Ormai è una certezza scientifica: andare nello spazio non è un buon affare per la salute degli astronauti. Non sto parlando dei danni recuperabili come per esempio l’atrofia muscolare dovuta alle condizioni che fanno fluttuare gli occupanti delle navicelle come se non avessero peso (ricordo che non è per l’assenza di gravità, visto che in orbita attorno alla Terra la gravità è del 90% circa, ma per il fenomeno della microgravità per il quale un corpo in orbita intorno alla Terra è in caduta libera e un corpo in caduta libera è come se fosse senza peso). Sto parlando di gravi danni alla salute (infatti, visto che questo problema è noto da tempo – vedasi per esempio la perdita di massa ossea -, non ho mai capito come si possa osannare chi ha comportamenti non salutistici).
La prova definitiva viene dagli USA. Un anno nella Stazione Spaziale Internazionale ha cambiato alcune delle attività nel sistema immunitario dell’astronauta Scott Kelly rispetto al fratello gemello Mark. I geni relativi al suo sistema immunitario sono diventati iperattivi nell’attivarsi e nel disattivarsi. Fra l’altro, Scott ha dichiarato che “non si è mai sentito completamente normale nello spazio” e ha fatto un lungo elenco di disturbi: stitichezza, mal di testa, difficoltà di concentrazione e disturbi digestivi.
Anche dopo sei mesi dal suo ritorno sulla Terra, Kelly non è ancora tornato alla normalità. Il genetista Christopher Mason della Weill Cornell Medicine di New York ha dichiarato che “è come se il corpo stesse reagendo a questo ambiente alieno come se ci fosse dentro di te un misterioso organismo”.
Un problema in più per le future missioni su Marte…
Per approfondire: Il sistema immunitario