La volontà di rivalsa di Cartagine su Roma era chiara e ben motivata: per Cartagine il dominio del mare Mediterraneo era di primaria importanza per assicurare un supporto valido al commercio, unica fonte di finanziamento dello Stato e soprattutto dell’esercito, composto per lo più da mercenari. L’amara conclusione della Prima guerra punica, con la perdita di Sardegna, Sicilia e Corsica, era una grave minaccia per il futuro di Cartagine. Per questo i cartaginesi decisero di conquistare la Spagna, il che fu il pretesto per dare inizio alla Seconda guerra punica. Nonostante Asdrubale, che succedeva ad Amilcare alla guida dell’esercito punico, si fosse impegnato a non oltrepassare il fiume Ebro, allorché Annibale, il nuovo comandante, pose d’assedio Sagunto e in seguito non fermò la sua avanzata verso l’Italia, i romani entrarono in guerra. Nonostante il tentativo di arginare il conflitto alla sola Spagna, Annibale nel 218 a.C. varcò le Alpi, arrivando al Po. Annibale sconfisse l’esercito romano sul Ticino, sul Trebbia, sul lago Trasimeno e soprattutto a Canne. Il periodo negativo di Roma continuò con la perdita della Sicilia. Solo con l’avvento di Fabio Massimo alla guida dell’esercito romano, Roma ricominciò a vincere: senza impegnare frontalmente Annibale, pian piano Roma riconquistò Capua, Brindisi e Taranto e, in Spagna, Scipione detto poi l’Africano, conquistò Cartagena e Cadice. Scipione, divenuto console, sbarcò in Africa e riportò le vittorie decisive di Siface e Zama (202 a.C.). Come conseguenza, nel trattato di Tunisi, Cartagine perse anche la Spagna.
I possedimenti di Roma e Cartagine all’inizio della seconda guerra punica (fonte: en.wikipedia)
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