Uno studio di alcuni ricercatori di Liverpool (Davis et al.:”Short-term decreased physical activity with increased sedentary behaviour causes metabolic derangements and altered body composition: effects in individuals with and without a first-degree relative with type 2 diabetes“, University of Liverpool e University Hospital Aintree), pubblicato su Diabetologia (la rivista internazionale dell’Associazione Europea per gli Studi sul Diabete) ha cercato d’indagare l’effetto a livello metabolico della riduzione dell’attività fisica sul breve periodo (2-4 settimane). Anche se è risaputo che una attività fisica a bassa intensità o addirittura la sedentarietà sono associate a obesità, insulino-resistenza e diabete di tipo 2, lo scopo dello studio è quello di indagare sugli effetti di una riduzione limitata nel tempo dell’attività fisica su alcuni parametri fisici (principalmente profilo metabolico e composizione corporea).
Lo studio è stato effettuato su persone sane, dividendoli in due gruppi: quelli con un grado di familiarità stretto con il diabete di tipo 2 e quelli senza.
Il numero di partecipanti al progetto è in realtà molto basso, solo 45 persone: 10 donne e 6 uomini nel primo gruppo e 29 (18 donne, 11 uomini). I parametri fisici (efficienza cardiovascolare, composizione corporea, sensibilità all’insulina) sono stati misurati all’inizio del test, dopo due settimane di riduzione dell’attività fisica e dopo due settimane della ripresa dell’attività consueta.
Oltre al campione molto piccolo di partecipanti, il secondo limite della ricerca è probabilmente il tipo di attività fisica e come è stata rilevata: non stiamo parlando infatti di attività sportiva, ma semplicemente il conteggio del numero di passi quotidiani, diminuito di circa 10.000 passi al giorno nella fase di parziale inattività, con un aumento della sedentarietà di circa tre ore e mezzo al giorno.
Nonostante quindi che nello studio non si faccia alcun riferimento ad attività sportiva (e a quale tipo di sforzo, aerobico, anaerobico ecc.) la semplice riduzione dei passi (dell’80%) ha portato a una diminuzione della sensitività all’insulina, dell’efficienza cardiovascolare e a un aumento del grasso corporeo e del colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo). Studiando poi l’influenza della familiarità al diabete, i ricercatori hanno concluso che i partecipanti che avevano almeno un familiare stretto con diabete di tipo 2 avevano accumulato l’1.5% in più di grasso corporeo, ma anche che alla ripresa dell’attività il processo si è rivelato reversibile in entrambi i gruppi.
I ricercatori hanno quindi concluso che “Una riduzione a breve termine dell’attività fisica con un aumento del comportamento sedentario porta a una riduzione reversibile della sensibilità all’insulina multiorgano e dell’efficienza cardiorespiratoria, con concomitanti aumenti della percentuale di grasso (totale e localizzata nel fegato) e dislipidemia. Gli effetti sono sostanzialmente simili negli individui con o senza familiarità con diabete di tipo 2“.
Al di là degli evidenti limiti della ricerca, è interessante l’accenno degli autori sulla necessità di includere nelle raccomandazioni di salute pubblica che promuovono l’attività fisica consigli per evitare periodi, anche di breve termine, di comportamento sedentario.