La psicologia evolutiva studia i processi di sviluppo dell’uomo nell’età evolutiva (infanzia e adolescenza). In questo ambito si sono distinti tre filoni teorici sulla natura del bambino e sulle modalità e finalità del suo sviluppo:
- teoria comportamentista (il bambino è originariamente una tabula rasa dal punto di vista psicologico e lo sviluppo consiste in un processo di apprendimento attraverso il quale egli assorbe passivamente i condizionamenti dell’ambiente e dei modelli comportamentali con cui viene a contatto);
- teoria genetica (il bambino è attivo nel processo di sviluppo, che consiste nell’incontro tra le sue strutture mentali e l’ambiente, l’esperienza del quale porta a un adattamento degli schemi mentali per trovare un equilibrio tra essi e la realtà);
- teoria psicanalitica (lo sviluppo riguarda la sfera affettiva e irrazionale e ha come obiettivo il raggiungimento della maturità emotiva attraverso le fasi orale, anale, fallica e genitale (preceduta dal periodo di latenza, che non è una fase psicosessuale e serve al bambino per stabilire amicizie con membri dello stesso sesso e di occuparsi di attività come la scuola), teorizzate da Freud e caratterizzate ciascuna da un investimento emotivo concentrato in una zona del corpo).
Gli sviluppi più recenti, successivi alla definizione di queste tre impostazioni teoriche di base, individuano nel linguaggio il fattore di sviluppo principale per il bambino, in quanto necessario e parallelo allo sviluppo del pensiero, oppure attribuiscono un ruolo fondamentale alla cultura all’interno della quale il bambino è inserito, che gli fornisce le strutture per comprendere e organizzare la realtà e i rapporti sociali.
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