Virgilio è probabilmente il poeta latino più noto di tutti i tempi. Nasce nei pressi di Mantova nel 70 a.C. e compie la propria formazione nei vari centri culturali più attivi d’Italia, dove assorbe soprattutto l’influenza dei poetae novi e dell’epicureismo, mantenendosi lontano dalle lotte politiche.
Dopo la battaglia di Filippi, Ottaviano opera una confisca di terre per distribuirle ai veterani e anche Virgilio viene colpito da questo provvedimento, esperienza drammatica che si riflette in parte nella sua prima opera nota, le Bucoliche: 10 brevi liriche pastorali in cui viene esaltata la pace della vita di campagna e i suoi ideali, senza tralasciare però velate allusioni alla società cittadina e ai suoi protagonisti.
La pubblicazione delle Bucoliche procura a Virgilio il favore di Ottaviano (non ancora imperatore) che lo introduce nel circolo di Mecenate, dietro suggerimento del quale il poeta scrive la sua seconda opera consistente, le Georgiche. Si tratta di un poema epico-didascalico sulle attività agricole che descrive nel dettaglio il lavoro e la vita nei campi, indicandoli come unica via per raggiungere la felicità, perché solo in questo ambiente si realizzano i valori della tradizione.
La vita ritirata di Virgilio gli consente, subito dopo la pubblicazione delle Georgiche, di dedicarsi al suo capolavoro, l’Eneide, poema epico a cui il poeta lavora incessantemente durante gli ultimi dieci anni di vita, in una costante e ossessiva ricerca della perfezione; l’opera viene interrotta solo dall’approssimarsi della morte, in vista della quale l’autore giunge a esprimere la volontà che il poema venga dato alle fiamme in quanto incompleto. Alla morte di Virgilio, avvenuta a Brindisi durante il ritorno da un viaggio in Grecia, Augusto ordina invece di pubblicare l’Eneide così com’era, per l’importante funzione ideologica dell’opera, sollecitata probabilmente dallo stesso imperatore.
L’Eneide è un poema epico in 12 libri, in esametri. Riprendendo e sviluppando leggende legate alla guerra di Troia, assai popolari nella Roma dell’epoca, il poema racconta la fondazione della civiltà romana a opera di Enea, secondo la volontà del Fato, iniziando dalla fuga dell’eroe da Troia in fiamme fino all’arrivo nel Lazio, alle lotte con le popolazioni indigene e alla successiva fusione tra vincitori troiani e popolazioni locali.
L’opera è composta da una prima parte (6 libri) che racconta le peregrinazioni di Enea e da una seconda parte (restanti 6 libri) sulla guerra con la popolazione latina.
Per le tecniche narrative, il poema si rifà agli illustri precedenti omerici, mentre si propone di lodare l’imperatore Augusto partendo dai suoi antenati. Virgilio sottolinea e celebra la discendenza di Cesare e di Augusto da Enea stesso, per giunta figlio di Venere e quindi progenitore di una stirpe divina. Tra le numerose analogie omeriche riscontrabili nell’Eneide, si citano, per esempio, Enea che discende nel regno dei morti e apprende da essi i grandi eventi della storia di Roma, così come Ulisse era sceso nell’Ade per gettare uno sguardo sul suo futuro; Virgilio descrive particolareggiatamente lo scudo di Enea così come Omero dedica una lunghissima trattazione alla descrizione dello scudo di Achille; nell’episodio dell’uccisione di Pallante, amico di Enea, viene riecheggiata l’uccisione di Patroclo, amico di Achille; il duello tra Enea e Turno richiama quello tra Achille ed Ettore ecc.
Il clima del racconto è diverso: il volere del Fato ha un progetto preciso, non una distruzione, ma la creazione di Roma. Per esempio, è voluta dal Fato la vicenda di Didone, la fondatrice e prima regina di Cartagine; secondo la narrazione virgiliana si innamorò di Enea, quando questi si rifugiò a Cartagine prima di arrivare nel Lazio, e lo sposò. Disperata per la partenza improvvisa di Enea, costretto dal Fato, Didone si uccise con la spada del suo sposo, chiedendo al suo popolo di vendicarla.
Le battaglie e le virtù guerriere non sono celebrate, ma presentate come necessarie (proprio come la guerra civile di Ottaviano), mentre vengono esaltati gli aspetti umani dei personaggi come il dolore, il sacrificio, la generosità e la pietà religiosa.
L’autore guarda le vicende da una prospettiva più ampia e partecipa alle sofferenze degli sconfitti, considerando la guerra uno scontro fratricida fra popoli vicini tra loro e con un comune progenitore (Dardano).
Nonostante si tratti di un poema a programma, che secondo la tradizione sarebbe stato richiesto da Augusto in persona, Virgilio dà prova di grande vigore poetico dimostrando una perfetta padronanza dei mezzi linguistici e ottenendo anche risultati di grande efficacia, come per esempio nel famoso libro II, quando Enea racconta alla regina Didone la fine di Troia e la sua fuga con il padre Anchise e il figlio Ascanio.
La fortuna dell’Eneide, che l’autore avrebbe voluto distrutta perché ancora da rifinire, fu assai rapida, certo sostenuta da motivi politici e patriottici (era per la Roma di Augusto una spiegazione della sua origine e del suo passato). Con l’affermarsi della cultura cristiana, alla luce dell’interpretazione della sua IV ecloga (si vedano le Bucoliche), tutta l’opera di Virgilio ha beneficiato di una costante considerazione. La traduzione poetica in italiano venne effettuata da Annibale Caro alla fine del XVI sec.
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