31 gennaio
29, 30 e 31 gennaio sono i giorni della merla. Perché si chiamano così? Cliccate il link e scopritelo.
Primi 100 giorni del governo Meloni. Su Sky TG24 Andrea Bonini li massacra; su TG5 Sebastiano Sterpa li descrive trionfalmente. Senza entrare nel merito, un ascoltatore intenzionale comprende che entrambe le descrizioni sono partigiane. Dietro però non c’è solo la partigianeria politica, ma c’è anche lo scopo di attrarre tutti quegli utenti che ascoltano un solo tg. Si vuole evitare la dissonanza cognitiva, quella distorsione cognitiva tipica di chi prova fastidio nel sentire una tesi diversa dalla sua, spesso perché il fastidio è generato dal fatto che deve esserci qualcosa di vero nell’idea contraria alla propria. Morale: se non volete essere condizionati da informazione a senso unico, ascoltate più di un tg senza la pretesa che santifichi le vostre posizioni.
Anche quest’anno non guarderò Sanremo perché mi reputo una persona intelligente. La manifestazione è ormai alla frutta con canzonette che nell’hit parade resistono pochissimo massacrate da pezzi molto più apprezzati dal pubblico. Eppure, guardare il festival (notate come nell’inizio dell’articolo ci sia una metonimia: Sanremo ha sostituito la locuzione “il festival di Sanremo”) sembra uno sport nazionale, con il quale, la mattina dopo le serate, giocare con amici e colleghi per “dimostrare la propria preparazione”: uno dei tanti surrogati della cultura. Negli anni le canzonette hanno contato sempre meno: grandi ospiti e impegno sociale con inviti di personaggi “politici” (il primo fu Gorbaciov nel 1999) e uomini dello spettacolo che parlavano di temi importanti. Non ci sarebbe nulla di male se a Sanremo parlasse Zelensky (per due miseri minuti) perché sarebbe perfettamente in linea con la tradizione degli ultimi anni. Purtroppo, da Salvini a Conte, da Gasparri a Grillo, da Calenda a Di Battista ecc. c’è chi grida allo scandalo. Ci sono persino i complottisti no-vax che non lo vogliono. Questi pseudopolitici “trasversali” sono quelli che venderebbero l’Ucraina pur di abbassare le bollette di luce e gas. Ma cosa dico l’Ucraina? Questi personaggi privi di spessore etico sarebbero pronti a vendere la mamma pur di potersene fregare di questa guerra. Alcuni pensano che fra di loro ci siano dei putiniani. Forse, ma è più probabile che ci sia solo una miopia umana che fa vomitare, sono personaggi emetici. Purtroppo, l’Italia è spaccata in due, con Fratelli d’Italia, il Partito Democratico e pochi altri che rispettano quei valori per cui si dovrebbero votare: gli altri, quando si guardano allo specchio, penso che vedano solo la nebbia della loro mediocrità.
Perché negli USA la polizia è violenta? Il caso di Tyre Nichols ha dimostrato chiaramente che non si tratta di razzismo: i cinque poliziotti che hanno massacrato Tyre sono neri come lui; per inciso, notate come la dizione afroamericano sia comunque razzista perché discrimina i neri che non sono cittadini americani: se uno ha la pelle nera che importanza ha se ha il passaporto americano o no? La spiegazione della violenza è molto meno ideologica del razzismo: gli americani sono violenti. Molti penseranno che questa sia una spiegazione semplicistica, ma in realtà è probabilistica: per chi vuole essere razionale è importante conoscere il concetto di affermazione statistica. “Gli uomini sono più veloci delle donne”, ovvio che la cosa è vera perché si sottintende “in media”; analogamente, la percentuale di personalità violente negli USA è maggiore che in Italia. Se in Italia c’è il caso Cucchi, negli USA ce ne sono dieci e se in Italia si parla di eccezione, negli USA è la regola. Se dai potere a un violento, eserciterà questo potere con violenza. Negli USA i padri insegnano ai figli che, se un ragazzo li insulta, essi devono reagire con la forza, farsi giustizia da soli senza ricorrere alla legge e questo è uno degli indicatori di personalità violenta (ricordiamoci come anche papa Francesco disse: “se uno insulta mia mamma gli do un pugno”). Un poliziotto violento (bianco o nero non importa) vede il cittadino che fugge (come Nichols) e quando lo cattura lo massacra di botte. Se a un violento (bianco o nero) fornisci statistiche (“negli USA il 53% di tutti gli omicidi registrati sono commessi da afroamericani, nonostante rappresentino solo il 12% della popolazione totale”, 2018), quando ferma un nero è prevenuto e ci sono maggiori probabilità che scatti la sua violenza.
