Alla morte di Augusto, dopo alcune difficoltà dinastiche, diventa imperatore Tiberio, figlio della terza moglie di Ottaviano e da questi adottato. La successione dà avvio alla dinastia giulio-claudia (derivante dall’unione della gens Iulia, quella di Ottaviano, e della gens Claudia, da cui proviene Tiberio) durante il regno della quale si sviluppa la fase definita “argentea” della letteratura latina.
La perfezione e la purezza stilistica raggiunte dai grandi poeti dell’età precedente appaiono ineguagliabili, perciò la poesia produce risultati di insoddisfacente imitazione oppure opere geniali che seguono una direzione totalmente opposta a quella degli autori classici.
Il cambiamento di gusto si manifesta soprattutto nel recupero della retorica intesa come abilità tecnica e formale fine a sé stessa, funzionale non alla persuasione, ma allo stupore del pubblico o dei lettori, tramite artifici sempre più arditi e talvolta forzati. Ne sono un esempio le macabre ed enfatiche tragedie di Seneca, che tuttavia diventa uno dei più grandi autori latini soprattutto per la sua abilità nel porre gli artifici retorici al servizio della riflessione filosofica nei suoi testi in prosa.
Anche la satira, infine, si allontana dal modello oraziano: Persio, il più significativo autore di questo genere dell’età giulio-claudia, rifiuta l’ironia bonaria in favore di un severo e intollerante rigorismo morale, ispirato alla filosofia stoica e sostenuto da un radicale pessimismo.
Manuale di cultura generale – Letteratura latina – L’età giulio-claudia – Continua