusetts).

Le difficoltà sorgono poi quando si deve decidere chi bolla la notizia come falsa e quale sia il processo che porta al giudizio.

In teoria, dovrebbe essere un organo pubblico (come la magistratura) che condanna chi diffonde notizie false, dopo aver sentito le parti e, eventualmente, esperti privati.

Ormai, è invece prassi comune che anche associazioni o addirittura singoli si arroghino il diritto di bollare questo o quello come fake news. Questo toglie molta credibilità ai vari giudizi espressi in forma non istituzionale. Tanto che molti ritengono la locuzione superata, visto che spesso viene utilizzata anche contro giornali autorevoli, accusati di diffondere “fake news”.

In sostanza, è necessario mediare in modo imparziale fra libertà di parola e prova che un’affermazione sia una fake news per evitare che la condanna come fake news sia un modo antidemocratico di zittire le varie voci sociali.

Esempi quotidiani di fake news

Si riportano spesso esempi clamorosi di fake news, ma si tacciono esempi molto diffusi e come tali molto più meritevoli di valutazione.

Nella ricerca scientifica è per esempio banale trovare ricerche che promuovono A e altre che lo bocciano (per esempio “la sostanza X protegge dal cancro all’intestino” oppure “la sostanza X non assicura nessuna protezione”). Infatti, la ricerca non è ancora scienza. Se si leggono gli abstract della ricerca, molto correttamente, i ricercatori espongono i dati dello studio, compresi metodi di scelta del campione, le probabilità che il risultato sia casuale ecc. Purtroppo, molti giornalisti non sanno leggere questi dati e si inventano certezze: “mangiate X e non vi verrà il cancro!” o articoli che, senza un clamore così evidente, hanno comunque perso i dubbi dei ricercatori.

Altri campi dove le fake news sono di difficile dimostrazione sono l’economia, la politica ecc., tanto che spesso considerare una notizia come fake dipende solo dal nostro orientamento verso di essa. Un po’ come quando un politico viene indagato, c’è chi lo ritiene subito colpevole e chi invece lo assolve.

Quello che sembra spaventare alcuni è che le fake possano influenzare il mondo della politica o degli affari; in realtà ogni notizia falsa ha influenza su di noi. Molte fake nel campo della ricerca sponsorizzano grandi interessi; analogamente, molte fake, apparentemente banali, influenzano l’economia (“Ronaldo mangia sempre spaghetti all’amatriciana”). Infine, fake news “banali” (“la terra è piatta”) fanno comunque danni gravissimi alla cultura che è uno dei cardini del progresso sociale.

Dolo e colpa

La difficoltà di dichiarare senza ombra di dubbio una notizia fake porta molti a distinguere fra dolo e colpa: fake news sarebbero solo quelle diffuse consapevolmente con lo scopo di danneggiare qualcuno o di sostenere una propria tesi (dolo). Non lo sarebbero quelle dove manca questa intenzione, ma c’è solo la colpa della diffusione.

Questa posizione è scorretta; come tutti sanno, l’omicidio, sia colposo sia doloso, è sempre condannabile. Se c’è colpa, ma non dolo, la pena sarà minore (vedasi omicidio stradale), ma non si può “assolvere”.

Se un sito meteo diffonde previsioni negative su una località (“domani piove”) e, alla fine dell’anno, in ben 50 giorni le previsioni non si sono avverate, gli albergatori della località possono far causa al sito, mostrando come altri siti di previsione non sono stati così negativi. La colpa del sito è la scarsa professionalità, la scarsa efficienza, ma comunque sussiste. Non a caso, oggi tutti i siti meteo indicano anche una probabilità (non la certezza) che la previsione sia esatta!

L’autorevolezza

Molti ritengono di risolvere il problema fake news con l’autorevolezza della fonte. Si tratta di un gravissimo errore razionale (in gergo, si chiama fallacia ab auctoritate). Si può capire l’ingenuità di tale posizione con le espressioni di chi diffonde notizie: “l’ho letto sul giornale”, “l’ha detto la tv”, “l’ha detto il mio medico” ecc. L’autorevolezza non è garanzia di verità; confondere autorevolezza e verità è molto grave, una confusione che nei regimi non democratici (si pensi al lavaggio del cervello che il nazismo ha fatto a moltissimi tedeschi) permette di diffondere fake news.

