Al 64esimo congresso nazionale della SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria) di Roma sono stati mostrati dati derivanti da studi internazionali secondo i quali, entro i primi due anni dal momento in cui si va in pensione, aumenterebbero gli eventi cardiovascolari, la depressione e il ricorso a medici e specialisti fra il 2 e il 2,5%.
Quando molti hanno letto questa ricerca si sono chiesti se non fosse stata sponsorizzata politicamente da chi è contrario a quota 100. In questo articolo ci limiteremo a commentare le affermazioni di alcuni esponenti della SIGG diffuse dalle agenzie e da acritici servizi giornalistici.
Come premessa, è piuttosto semplice smontare l’intelaiatura della conclusione del SIGG. Innanzitutto, è abbastanza facile trovare ricerche che promuovono X e altre che lo bocciano perché la ricerca non è scienza, ma lo diventa quando le ricerche concordano tutte (o quasi) su numeri non contestabili.
Perché parlare di “entro due anni”? Che accade dopo? Forse quegli eventi negativi diminuiscono se si è andati in pensione prima? Il 2,5% è poi un numero talmente piccolo (si noti come si usi il trucco delle percentuali relative) che non può dirsi immune da fluttuazioni statistiche dovute a tanti fattori, in primis la scelta del campione: vorrebbe per esempio dire che in due anni, se su 1.000 pensionati, 100 hanno un incidente cardiovascolare, la pensione anticipata porterebbe questo numero a 102 o 103! E i benefici che hanno gli altri circa 900? La cosa più grave è che non si parla solo di eventi cardiovascolari o di depressione, ma anche di ricorso a medici specialisti. A chi ha analizzato i dati non è venuto in mente che quando si va in pensione si ha più tempo anche per curare la propria salute, andare da specialisti a scopo preventivo, magari dal dentista per “aggiornare la situazione”? Non si fanno visite specialistiche solo perché si sta male: è un plus della pensione che viene fatto passare come minus.
Bastano i rilievi sopraesposti per far capire quanto inutili siano ricerche di queste tipo, ma ascoltiamo alcuni pareri emersi al congresso della SIGG.
Niccolò Marchionni, Ordinario di Geriatria all’università di Firenze e direttore di Cardiologia generale all’ospedale Careggi: “Andare in pensione fa male alla salute. Lavorare stanca, ma protegge corpo e mente. A parte le persone che hanno avuto una vita lavorativa molto usurante, chi è malato, chi ha cominciato in età molto giovane, in generale la pensione crea fragilità e peggiora lo stato di salute”.
Veramente crede alla ricerca? Possibile che non sia accorto che quanto sopraesposto è di una fragilità ben maggiore di quella che lui vede nei pensionati?
Raffaele Antonelli Incalzi, presidente della SIGG: “Andare poi in pensione prima del previsto, come prevede Quota 100, a un’età di appena 60 anni, quando si è ancora in forze e si sta bene, non fa solo male alla salute, fa male alla società. Andare via prima di poter contare sul reddito che viene dal lavoro, è immorale, specie se pensiamo alla situazione drammatica dell’economia nel Paese”.
Qui esce la sponsorizzazione politica della ricerca: che c’entra la moralità con un congresso scientifico? Sembrano i tempi in cui c’era chi attribuiva l’AIDS non a un virus, ma al comportamento immorale di chi lo contraeva, una punizione divina.
Nicola Ferrara, Ordinario di Geriatria all’Università Federico II di Napoli: “Quello che avvertiamo noi medici, è che uscire dal mondo del lavoro sia peggiorativo anche per la salute percepita, cioè che essere fuori dal lavoro incida sul modo di sentirsi dalle persone stesse, sia fisicamente che psicologicamente: essere pensionati innesca un meccanismo che fa sentire nell’ultima fase della vita, non più coinvolti, fuori da tutto”.
Perché questo errore di generalizzazione? Solo per il 2% è così. Per chi ha delle passioni e degli interessi da coltivare la pensione vuol dire rinascere in ciò che prima si era dovuto limitare. Se fosse come dice Ferrara, facciamo lavorare tutti fino alla fine, per evitare di sentirsi “finiti”, facciamoli schiattare sul posto di lavoro; il lavoro si sostituisce alla religione come antidoto contro la paura della morte. Il vero problema è che molti di coloro che hanno espresso queste posizioni sono persone abituate a stare attaccate al loro posto di lavoro proprio fino alla fine perché durante la loro carriera non hanno avuto tempo di appassionarsi ad altro. Possono farlo, ma perché pretendere che tutti si comportino così?
Che dire? Il Paese che ha l’aspettativa di vita più lunga è il Principato di Monaco (90 anni) e lì non mi sembra che si ammazzino di lavoro…