Le origini della medicina sono antichissime; praticamente si può dire che essa sia nata con l’uomo, prima in forma istintiva, in seguito in forma più riflessiva e ponderata.
Prima dello sviluppo di civiltà più progredite, come quelle mesopotamica ed egiziana, la figura del medico era tutt’uno con quella del sacerdote o dello sciamano; la malattia, infatti, era perlopiù interpretata come un segno legato a cause divine, o comunque sovrannaturali, una sorta di punizione inflitta da dei o demoni. Anche gli interventi per la guarigione, quindi, erano sempre influenzati da un intenso senso del magico e assumevano spesso l’aspetto di rituali religiosi.
Ippocrate
Per una visione decisamente più “laica” della medicina si è dovuto attendere fino all’avvento delle filosofie naturalistiche dell’antica Grecia; figura di spicco, in questo contesto è quella di Ippocrate di Coo (V-IV sec. a.C.), filosofo e medico, considerato il padre della medicina (ancora oggi i medici e i chirurgi, prima di iniziare la professione, prestano il giuramento di Ippocrate); con lui, la medicina diventa una vera e propria professione basata sull’esperienza e sul ragionamento, per la quale vengono fissate regole pratiche e deontologiche (con deontologia si indica l’insieme di norme etico-sociali che disciplinano l’esercizio di una professione). Per i medici ippocratici, le cause di una malattia andavano ricercate in uno squilibrio umorale legato a fattori ambientali o costituzionali; conseguentemente le cure mediche si basavano su una serie di regole il cui scopo principale era quello di ripristinare l’equilibrio perduto.
La tradizione ippocratica si differenziò poi in varie scuole le quali misero in rilievo o la componente razionale (alle cui basi vi erano anche i primi studi anatomici e fisiologici) oppure quella empirica (basata sui segni clinici e sul loro significato prognostico).
Galeno
La prima più importante elaborazione della medicina antica è attribuibile a Galeno di Pergamo (II sec. d.C.), figura di riferimento per la scienza medica fino all’epoca rinascimentale; dal suo nome deriva la galenica, l’arte di preparare rimedi farmaceutici, allestiti dal farmacista nel proprio laboratorio). Il medico di Pergamo (Asia Minore) concepì un sistema basato sui 4 umori classici (ovvero il sangue, il flegma, la bile gialla e quella nera) localizzati a livello di cuore, cervello, milza e fegato associando la prevalenza dei 4 umori ad altrettanti temperamenti: sanguigno, flemmatico, malinconico e collerico.
Secondo Galeno le malattie erano lesioni a carico delle funzioni caratteristiche di una determinata struttura anatomica; tale lesioni erano dovute a squilibri umorali e le cure erano quelle delle tradizionali norme igienico-alimentari, vale a dire l’evacuazione degli umori presenti in eccesso per mezzo di purghe, salassi, rimedi vegetali o minerali.
Nel corso del medioevo la medicina di Galeno, nell’ambito della tradizione cristiana, fu trasformata in un insieme di dogmi incontestabili, sterili sia sul piano speculativo che su quello applicativo; il trattamento delle persone malate era perlopiù considerato un esercizio di carità e pietà, tant’è che nel periodo che va dall’VIII al IX secolo sorsero, accanto a diversi monasteri benedettini europei, i primi complessi ospedalieri.
Nel frattempo, in Italia, sorse la prima grande scuola medica occidentale, quella salernitana.
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