Oggi è il Giorno della Memoria, si celebra il ricordo dell’Olocausto, quella tragica pagina di storia che ha mostrato il vero volto del Male, quello con la maiuscola perché diffuso non nel singolo individuo, ma in un’intera società; lo stesso Male che oggi sta mietendo vittime in Ucraina. Sarebbe troppo semplice accodarsi a tutti quelli che oggi condannano enormemente disgustati gli orrori del nazismo. Come controcorrente è anche giusto ricordare come dagli immensi dolori dell’Olocausto una parte della comunità ebraica non seppe scegliere una strada di pace, ma, in nome di una religione comunque minoritaria nel mondo, preferì riscuotere dall’Occidente che aveva solo tardivamente fermato il nazismo: sotto il mandato britannico della Palestina l’immigrazione della popolazione ebraica subì una fortissima accelerazione, triplicando la comunità ebraica e il 15 maggio 1948 il Consiglio Nazionale Sionista, riunito a Tel Aviv, dichiarò costituito nella terra storica di Israele lo Stato ebraico, ponendo le basi di altre guerre e altri lutti in Palestina.
Grandi manifestazioni contro la mafia a Campobello e a Castelvetrano; ampio spazio sui media, ma nessuno che ha sottolineato l’ipocrisia di queste manifestazioni, molto simili ai linciaggi della gente quando la polizia cattura un criminale. Ci sono soggetti e associazioni che combattono le mafie, rischiando ogni giorno la pelle. Questi sono credibili. Quelli che invece salgono sul carro dei vincitori, mentre prima sono rimasti sempre nell’ombra, magari per vigliacca paura, sono solo intinti di ipocrisia.
Il pontificato di Francesco è stato messo in piedi dalla Chiesa per evitare le massicce fughe dal cattolicesimo tipiche dei Paesi occidentali; la strategia (che non sarebbe stata possibile con Benedetto XVI) è di smussare ogni conflitto con la modernità. Uno di questi conflitti riguarda la valutazione dell’omosessualità, tema su cui Francesco torna periodicamente. Nell’ultima intervista dice chiaramente che l’omosessualità non è un crimine (e fin qui siamo d’’accordo), ma poi non riesce a trattenersi dal precisare che “non è un crimine, ma è un peccato”. La cosa penosa è che molti media hanno riportato solo la prima parte, di fatto santificando le parole del papa che con la seconda parte diventano invece di uno squallore incredibile. La cosa ancora più squallida è che ci siano omosessuali che si dichiarano cattolici, di fatto dimenticando che per la Chiesa saranno peccatori a vita. Ricordate quando Francesco voleva portare gli omosessuali dallo psichiatra (2018)?
Se qualcuno pensa che il cosiddetto posto fisso sia ancora un plus per la nostra società, dovrebbe leggere gli incredibili certificati dei vigili romani. Su 6.000 vigili, quasi 1.000 sono inidonei permanenti o temporanei. Uno per insufficienza polmonare non può fischiare nel fischietto; per evitare che la calvizie incipiente peggiori, un altro non può indossare il casco; un altro è affetto da psoriasi acuta, che gli desquama le mani e quindi non può scrivere le multe. Se questi soggetti non vengono rottamati, magari mandandoli in pensione con il minimo, l’Italia è spacciata.
Se l’Occidente continuerà ad aiutare l’Ucraina, Medvedev evoca lo spettro di una terza guerra mondiale. La reazione di fronte a questa minaccia è un indicatore esistenziale perché è ovvio che le sparate del russo cercano di influenzare l’opinione pubblica dei Paesi occidentali. Chi vorrebbe che il sostegno militare all’Ucraina finisse per paura di un allargamento del conflitto può avere una forte componente debole nella sua personalità. Non importa se poi all’assemblea di condominio rivendica i suoi diritti con minacce di azioni penali ecc., perché è una caratteristica dei deboli essere forti quanto di fronte hanno persone più deboli di loro. Oppure può avere una personalità decisamente sopravvivente per la quale è opportuno non avere problemi oltre quelli che si hanno già e quindi si può chinare la testa davanti ai russi come, da noi, davanti alla mafia.
