Allievo di Giorgione fu Tiziano Vecellio, che iniziò la sua carriera studiando e sviluppando la pittura “di tono” e avvicinandosi all’arte di Mantegna e Raffaello. Egli dimorò presso diverse corti, a Ferrara, a Mantova e a Urbino. In linea con lo stile realista realizzò la Pala Pesaro, composizione su più livelli che rinnova la rappresentazione della Sacra conversazione; Tiziano infatti abbandonò la tradizionale visione frontale: la Vergine e il bambino sono disposti su un basamento di una colonna di un edificio classico, in alto, a destra della scena; più sotto i santi, poi i devoti e, infine, inginocchiati in primo piano, i committenti dell’opera, dettaglio insolito e innovativo per l’epoca.
Tiziano si dedicò molto anche al tema mitologico che sviluppò spesso in chiave sensuale. Celebre dipinto è quello della Venere di Urbino. La dea viene rappresentata semidistesa, completamente nuda e con lo sguardo languido rivolto all’osservatore: la divinità si fa donna. Il cagnolino ai piedi di Venere è dipinto con straordinario realismo e simboleggia la fedeltà coniugale, monito per la moglie del duca di Urbino il quale commissionò l’opera. Un altro simbolismo sta nella domestica che osserva la bambina intenta a frugare in un cassettone, è di buon auspicio per la maternità. Il dipinto racchiude la sintesi di ciò che fu la donna rinascimentale: amore, avvenenza e fecondità.
Nell’ultima fase della sua carriera, Tiziano diede vita a un linguaggio pittorico realista, comunicativo e intenso grazie al magistrale utilizzo del colore materico.
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