Da notare che alcuni manuali di teoria musicale usano le locuzioni “tempo debole” o “tempo forte” per indicare il movimento della battuta. Tuttavia, visto che il termine “tempo” è già usato per indicare il tempo musicale (che alcuni abbreviano in “tempo”) questa scelta può generare un’evidente confusione di terminologia. Risulta quindi più coerente usare il termine movimento all’interno della battuta (da cui movimento debole e forte) e lasciare il termine tempo, associandolo all’aggettivo “musicale”, per indicare la somma di tutti i valori di note e pause all’interno di una misura. Questa confusione di terminologia è aggravata dal fatto che, in realtà, esistono due “tempi”: il tempo musicale (già definito) e quello metronomico (introdotto più avanti, che ha a che fare con l’effettiva durata delle note).
Il tempo musicale può anche cambiare all’interno di uno stesso brano. Ciò significa che, a un certo punto, in una misura compare un nuovo valore di tempo musicale ed esso varrà per tutte le misure successive fino al successivo cambio di tempo musicale (se presente) o fino al termine del brano. Non tutti i brani contengono cambi di tempo musicale. In alcuni particolarmente complessi o sperimentali, il tempo musicale può anche cambiare all’interno della misura, ma si tratta di virtuosismi teorici o particolari artifizi espressivi.
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