Bisogna sempre diffidare delle classifiche su questo o su quello. Infatti, ogni classifica è stilata in base a parametri scelti da chi la fa e non sempre la scelta è delle più felici. Tempo fa una statistica “mondiale” comparsa su un prestigioso sito inglese voleva catalogare i Paesi del mondo in base alla vivibilità. L’osservatore ingenuo scansionava i Paesi più conosciuti e poteva dar credito alla statistica, soprattutto se era abbastanza critico con l’Italia. Scavando più a fondo, si capiva che la classifica aveva uno spessore di credibilità nullo: l’Italia non solo era dietro a Paesi come Norvegia o Svezia, ma addirittura dietro a Paesi come Mali e Mongolia: quale italiano preferirebbe andare a vivere in Mongolia? Di oggi invece la notizia che Giorgia Meloni sarebbe la (oppure “il”, lasciamo il dubbio a chi vive di gossip della lingua) premier più apprezzata d’Europa, quarta nel mondo davanti a Joe Biden. Lo dice il Global leader approval tracker della società americana di sondaggi Morning Consult. Distruggiamo il sondaggio, non tanto per partigianeria politica, ma per puro spirito scientifico. Al primo posto c’è il primo ministro indiano Narendra Modi con il 76% di gradimento. A seguire il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador (65%) e poi l’australiano Anthony Albanese (59%). Quarta c’è lei: con il 48% dei consensi Giorgia Meloni è la prima donna, la prima in Europa, il quarto premier nel mondo. Ma chi ha scelto il campione probabilmente non ha che la licenza di scuola elementare. Innanzitutto, non c’è il premier cinese: dubito fortemente che se fossero stati interpellati i cinesi con le giuste proporzioni (sono circa 24 volte più degli italiani), Xi non sarebbe primo o secondo. Inoltre, chi conosce il premier messicano? La maggior parte della popolazione mondiale sa che il Messico è uno dei Paesi in cui la criminalità è ancora altissima e che le istituzioni non fanno granché. Per approfondire: Sondaggi e questionari.
Una mail mi chiede un giudizio su un fatto riportato dai giornali un paio di settimane fa, quello della professoressa colpita in aula da alcuni pallini di una pistola ad aria compressa; la prof non avendo saputo indentificare il colpevole, è uscita piangendo dall’aula e poi, ripensandoci, tre mesi dopo ha denunciato la classe. “Sono rimasta a casa qualche giorno e ho passato notti insonni. Non ho più insegnato in quella classe ma l’ansia c’è ancora, così come il timore di essere derisa. Li denuncio tutti per difendere la mia dignità e quella dei miei colleghi ma perché è stato oltrepassato il confine. Così spero non succeda più a nessuno”. Personalmente, penso che questa insegnante non debba insegnare perché ha una visione della scuola troppo contemplativa (intellettuale). Non puoi fare l’insegnante se non entri in sintonia con i ragazzi e per farsi rispettare si devono seguire “le loro regole”. Se sei in una classe difficile, non puoi evitare di confrontarti con loro: “Qualcuno mi ha sparato un pallino, ma ha una pessima mira, se io avessi una pistola lui sarebbe già morto. Insomma, è uno sfigato che non ha capito che puoi crederti forte, ma troverai sempre qualcuno più forte di te”. Dubito che lo “sfigato” avrebbe messo la conversazione sui social. Altro che lacrime, notti insonni, paura di tornare in classe. L’insegnamento non è né per i deboli né per gli intellettuali.
Giuseppina Giuliano si alza alle 4 ogni mattina, prende il Frecciarossa delle 5, arrivando in anticipo per entrare alle 10.30 a scuola; esce alle 17, alle 18 riprende il treno e arriva quasi alle 23 a casa, a Napoli. La pendolare perfetta. Con il suo stipendio di 1.165 euro al mese non può permettersi un affitto a Milano e preferisce fare la pendolare perché “in definitiva il treno mi costa poco, circa 400 euro, mensilmente molto meno di una stanza in condivisione a Milano”. Quello che non torna del racconto di Giuseppina sono quei 400 euro per un viaggio di 1.600 chilometri al giorno. L’abbonamento mensile sul Frecciarossa costa circa 1.000 euro al mese: prendendo biglietti singoli con grande anticipo, approfittando delle promozioni, usando i punti per acquistare altri biglietti si risparmia, ma non così tanto. Discorso analogo per Italo. Non è chiaro cosa ci sia dietro la vicenda di Giuseppina: verità, voglia di popolarità, speranza che qualcuno le offra un posto vicino a casa sua? Ma perché chi decide di scrivere un pezzo non verifica ciò che racconta? Oppure si cerca lo scoop a ogni costo?
