L’Ottocento è il secolo del romanticismo, movimento culturale di reazione all’illuminismo, con cui mantiene però anche punti di contatto, soprattutto in Italia. Infatti, attraverso gli ideali di libertà e indipendenza dei popoli, anche il romanticismo manifesta un impegno civile, declinato tuttavia in modo diverso.
Gli elementi essenziali del movimento romantico sono l’individualismo libertario, l’esaltazione del sentimento e della spiritualità dell’individuo in luogo della razionalità, la riscoperta della storia nazionale, in cui ritrovare i valori autentici del singolo popolo, l’importanza della natura come nucleo di ogni energia vitale, la potenza dell’irrazionale. In quest’ottica, l’arte dev’essere espressione istintiva delle passioni individuali e insieme dell’identità di un popolo.
Il romanticismo italiano, in particolare, sviluppa un nuovo modello culturale all’insegna del recupero, piuttosto che del rifiuto, dei principi cardine dell’illuminismo. In Italia, infatti, la nuova cultura ha l’esigenza di formare una comune coscienza nazionale per costruire le basi per la liberazione dalla dominazione straniera e il raggiungimento dell’Unità. Per questo i romantici italiani non operano una vera e propria rottura con il razionalismo illuminista e rifiutano gli estremismi del romanticismo nordico nell’ambito dell’irrazionale e del misterioso, così come l’idea dell’autonomia della creazione artistica, che deve invece essere asservita a scopi sociali e politico-civili. Questa ricerca si sviluppa soprattutto nel dibattito sulle riviste, in particolare Il Conciliatore e la Biblioteca italiana, sulla quale viene pubblicato il testo considerato manifesto del romanticismo italiano, la Lettera semiseria di Giovanni Grisostomo al suo figliuolo, di Giovanni Berchet. La realizzazione più compiuta dell’ideale di letteratura nazionale e popolare del romanticismo italiano è l’opera di Alessandro Manzoni.
Dalla prospettiva di spontaneità comunicativa e di rivalutazione dello spirito del popolo deriva la fioritura di una poesia dialettale, avversata dai classicisti, che raggiunge i suoi esiti più alti con la poesia del milanese Carlo Porta e del romano Giuseppe Gioachino Belli.
A inizio secolo, tuttavia, la cultura italiana rimane ancora divisa tra classicismo e modernità, e la ricerca di una sintesi è rappresentata dall’opera di Ugo Foscolo.
Dichiaratamente classicista e antiromantico, ma estremamente moderno, sarà invece Giacomo Leopardi, il più grande poeta italiano del secolo, caso isolato ed eccezionale nella cultura nazionale e internazionale del periodo.
Dopo l’Unità si avvia una fase di crisi e di ristagno per la cultura italiana, che ha esaurito la forza propulsiva del romanticismo civile e patriottico e non trova una nuova direzione. La crisi intellettuale, frutto delle molte speranze deluse e della progressiva emarginazione sociale dell’artista, è emblematizzata dagli autori della Scapigliatura e dall’opera di Giosuè Carducci.
Il gruppo della Scapigliatura, attivo a Milano nel primo decennio post-unitario, avvia una provocatoria reazione antiromantica contro i toni moralistici e provinciali del romanticismo italiano e contro il conformismo borghese, che svilisce in una moderazione mediocre la gloria del Risorgimento. La disomogenea produzione degli autori scapigliati è guidata dal generale orientamento verso la rottura con la tradizione, dallo sperimentalismo e dall’avvicinamento ai grandi modelli europei, per aggiornare la convenzionale letteratura italiana. In questo emerge, in particolare, l’originalità di Igino Ugo Tarchetti (autore del noto romanzo Fosca), Carlo Dossi e dei fratelli Camillo e Arrigo Boito.
Anche l’opera di Carducci rappresenta una reazione antiromantica, ma in una direzione molto diversa, quella del classicismo critico.
Un’apertura più sostanziale alle novità europee avviene con l’affermazione del verismo, negli anni ’80 del secolo. Questo movimento letterario è legato alla diffusione della filosofia positivista e all’influenza del naturalismo francese, ma assume caratteristiche specifiche in relazione al momento storico italiano, come l’attenzione per la situazione meridionale e per le consuetudini dialettali. L’iniziatore e il maestro di questo stile è Giovanni Verga: egli dà avvio a una vera e propria scuola, in cui emergono figure legate a realtà regionali diverse, come Luigi Capuana (Il marchese di Roccaverdina), Grazia Deledda (Canne al vento), Edmondo De Amicis (Cuore) e Antonio Fogazzaro (Piccolo mondo antico), che anticipa le suggestioni del decadentismo.
Saranno poi Gabriele D’Annunzio e Giovanni Pascoli, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a sviluppare il decadentismo italiano, il primo nella direzione dell’estetismo, il secondo in quella del simbolismo.
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