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L’Ottocento

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L’Ottocento è per la Francia un secolo di continui assestamenti e rivolgimenti politici, che seguono alla frattura determinata dalla rivoluzione. Sul piano culturale, invece, per tutta l’Europa, il XIX è il secolo del romanticismo.

In Francia, l’elaborazione teorica del romanticismo si deve soprattutto a Madame De Staël, baronessa parigina protagonista di numerosi salotti e cenacoli letterari, che partendo dall’ammirazione per le teorie sul sentimento di Rousseau giunge al rifiuto dei canoni estetici classicisti, basato sulla convinzione che l’arte debba essere frutto della spontaneità dei sentimenti e della fantasia. Per questo, secondo l’estetica romantica, non può esistere un ideale di bellezza universale sulla base del quale dettare regole immutabili per la creazione di opere d’arte: queste ultime devono contenere sempre una certa dose di soggettività e l’idea del bello è legata a un insieme incalcolabile di variabili individuali, sociali, storiche, geografiche.

Da questa convinzione deriva un altro dei caratteri principali del romanticismo: un rinnovato interesse per la storia locale delle singole nazioni e per il folclore, in cui ricercare l’identità dei popoli, ognuno con la sua specificità. Lo scrittore moderno deve guardare non solo dentro sé stesso per sprigionare le proprie passioni individuali, ma anche al di fuori di sé, per conoscere tutte le possibili forme di arte attraverso lo studio delle letterature straniere, senza limitarsi ai classici.

Un autore di passaggio fra illuminismo e romanticismo è François-René de Chateaubriand, diviso fra il conservatorismo politico, religioso e culturale, e lo sperimentalismo: al sostegno alla rivoluzione segue quello alla monarchia, al servizio presso Napoleone segue il ripudio di quest’ultimo, così come nella sua produzione letteraria si alternano opere tradizionali e opere anticipatrici dei temi romantici, in particolare l’incanto della natura, il fascino per l’esotico, la malinconia e la grandezza delle passioni dell’eroe. Inizia a farsi strada la spinta libertaria che sarà caratteristica dell’eroe romantico e che porterà molti scrittori a schierarsi sul fronte politico liberale e progressista.

I temi romantici si adattano particolarmente bene all’espressione poetica, infatti nell’Ottocento si assiste a una rinascita della poesia lirica dopo il declino totale del secolo precedente: la lirica è la forma più consona all’espressione della soggettività e per i romantici rappresenta uno strumento di confessione sentimentale oppure riflessione filosofica, in genere tendente al pessimismo (Alfred De Musset, Lamartine).

Molti poeti romantici fanno parte del cenacolo culturale capeggiato da Victor Hugo, autore estremamente prolifico e rappresentativo del romanticismo sia nella poesia sia nella narrativa.

Il romanzo, sin dall’inizio del secolo, riceve grande spinta dall’affermazione del sistema industriale, grazie alla diffusione della stampa a prezzi accessibili e alla formazione della società di massa: si impone come una vera e propria moda il feuilleton, o romanzo d’appendice, pubblicato a puntate sui giornali e costruito appositamente per avvincere e coinvolgere i lettori, con vicende soprattutto sentimentali o storiche. Il maestro del feuilleton è Alexandre Dumas padre, che scrive numerosissime opere di grande successo (tanto da aver bisogno di collaboratori nella stesura) grazie alla sua abilità nel congegnare intrecci avvincenti e delineare personaggi affascinanti animati da forti passioni, come testimonia la notorietà senza tempo di romanzi quali Il conte di Montecristo (narra la vicenda di Edmond Dantès che fugge di prigione grazie a pazienza, coraggio, astuzia e a una serie di improbabili circostanze) e la trilogia I tre moschettieri (i tre moschettieri del titolo sono Athos, Porthos e Aramis, a cui poi si aggiunge il vero protagonista, D’Artagnan). Questa abilità viene in parte ereditata da Alexandre Dumas figlio, scrittore molto meno prolifico, noto soprattutto per La signora delle camelie, romanzo sulla redenzione di una cortigiana grazie all’amore, che ispirerà l’opera La traviata di Verdi.

