Aristotele (IV sec. a.C.) è il primo a studiare scientificamente il pensiero come si manifesta attraverso il linguaggio; è pertanto considerato il fondatore della logica. I vari termini sono riconducibili a dieci concetti, le categorie o predicati, a cui corrispondono dieci generi supremi degli enti, il primo dei quali, la sostanza, indica ciò che sussiste indipendentemente da altro, mentre le altre categorie (come la quantità o la qualità) indicano ciò che è in altro e sono denominate accidenti.
Secondo Aristotele, la conoscenza umana si può svolgere in due direzioni, scegliendo una delle due seguenti strade: avere una prima conoscenza sensibile del particolare e da questa risalire all’universale (via dell’induzione), o seguire la strada opposta, cioè partire dall’universale per andare al particolare (via della deduzione). Per ottenere una conoscenza veramente fondata bisogna scegliere la seconda strada, facendo ricorso al sillogismo scientifico, a condizione però che esso parta da premesse vere e necessarie. Aristotele pertanto focalizza la sua attenzione sul sillogismo, il tipico ragionamento dimostrativo per cui da due premesse si deduce una terza proposizione (conclusione), diversa dalle prime e derivante necessariamente da esse (1 – Tutti gli uomini sono mortali; 2 – Tutti i greci sono uomini; 3 – (conclusione) Dunque, tutti i greci sono mortali).
Per Aristotele la scienza si identifica con la conoscenza fondata su dimostrazioni, cioè sillogismi le cui premesse sono vere sia perché evidenti in sé sia perché derivanti da precedenti dimostrazioni. Egli introduce principi logici importanti come il principio di non-contraddizione (che afferma la falsità di ogni proposizione implicante che una certa proposizione A e la sua negazione, cioè la proposizione non-A, siano entrambe vere allo stesso tempo e nello stesso modo) e quello del terzo escluso (due proposizioni A e non-A devono avere valore di verità opposto, non esiste una terza possibilità, tertium non datur).
A fianco della logica, Aristotele pone le scienze poietiche (cioè “creative”), quelle pratiche e quelle teoretiche (scienze della natura, della matematica e della metafisica, cioè quella parte della filosofia che, andando oltre gli elementi contingenti dell’esperienza sensibile, si occupa degli aspetti ritenuti più autentici e fondamentali della realtà).
Aristotele
Nella Fisica elabora la teoria del divenire, considerando ciò che muta (materia), quello in cui la materia muta (forma) e la privazione, cioè ciò da cui la materia muta.
Il divenire è visto come passaggio dalla potenza all’atto: la materia, prima di assumere la forma, è in potenza rispetto a essa (cioè la potenza è la predisposizione della materia ad assumere una certa forma); la forma invece, quando viene assunta dalla materia, ne costituisce l’atto, cioè la piena realizzazione delle sue possibilità (l’acqua è potenzialmente predisposta a divenire ghiaccio).
I mutamenti naturali dipendono dai moti degli astri e questi, a loro volta, dal moto della sfera estrema, quella che reca infisse le stelle e contiene l’intero universo.
Per Aristotele la causa del movimento dei viventi è l’anima (psyché), vegetativa nelle piante, sensitiva negli animali e intellettiva nell’uomo, in grado di esprimere anche pensiero e volontà.
In campo etico, Aristotele indica come fine la felicità, dandone una definizione molto ristretta, l’esercizio abituale e perfetto della virtù. Le virtù etiche riguardano la parte non razionale dell’anima e consistono nel giusto mezzo tra due vizi opposti mentre le virtù dianoetiche (saggezza e sapienza) riguardano la parte razionale.
La società perfetta è costituita dalla polis che consente all’uomo, animale politico, di realizzare la felicità. La costituzione definisce funzioni e struttura della polis; essa può essere monarchica (governo di uno), oligarchica (governo di pochi meritevoli) o democratica (governo degli uomini liberi).
La costituzione per eccellenza è quella intermedia fra aristocrazia e democrazia, che consente alla maggior parte dei cittadini di non essere né troppo ricchi né troppo poveri.
Per Aristotele la retorica è costituita dalla dialettica (l’arte di bene esporre gli argomenti), dalla conoscenza delle passioni umane e dall’onestà dell’oratore su cui si basa la sua credibilità.
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