La certezza

Una posizione comune, ma totalmente irrazionale: se non posso dimostrare la verità o la falsità, posso comunque diffondere la notizia! Anche questa è una posizione scorretta perché la falsità di una notizia è contenuta anche nel modo in cui la diffondo. Tornando alla carne; esaminiamo due news: “la carne non è cancerogena!” e “la carne è cancerogena!”. Nella ricerca esistono moltissimi studi che propendono per l’una o per l’altra soluzione, ma all’interno di ogni studio si evidenziano i limiti della ricerca stessa. Se un giornalista confeziona un articolo dove questi limiti (in un senso o nell’altro) non ci sono più e si esprime solo una certezza assoluta, allora l’articolo diventa una fake news.

Così il politico che dice “questo governo aumenterà l’IVA” sta propinando una fake news perché vende una certezza non dimostrata.

Per capire il limite della “certezza” si pensi all’esempio banale riscontrabile in molti polizieschi dove, rivolgendosi alla madre della figlia rapita, il detective dice: “non si preoccupi, gliela ripoteremo sana e salva”. Comprensibile, ma è una fake news, subito rilevata dal partner del detective che, in privato, dice al collega: “mai fare promesse, la frase corretta è: faremo di tutto per riportargliela sana e salva”.

Per queste motivazioni, molti non credenti ritengono le religioni dispensatrici di fake news, vendendo come certi (si pensi al catechismo dei bambini) fatti che invece sono solo “probabili”.

Si pensi alla frase “i fantasmi generano alcune forme di cancro”. Se non si conosce la causa della forma di cancro, probabilmente la frase non può essere né smentita, né provata, anche se al 99,99% delle persone apparirà un’assurdità: è una fake news perché vende una certezza che potrebbe avere molta influenza su persone troppo condizionabili.

Le notizie incomplete sono fake news?

La seminformazione è una forma parziale di fake news perché comunque mostra solo una parte del fatto. Per fare fake news in politica non è necessario spararle grosse: praticamente ogni giornale di parte confeziona fake news, dipingendo i fatti “dal suo punto di vista”. Un esempio. Giornale pro-accoglienza: salvati 35 naufraghi, fra di loro 6 bambini e 2 donne incinte; giornale contro l’accoglienza: raccolti 35 naufraghi; dopo l’identificazione nessuno di loro proveniva da un Paese in guerra. Due notizie entrambe “vere”, ma orientate a soddisfare il pubblico dei due giornali.

Come scoprire una fake news?

Semplicemente: non fermandosi a una fonte, ma ricercandone altre che si interessano alla stessa notizia, verificando le prove che adducono, non credere solo all’accusa, ma sentire anche la difesa, in un vero e proprio processo.

Sostanzialmente, per scoprire una fake news è necessario fare un “processo alla notizia”. Spesso si scoprirà che la notizia è totalmente falsa, oppure che è solo probabile, tanto o poco, dipende dall’esito del processo.

Si deve avere la consapevolezza che, consultando solo una fonte (magari sempre la solita), ci si espone potenzialmente a un’indigestione di fake news:

è il confronto che ci avvicina alla verità.

Si deve infine evitare di cadere vittima delle post-verità (locuzione entrata nel 2016 nell’Oxford Dictionaries): convinzioni che non vengono scalfite nemmeno se smentite in modo evidente dai fatti. In pratica, siamo giudici prevenuti durante il processo con cui analizziamo una notizia.

Storia delle fake news

Secondo Robert Darnton le fake news ci sono sempre state; addirittura hanno toccato il loro picco fra il XVI e il XVIII sec, con le pasquinate romane (sonetti diffamatori appesi di notte sulle statue romane, soprattutto su quella di Pasquino), i canard francesi (distribuiti nelle strade di Parigi) e i giornali londinesi di fine ‘700.

Il problema è che oggi con la Rete:

  • ognuno può diffondere fake news
  • ognuno può accedervi.

In sostanza si è allargato il parco degli editori e il parco dei lettori.

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