Thomson, un fisico britannico, è stato il primo (1897) a cercare di rappresentare la struttura dell’atomo; egli lo raffigurò come una sorta di sfera fluida con carica positiva all’interno della quale si muovevano gli elettroni.
Nel 1911, Rutherford (un chimico e fisico neozelandese naturalizzato britannico considerato il padre della fisica nucleare) ipotizzò che l’atomo fosse costituito da un nucleo centrale con carica positiva all’interno del quale era presente la massa e attorno al quale ruotavano gli elettroni; si trattava di una sorta di modello planetario che però fu oggetto di varie critiche in quanto era in contrasto con l’elettrodinamica classica.
Un nuovo modello fu quindi presentato due anni dopo da Bohr (fisico e matematico danese); anche il modello di Bohr si basava sulla struttura a nucleo centrale con gli elettroni presenti sulle zone esterne. Nel modello di Bohr gli elettroni si muovono soltanto su quelle orbite non soggette a perdite di energia per irraggiamento e l’emissione o l’assorbimento di energia sotto forma di radiazione avvengono nel momento in cui l’elettrone si sposta da un’orbita a un’altra più esterna oppure più interna. Le orbite concesse vengono indicate da un numero intero n (numero quantico principale o totale), che può assumere i valori interi positivi. La teoria di Bohr fu in seguito ampliata dal fisico tedesco Sommerfeld; egli prese in esame il caso di orbite ellittiche. Il modello di Bohr-Sommerfeld limitava però la sua validità all’atomo di idrogeno.
Nel 1927, il fisico tedesco Heisenberg propose un modello probabilistico, che descrivesse con buona approssimazione qualsiasi atomo. Ciò fu reso possibile in seguito ai successivi risultati della meccanica ondulatoria. Con la scoperta del neutrone (1932) si giunse ben presto modello dell’atomo che possiamo definire pressoché completo, in cui al centro vi è il nucleo, composto di protoni (con carica elettrica positiva) e neutroni (con carica elettrica neutra) e attorno ruotano gli elettroni (con carica elettrica negativa).
Abbandonato il concetto di orbita, fu introdotto il concetto di orbitale. Questo perché, secondo la meccanica quantistica, non ha senso parlare di traiettoria di una particella; se ne desume che non è possibile nemmeno definire con certezza la posizione di un elettrone in un determinato momento. Quello che può essere noto è la probabilità di trovare l’elettrone in un determinato punto dello spazio in un certo istante di tempo. Un orbitale quindi non è una traiettoria su cui un elettrone (secondo le idee della fisica classica) poteva muoversi, ma una porzione di spazio intorno al nucleo definita da una superficie di equiprobabilità, ossia entro la quale si ha un’elevata percentuale di probabilità (attorno al 95%) che un elettrone vi si trovi.
Le ricerche condotte a partire dagli anni ’60 del secolo scorso hanno poi portato alla scoperta che protoni e neutroni sono a loro volta costituiti da particelle più piccole definite quark.
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