Eugenio Montale è considerato il poeta più grande del Novecento italiano. Nasce a Genova alla fine del XIX sec. e dopo studi irregolari e la partecipazione alla Prima guerra mondiale inizia a collaborare con alcune riviste e a entrare in contatto con l’ambiente culturale ligure. Il 1925 è un anno fondamentale per Montale: il poeta pubblica la prima raccolta, quella che lo renderà celebre, Ossi di seppia, e firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti, atto che ostacolerà successivamente il suo lavoro.
Ossi di seppia contiene tutte le poesie più note di Montale ed esprime già compiutamente il suo messaggio poetico, la lucida consapevolezza del destino di sconfitta dell’uomo e della vuota negatività dell’esistenza, a cui si accompagna tuttavia un’ostinata, sempre razionale resistenza. In questa prospettiva negativa, il poeta non è più un “vate” depositario del segreto della vita, perché l’unico segreto è il nulla vertiginoso che l’uomo rifiuta di vedere coprendolo di inganni (Non chiederci la parola, Forse un mattino andando in un’aria di vetro). Il poeta trae spunti di riflessione dall’osservazione della natura, nei cui elementi individua il “correlativo oggettivo”, cioè la concretizzazione materiale, delle inquietudini umane e personali (Spesso il male di vivere ho incontrato, Meriggiare pallido e assorto).
Dopo un periodo a Firenze, dove Montale conosce la futura moglie Drusilla Tanzi e pubblica la raccolta Le occasioni, il poeta si trasferisce definitivamente a Milano e diventa redattore del Corriere della Sera, attività a cui affianca quella di traduttore e critico. Le ultime due grandi raccolte di versi, La bufera e Satura, vedono un Montale prima sempre più amaro, poi disincantato e ironico dall’alto della sua esperienza, in una poesia che tende alla colloquialità distaccandosi molto dai versi essenziali e limpidi delle origini. Nel 1975 Montale vince il premio Nobel per la letteratura, poi continua a scrivere saggi e poesie fino a poco prima della morte, che avviene a Milano nel 1981.
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