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Il postromanticismo

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A partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento, dalle esperienze dei grandi maestri del secolo si sviluppò un pensiero musicale indirizzato al deciso superamento del romanticismo, di cui pure restò evidente l’eredità, con posizioni molto diverse fra loro.

Gustav Mahler fu una delle figure più rappresentative della transizione dal periodo romantico a quello contemporaneo. Pianista, compositore e direttore d’orchestra della prestigiosa Opera di Vienna, Mahler interpretò la crisi, le contraddizioni e le tensioni che laceravano l’uomo e la società di fine secolo, eliminando l’equilibrio che aveva caratterizzato il sinfonismo precedente a favore di dislivelli stilistici e materiali eterogenei, plasmati con una drammaticità di impronta wagneriana. Il compositore austriaco sperimentò inoltre una fusione tra il lied e la sinfonia, inserendo in quest’ultima il coro e la voce solista (Canto della terra).

L’innovatività di Mahler fu anticipatrice della ricerca espressionistica, che si affermò compiutamente nel Novecento, ma fu avviata già da un altro postromantico, Richard Strauss, nella prima fase della sua produzione. Strauss, infatti, nelle sue opere giovanili, sviluppò il linguaggio musicale soprattutto dal punto di vista della ricerca espressiva dell’orchestra, con un’ardita forza inventiva che emerge soprattutto nei poemi sinfonici, tra cui Così parlò Zarathustra. La seconda parte della produzione di Strauss fu caratterizzata dalla collaborazione con Hofmannsthal, di cui furono frutto i primi capolavori teatrali di grande erotismo ed esotismo, Salomè ed Elektra, e poi il ritorno a uno stile meno elaborato. Di questa svolta furono testimonianza opere teatrali come Arianna a Nasso e La donna senz’ombra, con cui Strauss abbandonò l’indirizzo espressionistico che avrebbe invece dominato la prima metà del Novecento.

Un’altra esperienza che nacque dall’eredità del romanticismo, per poi superarlo, fu l’impressionismo, fondato sull’importanza data alle sensazioni dell’artista, tramite l’abbandono delle regole armoniche e degli schemi ritmici tradizionali e l’utilizzo di accordi dissonanti per ottenere atmosfere suggestive e raffinate. Altri impressionisti sono famosi per la fortuna che oggi hanno alcuni loro brani (come Paul Dukas con lo scherzo sinfonico L’apprendista stregone).

Padre dell’impressionismo fu Claude Debussy, compositore che partì dall’influenza di Wagner, della musica orientale e del simbolismo poetico, di cui trasferì in musica la raffinatezza, l’eleganza e la decadenza, attraverso la varietà ritmica e l’originalità dei timbri. La novità di Debussy si manifestò compiutamente a partire dai Tre notturni per orchestra e più tardi nella nuova scrittura pianistica delle Suite bergamasca e dei Preludi.

A volte considerato impressionista, Marcel Ravel in realtà fu influenzato anche dalla musica russa e spagnola e dal jazz americano; per questo si parla di modernismo di Ravel. La sua opera più nota è il celeberrimo Bolero.

L’espressionismo, di cui furono anticipatori Mahler e Strauss, si sviluppò come movimento definito proprio in reazione sia al naturalismo sia all’impressionismo, a cui opponeva atmosfere angosciate, un canto spezzato e continuamente oscillante tra la parola sussurrata e il grido, la violenza degli effetti orchestrali, l’utilizzo di tecniche compositive di forte rottura nei confronti del linguaggio tradizionale. Gli espressionisti (Arnold Schönberg, Alban Berg, Anton Webern) portarono all’estremo il soggettivismo inserendolo in un linguaggio ridotto al massimo dell’essenzialità, come reazione al caos interiore ed esteriore del primo decennio del Novecento.

Questa concezione artistica fu rappresentata in particolare da Arnold Schönberg, compositore austriaco costantemente sospeso fra tradizione ed estrema innovazione. L’originalità di Schönberg si sviluppò a partire da un’estrema riduzione all’essenziale del linguaggio musicale: essa condusse a uno sconvolgimento totale delle convenzioni e delle gerarchie tonali, strutture non adatte alla densità e alla tensione dell’espressione di questo autore, di cui furono primi esempi La mano felice e Pierrot Lunaire. Per superare e sostituire le gerarchie tonali, Schönberg elaborò poi la tecnica dodecafonica, che conferiva inoltre unitarietà alle composizioni. Questa innovazione non fu mai più abbandonata dal suo ideatore, che tuttavia a volte la unì a nostalgici recuperi della tonalità, come in Ode a Napoleone, per poi tornare alle sperimentazioni più creative e ardite con opere come il De Profundis e l’incompiuto capolavoro Mosè e Aronne.

 

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