Nel 1861 venne proclamato il regno d’Italia, con Torino capitale e re Vittorio Emanuele II.
Subito dopo l’unificazione il Parlamento si divise in Destra (che si ispirava alle idee conservatrici di Cavour) e Sinistra (rappresentata di democratici progressisti).
Alla morte di Cavour andò al potere la Destra (fino al 1876). Per risanare il bilancio dello Stato si aumentarono le imposte indirette che penalizzarono in particolar modo i ceti meno abbienti e soprattutto i contadini del Sud; bande di giovani (fra l’altro era stata introdotta la coscrizione obbligatoria) si organizzarono militarmente, dando vita alla piaga del brigantaggio, una sorta di guerra civile che per qualche anno tenne in scacco l’esercito.
L’annessione del Veneto e di Roma
Affinché il processo di unificazione potesse dirsi concluso, occorreva annettere al Regno il Veneto e lo Stato Pontificio. I primi tentativi di Garibaldi si scontrarono con le pressioni del governo francese di Napoleone III che costrinse il governo italiano a disperdere le truppe garibaldine; l’esercito italiano si scontrò definitivamente con i garibaldini sull’Aspromonte (1862); Garibaldi fu ferito, arrestato, poi amnistiato, ma di fatto confinato a Caprera.
All’Italia fu poi chiesto di spostare la capitale in un’altra città (dal 1865 al 1871 la capitale fu portata a Firenze) a garanzia della rinuncia a Roma. Quando Bismarck, che puntava all’unificazione tedesca, propose all’Italia un’alleanza anti-austriaca, Napoleone III non si oppose vedendo con favore un indebolimento dell’Austria.
La Terza guerra d’indipendenza scoppiò nel 1866 e le vittorie prussiane (Sadowa) compensarono le disfatte italiane a Custoza e, sul mare, a Lissa e alla fine la coalizione sconfisse l’Austria che dovette cedere il Veneto all’Italia.
Per liberare Roma ritornò sul campo Garibaldi che però fu sconfitto a Mentana dai francesi, garanti dell’integrità territoriale del papato. Nel 1870, allo scoppio del conflitto franco-prussiano, le truppe francesi lasciarono Roma e gli italiani entrarono a Roma dalla breccia di Porta Pia. I rapporti con la Chiesa vennero regolati dallo Stato con la Legge delle guarentigie che però Pio IX non riconobbe arrivando persino a proibire ai fedeli di partecipare alla vita politica. L’anno seguente la capitale fu trasferita a Roma.
Giuseppe Garibaldi
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