La civiltà rinascimentale si sviluppa nel XV sec. e consente grandi cambiamenti nella cultura che si diffonde al di fuori dell’ambito religioso), nell’economia e nelle scoperte di nuovi mondi. La borghesia mercantile acquisisce sempre più importanza.
Dalla metà del ‘500 alla fine del ‘600 si attuano i grandi stravolgimenti scientifici dovuti a scienziati come Copernico, Galileo e Newton.
Nel XVIII sec. si afferma nel mondo intellettuale la volontà di “portare luce” sulle tenebre in cui è immersa la conoscenza umana (illuminismo).
Umanesimo e rinascimento
L’umanesimo è il movimento culturale, caratterizzato dalla riscoperta della cultura classica greca e latina, che pone le basi per il rinascimento. I tratti peculiari dell’umanesimo sono:
- la rivalutazione della civiltà classica, considerata il fondamento di ogni progresso umano;
- il disprezzo per la cultura medievale;
- il nuovo atteggiamento intellettuale, improntato a un nuovo spirito critico, basato sulla tendenza a verificare la validità delle nozioni tradizionali tramite un’analisi razionale.
Nonostante la nascita del concetto di indipendenza politica, l’umanesimo rimane un fenomeno puramente letterario e filosofico. Il movimento, che aveva già trovato un precursore nel Petrarca, fondatore del primo cenacolo umanista, nasce in Italia, diffondendosi poi anche all’estero. Gli intellettuali si riuniscono in accademie, o facendo capo alle corti di principi e magnati. In Italia ha i suoi centri principali a Firenze, Roma e Napoli.
Il rinnovato interesse per la letteratura e per la filologia determina nell’umanesimo un mutamento dell’idea e dei criteri della verità, che vengono fatti coincidere con le norme della retorica.
Con il termine rinascimento si indica un periodo storico complesso compreso tra l’inizio del XV e la metà del XVI sec., in cui prevale una nuova concezione della vita e rifioriscono gli studi. Coincide con il massimo splendore delle signorie in Italia.
Con il rinascimento si attua una netta frattura culturale con il medioevo, anche se oggi si tende a vedere il periodo come una naturale transizione verso l’età moderna.
Il rinascimento può considerarsi il punto d’arrivo dell’umanesimo. Le varie componenti della civiltà umanistica si fondono armonicamente per fare dell’uomo il centro dell’universo. Vengono riscoperti il mondo classico, la bellezza, l’arte, la filosofia e la storia. A esso si può far risalire la nascita della civiltà moderna, con la sua visione terrena e laica del mondo. La cultura rinascimentale pone come fondamento la centralità dell’uomo nell’universo, protagonista e artefice della propria fortuna, entità che Dio ha voluto libera.
All’interno del rinascimento meglio si configurano l’indipendenza e l’autonomia della ragione rispetto alla sfera religiosa. Umanesimo, rinnovamento delle concezioni politiche, rinnovamento religioso e naturalismo sono quindi i caratteri fondamentali del rinascimento. La circolazione degli intellettuali e degli artisti è favorita dalla crescente pratica del mecenatismo.
L’aristotelismo rinascimentale
L’aristotelismo è la corrente filosofica più importante, soprattutto le correnti alessandriste e averroiste, con un’attenzione particolare alle problematiche logico-gnoseologiche e fisiche. Un esempio si ha con Pomponazzi che, partendo dalle idee di Aristotele, nega l’immortalità dell’anima (De immortalitate animae) e afferma il dominio delle leggi del fato sui destini umani.
Il platonismo rinascimentale
Si riscopre anche Platone, grazie all’interpretazione neoplatonica. Il pensiero platonico è considerato come una forma di “filosofia rivelata” di origine divina e sono valorizzati soprattutto i temi della spiritualità, del cosmo e della bellezza.
Importante anche la riscoperta degli ermetici greci (tradotti in latino da Marsilio Ficino) che ebbero grande influsso sui pensatori rinascimentali (come Bruno) come esempio di sapienza; l’ermetismo propone un insieme di regole pratiche e morali, di tecniche iniziatiche di derivazione alchimistica, nelle quali la magia prevale sulla natura e gli astri influenzano il mondo naturale e l’uomo.
Nicola Cusano (XV sec.) sostiene l’infinità dell’universo e l’infinità di Dio, nella quale tutte le contraddizioni spariscono e afferma (nel De docta ignorantia) che la ragione non è sufficiente a comprendere tale infinità. L’uomo (considerato come microcosmo) è un dio creato, scopo della creazione, che raggiunge la perfezione naturale (definita filiatio Dei, discendenza filiale di Dio) partecipando all’umanità.
Marsilio Ficino (XV sec.) intende conciliare la filosofia classica e la religione cristiana, difendendo quest’ultima dalle dottrine che negano l’immortalità e la singolarità dell’anima. Secondo la sua concezione armonica, l’uomo è centro e nello stesso tempo mediatore tra l’umanità e la divinità. L’anima (definita copula mundi, legame del mondo) è al centro del suo pensiero, fattore decisivo per la dignità umana.
