Virginia Woolf, contemporanea di Joyce, è come lui una grande sperimentatrice di nuove strutture romanzesche. Nasce a Londra, cresce e viene educata privatamente in un ambiente familiare ricco di frequentazioni di artisti e scrittori.
Ben presto, la stessa Woolf entra a far parte attivamente dei circoli letterari e filosofici anticonformisti della città insieme a molte grandi personalità. Contemporaneamente inizia a lavorare per il The Guardian e il The Times e, a poco più di vent’anni, ad avere le prime crisi depressive che accompagneranno tutta la sua vita e ne condizioneranno l’attività letteraria.
Dopo alcuni romanzi tradizionali, Woolf sperimenta la tecnica del flusso di coscienza per rappresentare una concezione del tempo non lineare e cronologica, ma “interiore”, come fluire incessante di impressioni e sensazioni che si dilatano o si accelerano nella memoria creando la confusa e personale percezione della realtà di ogni individuo.
Questa tecnica viene sperimentata dall’autrice soprattutto nei romanzi La signora Dalloway, Gita al faro, considerato il capolavoro della Woolf, e Orlando, caratterizzati da memorie e monologhi più che da fatti e descrizioni esteriori.
Dopo queste opere capitali, Woolf continua a scrivere numerosi romanzi e saggi fino alla crisi depressiva che le risulta fatale, conducendola al suicidio nel fiume Ouse, nel 1941.
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