L’esistenzialismo è una corrente filosofica, affermatasi in Europa negli anni ’20 del XX sec., grazie al lavoro di Kierkegaard, che, con la sua polemica contro ogni forma di filosofia accademica, aveva gettato le basi di una nuova concezione filosofica e sociale. Tema centrale degli esistenzialisti è la critica a ogni forma di filosofia totalizzante, che scorda la specificità dell’uomo, la problematicità, la finitezza, l’angoscia collegata alle scelte. Si deve passare dalla categoria della necessità a quella della scelta. Ha uno sviluppo iniziale in Francia, all’indomani del secondo conflitto mondiale, grazie alle figure di Sartre e Merleau-Ponty; si diffonde poi in Germania, con Marcel e Heidegger. Ha una notevole influenza sulla psicoanalisi, sul pensiero psichiatrico e su quello poststrutturalista.
In Germania ha il suo maggiore esponente in Heidegger, secondo il quale l’esistenza autentica dell’uomo è configurata come apertura al mondo e come consapevole progettualità che va oltre la quotidianità; alla sua base si trova la consapevolezza dell’ineluttabilità della morte. Essendo l’esistenza possibilità, essa procede e progetta nella dimensione temporale; l’orizzonte che comprende l’ontologia è quindi il tempo.
I temi centrali della svolta dopo il 1950 sono, per Heidegger, la storia della metafisica come destino dell’Occidente, la possibilità di un superamento della metafisica, l’essenza del linguaggio, la funzione della poesia come strada per il raggiungimento della consapevolezza e l’evasione dalla superficialità. I temi sono affascinanti, ma la trattazione è oscura. Non deve meravigliare quindi il fraintendimento di Essere e tempo anche da parte degli addetti ai lavori.
Sempre in Germania, Jaspers, partendo dai concetti espressi da Kierkegaard, giunge a un soggettivismo radicale, per il quale la verità dell’esistenza può essere raggiunta solo attraverso la ricerca di sé stessi.
Jean Paul Sartre è considerato il padre dell’esistenzialismo francese di cui getta le basi nell’opera L’essere e il nulla. In essa analizza l’azione etica, nella quale la coscienza assoluta e libera si scontra con l’inerzia della realtà; definisce l’esistenza di due ordini di realtà contrapposti, l’in sé, cioè l’essere bruto e compatto e il per sé, l’essere che si fa presente a sé stesso, inteso come coscienza. Il per sé si realizza annullando le tendenze, le abitudini e le predisposizioni. L’uomo, incapace di unire questi aspetti della realtà, viene assalito dal sentimento di angoscia provata di fronte al potere di decisione assoluta.
Nella seconda fase del suo pensiero (Critica della ragion dialettica), dopo un lungo ripensamento sul marxismo, concentra la sua attenzione non più sull’individuo, ma sui condizionamenti sociali e storici che questi deve subire.
Merleau-Ponty e Marcel vedono nell’esistenzialismo una filosofia dell’esistenza e della libertà in un mondo assurdo, dove hanno la priorità le questioni della responsabilità, dell’impegno politico e della felicità.
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