Pico della Mirandola (XV sec.) è ricordato soprattutto per la memoria prodigiosa di cui era dotato. Il suo pensiero filosofico sostiene la possibilità di unire tutte le dottrine filosofiche e teologiche, ponendo l’uomo al centro dell’universo: nella Oratio de hominis dignitate l’uomo, collocato da Dio al centro della realtà, è in grado di scegliere i termini del suo vivere.
Il pensiero politico
Niccolò Machiavelli (XV-XVI sec.) ne Il principe analizza lucidamente le virtù dell’uomo di governo, sulla base di una concezione della politica autonoma da quella morale o religiosa (le virtù del politico non sono le virtù dell’amore e dell’umiltà, ma piuttosto l’astuzia della volpe e la forza del leone). Sogna l’unità d’Italia sotto un principato nuovo, in grado di portare pace e libertà dagli stranieri. È il principale fondatore della politica intesa come scienza e della ragion di Stato.
La tesi secondo cui il mantenimento della stabilità di uno Stato giustifica anche azioni moralmente riprovevoli è stata spesso interpretata semplicisticamente come equivalente all’affermazione che il fine giustifica i mezzi.
A Machiavelli si oppone Giovanni Botero che propone una fondazione etico-religiosa della politica.
L’inglese Tommaso Moro (Thomas More, XVI sec.) nella sua opera principale (Utopia, letteralmente: luogo che non c’è) descrive lo Stato ideale dell’isola di Utopia, esempio perfetto di vita retta su basi comunistiche e guidata dai principi della ragione e della tolleranza.
In ambito politico è importante anche l’opera del francese Bodin (XVI sec.) che sostiene la libertà di culto e traccia i limiti e le origini della sovranità.
Il giusnaturalismo
L’olandese Ugo Grozio (XVII sec.) è considerato il fondatore del giusnaturalismo. Oltre a sostenere il principio della libertà di navigazione, nell’opera Diritto di guerra e di pace stabilisce le norme fondamentali del diritto internazionale di guerra, enunciando principi ancora oggi accettati. Grozio concepisce il diritto come presupposto giuridico della pace fra gli Stati e la tolleranza come fondamento per comporre i conflitti religiosi; il diritto internazionale deriva dal diritto naturale, logicamente anteriore, obbedendo alla regola che “i patti vanno mantenuti”.
La natura nel Rinascimento
Nel Rinascimento la natura viene vista come principio vitale di tutte le cose, ordinato in modo organico e necessario. Viene studiata con pratiche magiche, astrologiche e alchimistiche, cercando di arrivare alla comprensione e al dominio dei fenomeni.
Bernardino Telesio (XVI sec.) crea una teoria naturalistica in netta contrapposizione a quella aristotelica in quanto sostiene che sono gli elementi di immediata osservazione come il caldo e il freddo, ai quali si indirizzano le qualità conoscitive umane, a determinare creazione e distruzione di ogni cosa. L’indagine conoscitiva deve partire dalla sensazione, che attesta l’esistenza in natura di due forze agenti: il caldo, forza dilatante e principio del movimento, e il freddo, forza condensante e principio di immobilità. La sensibilità è alla base dell’intelligenza. Anche l’etica si basa sul dualismo, essendo il bene ciò che conserva lo spirito-calore e il male ciò che lo distrugge.
Giordano Bruno (XVI sec.) è filosofo dalla vita fortemente travagliata. Domenicano, dopo un processo per eresia, fugge in Svizzera e aderisce al calvinismo. Tornato in Italia, rimane per sette anni in prigione nelle carceri romane senza ritrattare le sue opinioni teologiche e viene infine bruciato sul rogo. Secondo la sua concezione naturalistica di tipo panteistico, accetta la visione copernicana dell’universo, che crede infinito, considerandolo un luogo che si palesa sotto diverse forme, nel quale si elidono tutte le differenze e opposizioni, contenente la causa e il principio (Dio).
Anche Tommaso Campanella ha una vita travagliata: domenicano, si dedica allo studio di filosofia naturalistica, astrologia, magia e occultismo. Dopo quattro processi per eresia, fintosi pazzo, riesce a evitare la condanna a morte, ma rimane in carcere per ventisette anni. Secondo Campanella, compito dell’uomo è imitare Dio, leggendo i segni divini nella Bibbia e nella natura. Il conoscere è l’essere così come si presenta nell’immediatezza dell’esperienza sensibile, che rivela all’uomo l’essere perfetto di Dio. Nella sua opera La città del Sole, Sole è il principe sacerdote che governa la città, assistito da tre principi: Potestà, Sapienza e Amore. Nella città i beni e le donne sono in comune e le virtù prevalgono sui vizi, il tutto per realizzare il bene individuale e quello collettivo.
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