Commedia in prosa di Molière. Ispirata all’Aulularia di Plauto, ne rielabora autonomamente scene e caratteri. Mentre nell’autore latino tutto il lavoro è finalizzato al puro divertimento dello spettatore senza alcun intento di natura educativa e senza alcuna critica sociale, in Molière la commedia svolge la funzione di critica della concezione autoritaria corrente che faceva sì che fossero i genitori a combinare i matrimoni dei propri figli, spesso contro la volontà di questi. Per Molière, il matrimonio è una cosa santa e sacra che deve essere per la donna una scelta di gioia e non di rinuncia. Si tratta di una scelta che determina la felicità o l’infelicità per tutta la vita. Perciò, gli sposi devono essere assortiti, per età, umore e sentimenti.
È un pregevole esempio di commedia di carattere, che delinea il comportamento di un uomo ossessionato dall’avidità e dall’avarizia. Il protagonista Arpagone, avaro e usuraio spietato quando si tratta dei suoi affari, terrorizza anche i suoi figli, Cleante ed Elisa, soprattutto combinando matrimoni vantaggiosi per lui, ma completamente male assortiti. La commedia è a lieto fine: gli innamorati si sposano e l’avaro recupera il suo denaro. La commedia rappresenta anche un’immagine della società borghese del XVII secolo in Francia. La comicità si basa essenzialmente su malintesi, doppi sensi e sulla farsa.
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