Un recentissimo studio prospettico (marzo 2019; Akbaraly TN et al. Association of Midlife Diet With Subsequent Risk for Dementia) pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA mette in dubbio l’associazione fra una sana alimentazione nel corso della mezza età e una riduzione del rischio di sviluppare una demenza, associazione emersa nel corso di altre ricerche.
In studi precedenti, i ricercatori avevano evidenziato una stretta associazione fra l’adozione a lungo termine di un regime alimentare sano e una migliore salute a livello cardiovascolare; una dieta sana, inoltre, risultava associata anche a una riduzione dei rischi di insorgenza di disturbi depressivi nonché a un maggiore volume dell’ippocampo (che svolge un ruolo fondamentale nella formazione della memoria dichiarativa e di quella semantica, nella trasformazione della memoria a breve in memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale). Basandosi su questi risultati, gli autori avevano ipotizzato che l’aderire continuativamente a un regime alimentare sano ed equilibrato avrebbe avuto effetti protettivi a lungo termine sulle capacità cognitivi.
Il nuovo studio guidato da T. N. Akbaraly (French Institute of Health and Medical Research di Montpellier), condotto su più di 8.000 soggetti seguiti per quasi un quarto di secolo, invece, smorza un po’ gli entusiasmi.
Le diete sono state valutate seguendo uno specifico indice di qualità alimentare (AHEI; Alternate Healthy Eating Index) e i partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi (punteggi alti, medi, bassi); i punteggi più alti indicavano l’adozione nel lungo periodo di una dieta più sana (secondo la scala AHEI, una dieta “sana” contempla maggiori percentuali di frutta, verdura, cereali integrali, noci, legumi, acidi grassi omega-3 a lunga catena, acidi grassi polinsaturi, moderata assunzione di alcolici).
I nuovi casi di demenza sono stati rilevati analizzando le cartelle cliniche elettroniche. Lo studio ha rilevato l’insorgenza di 344 casi di nuovi casi nel corso del follow-up, ma i ricercatori non hanno rilevato differenze significative nell’incidenza di demenza associata a un regime alimentare più salutistico in nessuno dei tre gruppi controllati.
La questione rimane comunque da approfondire, se si considerano i risultati diversi degli studi precedenti (che però, secondo Akbaraly, erano poco consistenti, con un follow-up più breve – 10 anni – e basati su soggetti over 65 e potevano non aver preso in considerazione il fatto che lo stile alimentare poteva aver subito modifiche nel corso della fase preclinica della demenza).
Akbaraly tiene comunque a precisare che “il fatto che non sia stata rilevata un’associazione tra la dieta nella mezza età e la demenza non vuol dire che essa non sia importante, e sono ancora numerosi gli aspetti da studiare”. Sempre secondo Akbaraly, sarebbe di notevole importanza riuscire a comprendere se la qualità del regime alimentare sia associata o no a una diminuita manifestazione clinica della demenza piuttosto che alla sua prevenzione e se la dieta può avere un ruolo di prevenzione se combinata ad altri fattori riguardanti lo stile di vita e se può averlo in quei sottogruppi di persone che corrono un rischio maggiore di sviluppare una forma di demenza senile.
Le critiche allo studio di Akbaraly e coll. non sono mancate; Martha Morris, della Rush University di Chicago, per esempio, ha fatto notare che una delle limitazioni dello studio è che le cartelle cliniche rappresentano una fonte non sempre attendibile relativamente alla diagnosi di demenza; un’altra limitazione, sempre secondo la Morris, è rappresentata dal fatto che la misurazione dell’esposizione alimentare è piuttosto imprecisa dal momento che la valutazione della dieta è stata effettuata troppo lontano nel tempo dal momento in cui ne sono stati poi rilevati gli esiti e inoltre sono così numerosi i potenziali errori che si possono commettere nel misurare la dieta e classificare i soggetti in base alle loro abitudini alimentari, che praticamente è quasi impossibile rilevare una qualsivoglia associazione.
Per approfondire: La ricerca non è scienza – La demenza senile – La frutta secca contrasta la demenza senile?