Da più parti sono sempre più frequenti gli allarmi sui cambiamenti climatici che potrebbero avere sulla vita dell’intero globo terrestre. Tuttavia, gli scienziati da decenni stanno attirando l’attenzione sulla necessità di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici anche a livello governativo, con soluzioni condivise dai singoli cittadini, ma anche degli Stati.
Esiste tuttavia un metodo ormai ben riconosciuto a livello scientifico e accademico che potrebbe effettivamente incidere positivamente per invertire il trend di effetti negativi sul clima terrestre. La soluzione è tanto semplice quanto efficace: piantare nuovi alberi. Nell’ambiente scientifico questi discorsi non sono per niente nuovi: stupisce sapere che fin dal 1976 lo scienziato Freeman J. Dyson propose un progetto di emergenza a livello mondiale con un programma per diminuire i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera basato proprio sull’impianto di nuovi alberi a livello globale. Dyson immaginava e piante come “banche di deposito” del carbonio presente in atmosfera. Infatti gli alberi utilizzano l’anidride carbonica dall’atmosfera nel processo di fotosintesi restituendo ossigeno e imprigionando di fatto il carbonio nelle foglie e nelle altre strutture vegetali. Ci sono voluti trent’anni perché questi concetti fossero raccolti in una risoluzione della convenzione sui cambiamenti climatici (UN Framework Convention on Climate Change, UNFCCC).
Ma quanti alberi sono necessari per combattere a livello globale il surriscaldamento della Terra? Recentemente, un articolo comparso su Live Science (2019) ipotizza che nella lotta al cambiamento climatico occorra piantare un trilione di piante: sembra un numero enorme, ma i ricercatori affermano che esistono quasi nove milioni di chilometri quadrati per far posto a questo un bosco immenso e globalizzato (anche se a dire il vero, non è chiaro come potrebbero bastare per ospitare tutte queste piante). Gli alberi sarebbero in grado di ridurre l’anidride carbonica di ben il venticinque per cento riportandola a livelli mai visti negli ultimi cento anni.
I ricercatori si sono spinti più avanti immaginando in quali zone della Terra si potrebbe ospitare questo immenso bosco: al primo posto ci sarebbe la Russia con quasi un milione e mezzo di chilometri quadrati, seguito degli Stati uniti (un milione di chilometri quadrati) e dal Canada (più di mezzo milione di chilometri quadrati). Seguono poi in ordine di estensione l’Australia, il Brasile e la Cina.
La soluzione di piantare alberi sembra essere la migliore per contrastare i cambiamenti climatici, molto più efficace che limitare il livello di riscaldamento delle case o l’utilizzo dei veicoli a motore. La soluzione può essere messa in pratica modo diversificato ed è tanto semplice da realizzare quanto efficace: è sufficiente la volontà politica e personale dei cittadini.
Questa immensa foresta di un trilione di alberi aumenterebbe la copertura dei boschi della Terra di circa un terzo e, cosa più importante, visto le aree in cui sono stati individuati i possibili luoghi d’impianto, senza impatto sulle aree antropizzate o sull’agricoltura.
Dopo l’allarme e le soluzioni proposte degli scienziati, cosa si sta facendo in concreto?
Nei giorni degli incendi nella foresta amazzonica ci sono anche buone notizie: è recente l’annuncio secondo il quale che l’Etiopia ha dato il via nel luglio 2019 al più grande progetto livello mondiale di piantumazione. Fonti governative, infatti, affermano che in solo dodici ore di un Green Day sono stati piantati più di trecentocinquanta milioni di alberi, di fatto stabilendo il record mondiale, detenuto prima dall’India, che nel 2017 aveva piantato più di sessantasei milioni di alberi in un giorno. Di fatto il record etiope corrisponde a una media di circa tre alberi per abitante. A dire il vero il record non è stato omologato né certificato da nessuna fonte terza quindi il numero effettivo di piante va preso con il beneficio del dubbio. Tuttavia è indicativo del fatto che un’operazione del genere su larga scala cominci ad attirare l’attenzione anche dei politici e non solo degli accademici.
Altri Paesi hanno cercato di seguire questa strada, come per esempio la Colombia (anche se su un’area molto limitata alla periferia di Medellin) e l’Australia che ha annunciato di voler piantare entro il 2050 un miliardo di piante, in grado di assorbire entro il 2030 almeno diciotto milioni di tonnellate di gas serra l’anno.
È chiaro che questi interventi per essere efficaci devono essere previsti su larga scala e a livello governativo. In Italia il tema dell’impianto di nuovi alberi non è molto sentito, al pari di altre tematiche ambientali come il consumo di suolo. Al più si vede qualche albero piantato nei parchi cittadini o in zone contigue ai parchi. Sarebbe auspicabile un maggiore stimolo a politiche d’incoraggiamento all’impianto di nuovi boschi, per esempio con incentivi ai privati, soprattutto nelle aree dove l’agricoltura comincia a risentire dei cambiamenti climatici, in cui molti campi agricoli cominciano a essere abbondanti perché le colture tradizionali sono fortemente penalizzate dal clima di siccità. Come spesso succede però, le soluzioni più semplici ed efficaci sono anche quelle meno condivise.