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IRPEF e IVA

Il testo sottoriportato è protetto dal diritto d’autore e ogni riproduzione (cartacea, elettronica, in Internet) deve essere esplicitamente autorizzata per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge.

Fra i vari tipi di imposte previsti dal nostro ordinamento fiscale meritano sicuramente un cenno a parte l’IRPEF e l’IVA.

IRPEF è un acronimo che sta per Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche; l’IRPEF è un tributo diretto, personale e progressivo che è regolato dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) ovvero il DPR 917/86. La sua istituzione risale al 1974; l’introduzione nel nostro ordinamento fiscale di un’imposta di questo tipo fu una novità di non poco conto; in Italia infatti il sistema tributario era alquanto complesso e macchinoso e si basava su diversi tipi di imposte che venivano applicate alle diverse tipologie di reddito.

Erano ormai circa dieci anni che si stava lavorando alla riforma del sistema fiscale; sostanzialmente si volevano introdurre due tipi di tributo: un’imposta personale a carattere progressivo sui redditi e un’imposta a carattere generale sui consumi. Nel 1973 entrarono in vigore l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) e l’INVIM (Incremento Valore Immobili), nel 1974, come detto, fu la volta dell’IRPEF; IVA e IRPEF sono tuttora in vigore, mentre l’INVIM è stata soppressa a partire dal gennaio 2002.

Il presupposto su cui si basa l’IRPEF è il possesso di redditi (in denaro oppure in natura) che rientrano nelle categorie previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Tali categorie sono le seguenti:

  • redditi fondiari
  • redditi di capitale
  • redditi di lavoro dipendente
  • redditi di lavoro autonomo
  • redditi di impresa
  • redditi diversi.

I soggetti passivi dell’IRPEF possono essere sostanzialmente suddivisi in due categorie:

  • persone residenti sul territorio italiano (per tutti i cespiti posseduti e i redditi prodotti in patria o all’estero);
  • persone non residenti sul territorio italiano (per i soli redditi prodotti nel territorio italiano).

Si considera come “residente nel territorio italiano” un soggetto che per la maggior parte del periodo di imposta risulti iscritto nell’anagrafe comunale della popolazione residente e che abbia domicilio o residenza nel territorio italiano.

Con decorrenza primo gennaio 1999 (vedasi legge 448/1998), vengono considerati residenti nel territorio italiano, salvo che non si provi il contrario, anche quei cittadini italiani cancellati dall’anagrafe dei residenti ed emigrati in Paesi che adottano un regime fiscale privilegiato (ovvero i cosiddetti paradisi fiscali).

Nella disciplina IRPEF rientrano anche altri soggetti (soggetti passivi impropri); detti soggetti sono le società di persone, e altri enti a esse assimilati, i cui redditi vengono imputati direttamente ai soci (che sono soggetti passivi IRPEF), indipendentemente dall’effettiva percezione, in base alla quota di partecipazione agli utili che sono stati prodotti dalla società stessa.

Al momento della sua nascita l’IRPEF prevedeva 32 scaglioni di reddito e altrettante aliquote; l’aliquota iniziale era del 10%, quella finale del 72%.

IVA è un acronimo che sta per Imposta sul Valore Aggiunto; si tratta di un’imposta adottata in molti Paesi del mondo; in Italia fu introdotta nel 1972 ed entrò in vigore l’anno successivo; viene calcolata basandosi sull’incremento di valore (valore aggiunto) che un bene o un servizio acquisisce a ogni passaggio economico a partire dalla fase produttiva fino ad arrivare a consumo finale. Nel valore aggiunto sono comprese anche eventuali accise (imposte sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo) che il venditore fa gravare sul consumatore finale.

Grazie a un sistema di detrazione e rivalsa, l’IVA grava, di fatto, soltanto sul consumatore finale; il soggetto passivo d’imposta (colui che opera la cessione di beni o di servizi) detrae l’imposta pagata imposta pagata sugli acquisti di beni e servizi che ha effettuato nell’esercizio d’impresa, arte o professione, dall’imposta addebitata (a titolo di rivalsa) agli acquirenti dei beni o dei servizi prestati. L’imposta sul valore aggiunto, quindi, finisce per rappresentare un costo soltanto per coloro che non possono esercitare il diritto alla detrazione, ovvero i consumatori finali. Si possono quindi distinguere in questa fattispecie, un contribuente di fatto (il consumatore finale) che, pur non essendo soggetto passivo d’imposta, ne sostiene l’onere economico, e un contribuente di diritto (chi cede il bene o il servizio) su cui gravano gli obblighi che gli derivano dall’essere soggetto passivo d’imposta, anche se questa non graverà finalmente su di lui.

 

Manuale di cultura generale – Economia – IRPEF e IVA – Continua

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