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Il Novecento

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La cultura spagnola del Novecento è legata agli eventi storico-politici che coinvolgono il Paese, e la letteratura si occupa spesso di riflessioni su questioni nazionali. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX sec., infatti, la Spagna perde le ultime colonie in America e nel Pacifico e si trova a fare i conti con il proprio decadimento economico, politico e culturale avviatosi da un secolo e causa di una ormai profonda arretratezza rispetto alle altre potenze europee. Gli intellettuali spagnoli perciò si trovano a ripensare il concetto di Spagna e si uniscono nella corrente del Regeneracionismo (da regeneración, rigenerazione), che riflette sulla necessità di un profondo rinnovamento del Paese e della cultura, da perseguire proponendo una nuova idea di identità nazionale che possa porsi come modello di rinascita. La ricerca di novità avvicina molti autori di questa fase al movimento del modernismo, che si sviluppa parallelamente nei Paesi ispano-americani e si distingue subito per l’estrema cura della forma, raffinata ed elegante, e per l’esaltazione delle culture locali.

Nel dibattito culturale assume grande importanza José Ortega y Gasset, filosofo e saggista che sostiene l’importanza, per ogni uomo, della ricerca dell’autenticità, che deve passare anche attraverso la costruzione di una coscienza storica. Particolarmente importante è il suo libro La ribellione delle masse, nato dalla riflessione sulla dittatura di Miguel Primo de Rivera degli anni Venti, che analizza l’avvento della società di massa e sottolinea come l’emancipazione del popolo debba consistere nella possibilità di emergere per gli uomini migliori in esso, e non in una democrazia totale che ponga tutti sullo stesso piano.

Il principale movimento letterario che incarna questa esigenza di modernità è definito Generazione del ’98, un gruppo di scrittori accomunati, oltre che dal dato anagrafico, dal sentimento di amore per la patria e dalla volontà di osservarne e comprenderne i problemi per ritrovare gli elementi autentici dell’identità spagnola e partire da essi per costruire nuove tradizioni solide. Gli autori più significativi del ’98 sono Miguel de Unamuno per la prosa e Antonio Machado per il rinnovamento estetico della lirica.

Miguel de Unamuno è la principale e più eterogenea figura del ’98: filosofo e scrittore sia di prosa che di poesia, autore di numerosi saggi sul destino della Spagna e di poesie e romanzi in cui esprime il proprio idealismo, privo di razionalismo, inteso come insopprimibile tendenza dell’uomo alla ricerca di una meta. Con i romanzi, in particolare Nebbia, Unamuno sperimenta strutture nuove che stravolgono le cornici tradizionali elaborando un sistema narrativo che costruisce il rapporto tra autore e personaggio come quello tra divinità e creatura, sospeso tra sottomissione e ribellione. Questo pensatore elabora inoltre il concetto di intrahistoria, cioè la necessità di indagare la storia della Spagna intesa non come sequenza di eventi, ma come successione di stati interiori, di sentimenti comuni.

Dopo Machado, protagonista della poesia spagnola del Novecento è Juan Ramón Jiménez, Nobel per la letteratura nel 1956, che sperimenta un nuovo simbolismo e fa da punto di riferimento per la successiva Generazione del ’27, gruppo di giovani intellettuali che si riunisce per la prima volta nel 1927, appunto, per ricordare e celebrare il poeta del Siglo de oro Luis de Góngora. Fra questi, per esempio, Pedro Salinas e Federico García Lorca, ma anche artisti più noti in altri campi, come il pittore Salvador Dalì, che evidenzia il ponte creato dai poeti del ’27 fra la tradizione lirica spagnola e la poetica delle Avanguardie, in particolare il surrealismo. L’equilibrio fra tradizione e rottura e fra temi tipicamente lirici (come l’amore) e temi di attualità è infatti la caratteristica che accomuna le eterogenee esperienze del ’27.