Un altro nome noto nell’ambito della produzione di feuilleton è quello di George Sand, pseudonimo di Amandine-Lucie-Aurore Dupin, autrice parigina al centro di numerosi scandali per le sue relazioni e impegnata nel sostegno dell’emancipazione femminile oltre che in numerose rivendicazioni sociali.

La prosa francese, tuttavia, non si limita al romanzo: in reazione al razionalismo illuminista e sotto l’influenza della letteratura gotica inglese e di quella fantastica tedesca, si sviluppa il filone del racconto fantastico, alimentato dal fascino per l’irrazionale, per l’oltretomba, il mistero e il soprannaturale. I capolavori del genere appartengono al parigino Prosper Mérimée, autore per esempio del racconto La Venere d’Ille, oltre che della novella Carmen, su cui si baserà il compositore Bizet per la sua celebre opera.

Estranei al genere del romanzo d’appendice sono invece gli altri grandi romanzieri della letteratura francese della prima metà dell’Ottocento, insieme a Hugo: Stendhal, pseudonimo di Henry Beyle, e Honoré de Balzac. In questi autori è già presente il realismo che a partire dalla seconda metà del secolo sarà al centro di una vera e propria corrente letteraria, rappresentata soprattutto da Gustave Flaubert.

L’affermazione del realismo segna l’approssimarsi del romanticismo verso il declino, a causa della tendenza sempre più diffusa a rifiutare il sentimentalismo e il soggettivismo. Questa tendenza si manifesta anche in poesia con il movimento parnassiano (da Parnaso, la montagna greca delle Muse), che aspira a una poesia distaccata e impassibile, tecnicamente e formalmente controllata e perfetta, sostanziata dal culto della bellezza (Théophile Gautier).

La vera e propria chiusura con il romanticismo e l’inizio di una nuova fase poetica sono però rappresentati dall’opera di Charles Baudelaire, padre dei simbolisti e della poesia moderna in generale. Noto per la vita dissoluta, tra prostitute, debiti e alcol, Baudelaire con la sua raccolta I fiori del male sottrae la poesia alla spontaneità romantica considerandola sì come un’intuizione quasi mistica, ma anche come faticoso e consapevole lavoro di conquista della forma attraverso i mezzi espressivi classici. A questa forma sublime si contrappone il contenuto basso, “il male”, il brutto, l’osceno che il poeta vede annidarsi ovunque nell’animo e nelle esperienze umane, anche quelle più elevate e spirituali come l’amore e l’arte. Il vizio e la perversione diventano allora un tentativo di fuga, vano, oltre il quale rimane come unica speranza e unico destino la morte.

Oltre al realismo, nella seconda metà dell’Ottocento si afferma una nuova tendenza letteraria, strettamente legata all’elaborazione della filosofia positivista, il naturalismo. Questo movimento si propone di applicare alla letteratura il metodo scientifico di osservazione dei fenomeni naturali, che richiede la totale obiettività dell’osservatore rispetto all’oggetto di studio, in particolare la realtà quotidiana della società borghese e degli strati sociali inferiori. Per non inficiare i risultati dell’osservazione, lo scienziato/autore deve astenersi da qualsiasi intervento o commento nelle vicende che racconta, riportandole così come sono e lasciando che si sviluppino autonomamente davanti agli occhi del lettore.

Il teorico del naturalismo è Émile Zola, che espone la teoria del romanzo come “studio clinico” e “analisi scientifica” nel saggio Il romanzo sperimentale. Sulla base di queste teorie, il caposcuola del naturalismo progetta il ciclo di romanzi I Rougon-Macquart. Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il secondo impero, una serie di ben 20 romanzi, pubblicati una volta all’anno, che intendono realizzare uno studio completo della società contemporanea, incentrato sul problema delle classi lavoratrici.

Fra i giovani scrittori che si riuniscono intorno a Zola emerge soprattutto Guy de Maupassant, autore di racconti e romanzi caratterizzati da forte drammaticità e cupo pessimismo, da cui emerge una totale mancanza di fiducia nell’uomo e nella vita. I suoi personaggi si impongono per la meschinità, la bassezza e la sofferenza di vivere, come dimostra, per esempio, il protagonista del romanzo Bel-Ami.

