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La Francia di Napoleone III

Il testo sottoriportato è protetto dal diritto d’autore e ogni riproduzione (cartacea, elettronica, in Internet) deve essere esplicitamente autorizzata per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge.

In Francia, Napoleone III sostenne una politica di espansione dei possedimenti coloniali francesi in Africa e in Indocina e nel 1854 si schierò con Regno Unito e Piemonte contro la Russia, intervenendo in Crimea in difesa dell’impero ottomano. Intervenne anche nella Seconda guerra d’indipendenza, appoggiando il Piemonte in cambio di Nizza e della Savoia. Per non perdere l’appoggio dei cattolici, si oppose però all’annessione di Roma. Dichiarò guerra alla Prussia, ma fu sconfitto a Sedan (1870) e fatto prigioniero. Liberato, andò in esilio in Inghilterra dove morì.

Alla caduta di Napoleone III fu proclamata la repubblica e formato un governo provvisorio di difesa nazionale. A Parigi si formò la Comune, governo rivoluzionario contrario al governo di Thiers e all’assemblea nazionale. Il governo si rifugiò a Versailles, lasciando la città al controllo del comitato centrale della guardia nazionale che fu affiancato dal consiglio generale della Comune. L’esperienza durò poco; a causa delle divergenze interne e dell’isolamento dal resto del Paese, si verificarono sanguinosi scontri, poi le truppe governative guidate da Mac-Mahon riuscirono a ristabilire l’ordine nel giro di una settimana. Seguì una repressione sanguinosissima con deportazioni, condanne a morte e fucilazioni.

Ristabilito l’ordine, Thiers, capo del potere esecutivo quindi presidente della repubblica, lavorò per risollevare le sorti della Francia, ma fu sconfitto dalla maggioranza monarchica dell’assemblea che gli preferì il legittimista Mac-Mahon. Questi iniziò ad applicare una politica di ordine morale. Le successive elezioni senatoriali assegnarono però la maggioranza ai repubblicani: Mac-Mahon si dimise e gli succedette Grévy con il quale riprese la conquista coloniale in Africa e in Asia mentre all’interno si sviluppava una depressione economica. Una serie di crisi e di scandali minacciò la repubblica (boulangismo, dal nome del generale Boulanger che voleva abbattere la Terza Repubblica, Panama, attentati anarchici) fino ad arrivare all’affare Dreyfus.

L’affare Dreyfus fu uno degli scandali più eclatanti della vita politica francese alla fine del XIX secolo. Il capitano israelita Dreyfus fu accusato di aver passato informazioni segrete sull’artiglieria francese; la lettera non firmata trovata casualmente in un cestino della carta da un addetto militare, sembrava confermare l’accusa. Dreyfus fu condannato, degradato e deportato sull’isola del Diavolo. Il fratello dell’ufficiale iniziò una campagna stampa a favore dell’innocenza del condannato. L’opinione pubblica si divise e il caso divenne uno scandalo nazionale. In favore di Dreyfus intervenne anche lo scrittore Zola (con il suo intervento giornalistico denominato J’accuse); il caso fu riaperto, ci fu un secondo processo, nel quale Dreyfus fu nuovamente condannato, anche se con la pena attenuata, il che portò il presidente Loubet a concedere la grazia, con la sua conseguente riabilitazione e reintegrazione nell’esercito. L’affare Dreyfus rinsaldò i rapporti tra il blocco delle sinistre e i radicali. Ai moderati si opponevano gli estremisti, nazionalisti di destra ossessionati dall’idea di rivincita e socialisti. Cattolicesimo sociale e sindacalismo rivoluzionario diventarono forze politiche. Le difficoltà economiche provocarono un’agitazione sociale endemica, mentre la crescita demografica rallentava.

 

Manuale di cultura generale – Storia – La Francia di Napoleone III – Continua

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