Il principale vero e proprio movimento di Avanguardia spagnolo è invece l’ultraismo, che aspira a una rottura totale con la letteratura precedente attraverso la riduzione degli strumenti artistici all’essenziale, all’eliminazione degli ornamenti modernisti e alla sperimentazione, in poesia, di strutture totalmente libere da schemi e regole. Dal punto di vista dei contenuti, l’ultraismo punta a svincolarsi sia dal sentimentalismo sia dalla necessità di esprimere una realtà oggettiva, lasciando invece all’artista piena libertà di creazione. Uno dei principali animatori di questo movimento è Jorge Luis Borges, autore argentino, ma residente in questa fase a Madrid, dove gli ultraisti si ritrovano, prima di portare il nuovo stile in America Latina.

Lo scoppio della guerra civile spagnola tra repubblicani e nazionalisti, nel 1936, sconvolge la vita culturale della Spagna, portando gli intellettuali a dividersi fra i due schieramenti, a subire persecuzioni e violenze, a lasciare il Paese. Il periodo della guerra e quello della dittatura di Francisco Franco che ne deriva rappresentano un momento di stasi e chiusura per la cultura spagnola, la produzione letteraria è quella neoclassicista legata al regime oppure una letteratura silenziosa e lontana dalle aggregazioni della prima parte del secolo, in cui prevalgono temi intimisti ed esistenzialisti, oltre che tutti quelli legati alla guerra e ai suoi effetti sul Paese e sulle persone. La censura e la miseria spingono molti intellettuali all’esilio volontario, da cui sviluppano una “letteratura parallela” legata alla madrepatria. Dello spirito avanguardistico rimane traccia solo in un movimento marginale, ma originale, il postismo, che si oppone in maniera ludica e umoristica al dogmatismo della poesia neoclassica di regime, e trae il proprio nome dalla volontà di chiudere e sintetizzare tutti gli “ismi”, cioè tutte le Avanguardie pre-belliche (futurismo, dadaismo, surrealismo ecc.), lasciando libero impulso all’immaginazione.

Negli anni Cinquanta, il regime franchista manifesta una certa apertura che avvia la Spagna a ricostruire i rapporti con il mondo esterno, sia dal punto di vista politico sia da quello culturale. Questo favorisce una prima rinascita della letteratura nel filone del realismo sociale, che rappresenta la quotidianità sociale del dopoguerra e gli sforzi di ricostruzione, e viene inaugurato da Camilo José Cela. Mentre questo realismo anima il romanzo e il teatro, la poesia della cosiddetta Generazione ’50 assume il ruolo di strumento di conoscenza di sé nel confronto con il contesto di vita.

Nel 1975, la morte di Franco segna l’inizio del periodo di transizione che porterà la Spagna dalla dittatura alla monarchia parlamentare, innescando una serie di cambiamenti non solo nella vita politica, ma anche in quella sociale e culturale. Il mondo della letteratura è scombussolato dalla rapida invasione delle opere straniere, prima tenute a distanza dal regime. Questo anima un fervido sperimentalismo ispirato soprattutto dalla nuova narrativa latinoamericana del realismo magico e dalla riscoperta dei protagonisti del rinnovamento europeo del romanzo del primo Novecento, come Virginia Woolf o James Joyce. Tale sperimentalismo arricchisce nuovamente di inventiva e creatività il linguaggio e i temi dell’inaridita letteratura spagnola, liberandola dai ristretti confini del realismo sociale e proiettandola nella nuova realtà globale e nel gusto della deformazione individuale della realtà. Questo fermento riguarda in realtà tutti i campi della cultura, e prelude a quella contaminazione fra prodotti culturali che caratterizza la società dei mass media. Come nel resto del mondo, successivamente anche in Spagna l’affermazione di una concezione più commerciale della cultura attenua lo sperimentalismo in favore delle esigenze di strutture definite e facilmente riconoscibili dai lettori, e questo porta, per esempio, al grande successo del romanzo storico e del romanzo poliziesco.

 

Manuale di cultura generale – Letteratura spagnola – Il Novecento

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