L’alfabeto latino è uguale al nostro attualmente in uso con alcune piccole differenze:
- la lettera H è segno di aspirazione e non ha un suono proprio;
- la lettera K si trova solo in alcune parole (Karthago, Cartagine) e si pronuncia come
- la c dura;
- la lettera V era usata inizialmente per il suono vocalico “u” (come in lvpvs), successivamente venne utilizzata anche per il suono consonantico “v” (come in veritas);
- la lettera G fu introdotta solo dalla riforma di Appio Claudio Cieco per notare la consonante velare sonora;
- la lettera Z fu soppressa da Appio Claudio Cieco e ritornò solo in età augustea;
- la lettera X si pronuncia “cs”;
- la lettera Y entrò nell’alfabeto in età augustea e si trova solo in parole derivanti dal greco e si legge “i”.
In latino hanno particolare importanza per la pronuncia i dittonghi (il dittongo è una sillaba formata dall’unione di due vocali pronunciate con un’unica emissione di voce). I dittonghi più comuni in latino sono ae, oe, au, eu; da notare che ae e oe si pronunciano come se fossero una sola lettera, “e”.
I gruppi vocalici ae e oe non formano sempre un dittongo. Se sulla e è presente la dieresi (per esempio, aë), le vocali diventano due e si pronunciano separatamente.
Anche le consonanti hanno regole leggermente diverse dall’italiano. In particolare:
- il gruppo ph si pronuncia “f”;
- il gruppo ti seguito da vocale si pronuncia “zi” come nella parola otium, la cui pronuncia è !ozium!; il gruppo ti ha pronuncia regolare se è preceduto da s, t, x oppure quando la i è accentata.
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