Giosuè Carducci è uno dei più grandi rappresentanti della critica al romanticismo dalla quale nasce la nuova poesia italiana alla fine dell’Ottocento. Questa critica antiromantica si basa su un classicismo che recupera gli ideali nazionali e patriottici facendo definire il poeta “vate” d’Italia.
Carducci nasce a Lucca e dopo gli studi inizia la carriera di insegnante, che lo porta alla prestigiosa cattedra di letteratura italiana all’università di Bologna.
La formazione illuministica e le iniziali posizioni politiche repubblicane sono l’ispirazione di una delle poesie più note di questo autore, l’inno A Satana, che celebra il progresso e la ragione utilizzando come simbolo la locomotiva, personificata provocatoriamente nella forza del male, perché è così che i reazionari e la Chiesa considerano le conquiste della scienza e della civiltà moderna.
Il classicismo di Carducci si manifesta tuttavia in particolare nella raccolta poetica delle Odi barbare: esso consiste nel recuperare le forme poetiche classiche, metrica compresa, applicandole alla lingua e alle tematiche moderne per conferire a queste ultime maggiore dignità. Parallelamente, il poeta esalta anche i valori morali dell’antichità classica, di cui rimpiange l’eroismo, assumendo una funzione educativa e patriottica. A partire da questa raccolta e soprattutto nelle successive, per il timore delle idee socialiste, Carducci si avvicina sempre di più alla monarchia sabauda, ritenendola unica garante dell’Unità d’Italia, e diventa il poeta ufficiale del nuovo Stato.
Successivamente l’autore si dedica a temi più intimi e privati, componimenti poetici molti dei quali raccolti nelle Rime nuove e a cui si deve la fama presso il grande pubblico (San Martino, Pianto Antico in memoria del figlio Dante, morto a soli tre anni, Il bove, Davanti San Guido). La sua produzione poetica è coronata, nel 1906, dall’assegnazione del premio Nobel per la letteratura, un anno prima della morte.
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