Proteste contro l’idea del ministro Schillaci di limitare la sigaretta elettronica e il fumo anche all’aperto con l’obiettivo di ridurre al 5% il popolo dei fumatori entro il 2040. “Le sigarette elettroniche non fanno male”: peccato che l’Istituto Superiore di Sanità non sia d’accordo perché la nicotina fa comunque male e agenti cancerogeni si sviluppano dalla combustione (formaldeide e acetaldeide nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene dello IARC). Come per il fumo all’aperto, il fumatore dirà che il problema è solo suo e non nuoce agli altri. Errore. I costi sanitari del fumo sono a carico di tutti e sono enormi: oltre 93.000 morti (il 20,6% del totale di tutte le morti tra gli uomini e il 7,9% del totale di tutte le morti tra le donne) con costi diretti e indiretti pari a oltre 26 miliardi di euro. Chiunque fuma e si lamenta per qualcosa che non va nella società con costi umani ed economici notevoli è di un’incoerenza pazzesca, perde il diritto a lamentarsi. Addirittura, fra i fumatori ci sono proibizionisti delle droghe leggere e pesanti, arrogandosi il diritto di non sentirsi drogati anche se non sanno smettere.
Dopo aver fatto un paio di scuole di sci, ero rimasto a un livello non infimo, ma molto basso e ho capito che non aveva senso scendere su piste facili per una settimana bianca o per qualche week-end, insomma ho capito che lo sci alpino (sci di discesa) è per agonisti o comunque sportivi molto bravi, gente che vive con la montagna. Gli altri passano una giornata nella natura senza capire che manca quella sintonia con quello che hanno intorno che è fondamentale per vivere bene, alcuni illudendosi di fare sport senza fare una grande fatica, altri illudendosi di essere tornati bambini. Certo, si godono la vacanza, ma la loro non è che la versione invernale della strategia del carcerato. Ora una nuova tegola: sicuramente un dispiacere per tutti gli amanti dello sci alpino scoprire che questo sport è spesso scarsamente sostenibile (a differenza dello sci di fondo). Già il dubbio era lecito pensando agli impianti di risalita che hanno sventrato le nostre montagne, ma oggi gli occhi sono puntati sulla neve artificiale. Per due motivi (i dati sono del CIPRA, la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi). Il primo che, a causa dei consumi energetici, l’impatto ambientale è paragonabile a quello di una grande città: un consumo energetico complessivo di ben 600 Gwh, pari a quello di oltre mezzo milione di persone. Il secondo è lo spreco ingiustificato di acqua dolce: in totale 95 milioni di metri cubi di acqua, pari al consumo idrico di Milano! Quindi inutile che vi diciate ambientalisti, scegliete la doccia anziché la vasca per risparmiare acqua, evitate di accendere troppe luci di casa e poi andate a sciare quando c’è solo neve artificiale. Se volete, sciate dove c’è neve vera. Anche il divertimento deve essere sostenibile.
Anche in Cina la popolazione per la prima volta diminuisce. La notizia è stata ben commentata da un servizio Sky in cui si diceva chiaramente che anche lì si fanno meno figli perché in media peggiorano la qualità della vita: il costo della loro istruzione è il più alto fra i Paesi sviluppati e le donne cinesi non vogliono più sottostare al fatto che devono essere gli angeli del focolare domestico come vuole la tradizione cinese. Ormai è chiaro che dove c’è benessere si fanno meno figli per quanto i governi tentino di facilitare sempre più la natalità, senza capire che le loro offerte non spostano le decisioni. Non a caso, il Paese oggi più popolato è l’India, un Paese dove il benessere non è ancora arrivato.
