Chi decide di iniziare un’attività deve fare un investimento iniziale. In questa sede è abbastanza poco importante che il capitale sia proprio o finanziato da altri: quello che conta è che l’investimento non sia fallimentare, cioè che il ritorno sia in tempi tali da non metterci in crisi.
Fondamentale è quindi sapersi rispondere alla domanda: “in quanto recupererò i soldi investiti? Lavorerò per me o per la banca che mi ha concesso il prestito?”.
Se il capitale è prestato da una banca, basta sottrarre agli utili lordi il costo del prestito per trovare l’utile netto dell’esercizio. Se da un lato, tale pratica è corretta, spesso si dimentica il grado di schiavitù: se guadagno 50.000 euro lordi, ma ne devo 30.000 alla banca, il mio grado di schiavitù è del 60%! Spesso si scopre che avrei molto più interesse a fare il lavoratore dipendente; anche se a fine prestito mi resta un capitale immobile (per esempio il prestito è servito per la costruzione di un residence), devo sempre valutare se ne è valsa la pena (cioè se dirottando i miei sforzi in altri campi non avrei guadagnato di più).
È anche importantissimo valutare se il mercato reggerà il tempo necessario perché possa rientrare dai miei investimenti: se investo in un’attività che promette bene, ma ha anche il rischio di diventare velocemente obsoleta, non posso scegliere piani d’azione che prevedano il recupero dei soldi investiti in tempi lunghi.
L’errore più comune che si commette a proposito di investimenti è di ragionare ottimisticamente: una posizione realistica e un rientro a breve-medio termine fanno sicuramente parte della miglior strategia.
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