La fine dell’Ottocento vede l’affermazione di un’importante corrente letteraria e artistica, il decadentismo, che comprende tra i suoi sviluppi il simbolismo, movimento soprattutto poetico di cui Baudelaire è stato precursore e che spesso viene erroneamente identificato con il decadentismo stesso. Le caratteristiche principali del simbolismo sono il rifiuto aristocratico della società contemporanea e dell’impegno, la concezione dell’arte come aspirazione alla trascendenza e in particolare della poesia come strumento di conoscenza dell’essenza pura delle cose attraverso il simbolo, che elimina ogni mediazione logica con l’assoluto. Si tratta di un percorso che il poeta svolge individualmente, chiuso in sé stesso, in cui il pubblico non ha la minima rilevanza.

La figura più emblematica del simbolismo è Arthur Rimbaud, diretto erede di Baudelaire, innanzitutto per la vita dissoluta, anticonformista e autodistruttiva, poi per l’idea del poeta come indagatore profondo dei misteri dell’uomo e del mondo, attraverso la ricerca del mezzo linguistico più espressivo. Nella sua brevissima attività poetica (tra i 16 e i 19 anni), Rimbaud porta alle estreme conseguenze questa ricerca, sostenendo la necessità per il poeta di assumere il ruolo di veggente sconvolgendo la propria anima e la propria mente per trovare nel caos la conquista dell’ignoto e dell’assoluto (Illuminazioni). Questo si traduce in un linguaggio ai limiti dell’oscurità, svincolato dalle norme logiche e sintattiche e deformato attraverso analogie e associazioni ardite in nome di una maggiore comunicatività visionaria ed evocativa. L’idea della liberazione della parola da ogni vincolo avrà grande influenza sulle avanguardie di inizio Novecento come il futurismo.

Nei densi anni di attività poetica, Rimbaud vive anche una turbolenta relazione con un altro grande poeta simbolista, Paul Verlaine, che conduce un’esistenza viziosa e violenta e pone fine a questa relazione sparando all’amico e amante, pur senza ucciderlo. Dopo questa esperienza Verlaine vive in miseria e si dedica interamente alla poesia sulla scia di Baudelaire e Rimbaud, individuando però in particolare nella musicalità e nella vaghezza onirica dei versi la via attraverso cui il poeta giunge all’essenza delle cose. Sua è la raccolta I poeti maledetti da cui viene tratta l’espressione con cui vengono spesso definiti i poeti simbolisti o comunque irregolari, inquieti, anticonformisti.

Il vertice del simbolismo è rappresentato da un poeta contemporaneo a Rimbaud e Verlaine, Stéphan Mallarmé, considerato un vero e proprio maestro dai poeti che lo frequentano e dalle generazioni successive. Mallarmé identifica la vita nella scrittura poetica, concepita come una ricerca di purezza e perfezione destinata a non avere mai fine, tanto che l’autore stesso considera tutte le sue poco numerose opere come testi preparatori al “Libro”, una creazione poetica sacra che rivela il mistero dell’universo, comprensibile solo a pochi eletti. Si tratta di una concezione della poesia che implica in sé l’irrealizzabilità e il senso angoscioso di incapacità da parte del poeta. Una poesia che custodisce un mistero così alto necessita di un linguaggio accessibile a pochi, misterioso, quasi liturgico: da questa convinzione deriva l’utilizzo estremamente oscuro della lingua da parte di Mallarmé, che conferisce alle parole significati variabili e nascosti, che suggeriscono più che significare, spesso difficilmente comprensibili da un punto di vista logico (Pomeriggio di un fauno).

Verso la fine del secolo nasce il cinema, il cui avvento è preannunciato dal teatro leggero (il cui maggior rappresentante fu Edmond Rostand con il suo Cyrano de Bergerac) e dal filone dei libri per ragazzi (Pel di carota di Jules Renard), opere rivolte al grande pubblico, proprio come il cinematografo.

 

Manuale di cultura generale – Letteratura francese – L’Ottocento – Continua

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