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Trigger point

La locuzione trigger point (punti grilletto) fu coniata dalla dottoressa Janet Travell nel 1952; oltre alla Travell, i primi importanti studi si devono anche a Simons. In oltre mezzo secolo molti altri studiarono il concetto di trigger point, arrivando in alcuni casi persino a snaturarlo.

Occorre subito precisare che il concetto di trigger point non è affatto collegato all’agopuntura, anche se molti terapeuti fondono concetti provenienti da entrambe le discipline, facendo una confusione che non giova certo alla comprensione del problema. Inoltre esistono altre teorie come quella di Jones che vede i trigger point come punti da trattare, ma a loro volta innescati da cause più lontane, nei nostri organi. Di seguito parleremo di trigger point in senso compatibile con la convenzionale visione occidentale della medicina.

Un trigger point ha un’esistenza anatomica reale che non ha nulla da spartire con le teorie tradizionali dell’agopuntura e la sua terminologia. Vediamo pertanto di capire cos’è un trigger point.

Un muscolo normale è elastico e non risulta dolente alla palpazione. Ripetute contratture, sovraccarichi, degenerazione dovuta all’età ecc. possono portare a una diminuzione dell’elasticità e nella fascia (ma non solo) del muscolo e possono crearsi i trigger point. Sostanzialmente si tratta di una piccola porzione di muscolo o di fascia muscolare che appare indurita e dolente alla palpazione. In sostanza, un nodulo dolente. La digitopressione del trigger point provoca dolore nella stessa sede o a una certa distanza da esso.

Si possono definire due tipi di trigger point: attivi e latenti.

Entrambi presentano rigidità, ipofunzionalità nel muscolo interessato e dolore alla palpazione.

I trigger point definiti attivi provocano dolore non solo alla palpazione; quelli latenti possono diventare attivi tramite un sovraccarico, un trauma o quando il muscolo è lasciato in stato di accorciamento per periodi troppo prolungati.

Curare i trigger point – Compresa la natura anatomica di un trigger point, si comprende che solo un intervento meccanico può risolvere la situazione. A questo punto esistono due scuole diverse di pensiero.

Janet Travell propose un trattamento clinico che consiste nel trapassare il trigger point con un ago preferibilmente iniettando al tempo stesso una soluzione di anestetico locale (dry needling oppure wet needling se si associa anche l’anestetico, per esempio lidocaina).

L’obiezione al needling è che può essere critico penetrare con aghi tessuti ricchi di nervi e vasi sanguigni; la seconda strada è quindi agire meccanicamente con un massaggio eseguito da un ottimo professionista.

La ricerca – Esistono diverse ricerche che mostrano l’efficacia del needling e quindi del trattamento dei trigger point, ma la maggior parte riguarda distretti particolari del corpo, soprattutto collo e spalle. Inoltre (Liu e al., 2015) nel medio termine il wet needling sembra risultare più efficace del dry.

Peraltro esistono anche ricerche (per esempio Though et al., 2009) che ritengono insufficienti i dati a favore del needling.

Trigger point

La locuzione trigger point (punti grilletto) fu coniata dalla dottoressa Janet Travell nel 1952

Analisi critica dei trigger point

I punti grilletto sono noti e studiati da oltre 50 anni, ma non hanno risolto granché. Attualmente molti fisioterapisti e associazioni di fisioterapisti invitano a prenderli in considerazione, ma è necessario avere chiari i seguenti punti:

  • qualunque terapeuta che mischi concetti legati ai trigger point a concetti tipici dell’agopuntura o di altre medicine non convenzionali non sta parlando dei veri punti grilletto, ma sta facendo solo “filosofia del dolore”.
  • Prima di trattare un paziente (con massaggio o con needling) è necessario evidenziare esattamente il trigger point alla palpazione; non basta cioè che il paziente provi un dolore generalizzato, ma la pressopalpazione deve localizzare un’area molto dolente e circoscritta.
  • Gran parte delle cure hanno effetto nel medio periodo (la guarigione può essere dovuta solo a effetto tempo) e spesso non sono risolutive (si noti come miglioramenti avvertiti dal paziente possano essere dovuti semplicemente all’anestetico usato nella versione wet del needling); ciò contrasta abbastanza con la definizione di trigger point secondo la quale dovrebbero bastare poche sedute per sciogliere il trigger.

A questo punto i sostenitori dei punti grilletto ritengono che esistano coause che continuino a riformarli; per esempio alcuni poco scientificamente parlano di carenze vitaminiche o di minerali, carenze che genererebbero altri evidenti problemi.

Perché allora esistono casi di successo? Vediamo cosa succede:

  • Un 1% (o una percentuale molto bassa) della popolazione può essere curato con il metodo.
  • Ne parla entusiasticamente all’amico che ha la stessa sintomatologia (ma causa diversa).
  • L’amico prova a curarla con i trigger point, ma non ottiene nulla e il passaparola si esaurisce.

Questa descrizione si applica a tutte quelle terapie che percentualmente hanno un quid di validità, ma solo in una fascia molto ristretta della popolazione; il terapeuta che le applica a tutto e a tutti incorre in quello che chiamo delirio di onnipotenza. Tale delirio si ha anche nella medicina convenzionale quando il medico pensa di curare tutto con una sola categoria di farmaci, con un solo intervento chirurgico ecc.

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