Perché attualmente la ‘ndrangheta è più pericolosa di Cosa Nostra? Per rispondere alla domanda è necessario capire cosa c’è dietro l’arresto di Messina Denaro. Certo, il lavoro delle Forze dell’ordine, della magistratura ecc., ma non basta. Si deve partire dalle scene di esultanza nel paese del boss e in tutta la Sicilia, manifestazioni dove a prevalere erano sicuramente i giovani: solo i vecchi continuavano a supportare la strategia dell’omertà, non parlando davanti ai microfoni. La cattura ha il suo punto di forza proprio nel clima sociale che sull’isola è diventato non più favorevole alla mafia; del resto, si sa, le vere rivoluzioni si fanno solo con la maggioranza di un Paese. La ‘ndrangheta è forte perché il tessuto sociale in Calabria (sicuramente la regione più degradata d’Italia) non è pronto per la rivoluzione. Come in Messico o in Colombia: le mafie trionfano nei territori dove c’è un’arretratezza sociale. Dove non c’è, possono comunque essere presenti, ma devono sottostare alle regole del gioco, cercando di infiltrarsi nel tessuto “legale” della società, senza morti ammazzati, sangue e violenza.
Dopo aver visto il massacro di Dnipro è possibile continuare a stimare anche minimamente un personaggio come il signor Conte che vorrebbe non inviare più armi all’Ucraina, costringendola di fatto alla resa? Inutile che il M5S continui ad arrogarsi il primato della pulizia morale quando se ne frega del sangue che scorre in Ucraina.
Greta Thunberg ci ha ripensato: dopo aver annunciato l’addio all’attivismo e alla politica, è tornata in Germania per combattere contro l’ampiamento di una miniera di carbone. Una lezione importante: poche persone riescono a essere libere dall’applauso degli altri e immolano alla popolarità sprazzi della loro vita. Si può dire che molti lo facciano per ragioni etiche (in realtà, quasi sempre hanno “bisogno” di sentirsi buoni), ma quando si dà un addio e poi si ritorna è solo perché non si riesce a stare senza i riflettori puntati su di sé, dal campione sportivo al politico, dall’attore alla persona comune. Potremmo chiamarla la sindrome del ritorno.
Nella vicenda del femminicidio di Roma, nessuno si è chiesto un perché (forse per patosensibile rispetto della vittima): come può una bella donna 35-enne (qui non vale quindi la strategia dell’ultima spiaggia), per giunta molto istruita e sicuramente non povera, avere una relazione con un 61-enne? Dietro a tragedie ci sono spesso scelte sbagliate (concorso di colpa esistenziale).
Lo “scandalo” della ginnastica ritmica divide il mondo sportivo sul comportamento (etico o meno) dell’allenatrice Maccarani. Le atlete maggiorenni che l’hanno attaccata non hanno fatto altro che ammettere che hanno sopito la loro capacità di intendere e di volere solo per la gratificazione delle vittorie sportive: un adulto maggiorenne deve sempre sentirsi responsabile delle sue scelte, soprattutto quando nessuno lo “obbliga” a percorsi pericolosi. Diverso il caso di minorenni, ma qui per esprimere un giudizio sarebbe necessario conoscere tutti i dettagli che la giustizia sportiva e ordinaria hanno in mano. In ogni caso, quanto affermato dalla Maccarani, l’agonismo non è per tutti, è sicuramente vero. Nel caso di minori, possibile che i genitori non si siano mai accorti di una gestione troppo rigida? Probabilmente anche loro erano accecati dal sogno di avere una figlia campionessa.
Dopo il Covid le istituzioni si sono arrogate il diritto di entrare pesantemente nella vita dei cittadini con la scusante del “bene comune”. L’ultimo esempio è quello della UE che vuole che le case degli italiani (degli europei) diventino a massima efficienza energetica. Molti approveranno questa decisione come esempio di grande civiltà e progresso. Lo sarebbe, se non fosse un’imposizione che invade il privato; si noti, per esempio, come le forti limitazioni di auto inquinanti non ledono la sfera privata perché si parla di “circolazione su suolo pubblico”. Qui, anche se un soggetto decidesse di non accendere mai il riscaldamento (si pensi a questo inverno al Sud Italia), dovrebbe adeguarsi comunque. La cosa più grave è che la direttiva prende in giro proprio i virtuosi che da anni si sono già adeguati con pannelli solari, doppi vetri e infissi green, cappotto ecc. Perché i 68 miliardi necessari per conformarsi alla direttiva saranno pagati da tutti attraverso i classici bonus, cioè 1.000 euro circa per italiano; d’altra parte, per moltissime famiglie, senza bonus, i costi sarebbero insostenibili. Per finanziare i bonus, una famiglia di 4 persone che vive già in una casa green dovrà sborsare nel tempo 4.000 euro. Cornuta e mazziata.