La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, descrive una modalità di lavoro non vincolata da orari o da luogo di lavoro, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. Se si cerca su un traduttore la traduzione in italiano, si otterrà spesso la locuzione lavoro intelligente, ma più comunemente oggi si usa lavoro agile.
Jared Diamond, nel suo famoso libro Armi, acciaio e malattie, che gli è valso il Premio Pulitzer nel 1998, sosteneva la tesi secondo cui nella storia degli ultimi 13mila anni (cioè dalla fine dell’ultima glaciazione) epidemie e guerre sono stati alla base dei “grandi balzi in avanti” (nel bene e nel male) dell’umanità.
Tredicimila anni dopo siamo ancora qui, a fare i conti con un virus che sta sovvertendo molte delle nostre abitudini e gran parte della nostra consolidata organizzazione sociale ed economica. A cominciare da quella del lavoro, con la galoppante ascesa dello smart working.
Una locuzione che abbiamo imparato a conoscere ma di cui, forse, ancora non comprendiamo bene il significato in termini di opportunità, di criticità, di cambiamenti concreti e materiali.
In molti si sono trovati catapultati in una nuova realtà lavorativa, quella che alcuni chiamano smart working fai-da-te, perché dettata da un’emergenza. Ma tutte le più recenti statistiche indicano che il lavoro a distanza ormai è tra noi per restarci e bisognerà farci i conti.
Se gli smart worker “d’emergenza”, cioè durante il primo confinamento, sono stati oltre 6 milioni (dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019), quelli che resteranno tali anche dopo la fine della pandemia saranno comunque più di 5 milioni secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.
Si tratta di un cambiamento epocale che coinvolge non solo i lavoratori, ma le stesse imprese, sia pubbliche che private.
Ai primi sono richieste nuove competenze, sia tecniche che, soprattutto, attitudinali. Le seconde dovranno adottare nuove forme organizzative e dotarsi di strumenti tecnici sia hardware che software, oltre che implementarne l’uso.
Il tutto ad una velocità da lasciare il fiato corto.
Per questo, sono in molti a considerare che, in questo passaggio, un ruolo fondamentale lo possa giocare l’e-Learning, cioè la formazione a distanza.
Ai tempi dello smart working non basta essere proattivi. Servono competenze digitali che siano trasversali alle varie mansioni e professioni
Formazione a distanza palestra per lo smart working
Se smart working significa innanzitutto un’organizzazione del lavoro basata su responsabilizzazione, coinvolgimento e collaborazione delle persone, la formazione a distanza rappresenta una palestra formidabile per sviluppare qualità come autodisciplina; proattività in generale, ma soprattutto verso le nuove tecnologie; capacità comunicative; attitudine al miglioramento continuo.
Lo studio a distanza, per sua natura, permette innanzitutto di prendere confidenza con gli strumenti e le tecnologie che sono alla base dello smart working: dall’uso del computer e delle applicazioni mobili alle piattaforme online, ai tool per le videoconferenze.
Lo studente gode della massima flessibilità e libertà di mantenere il proprio ritmo, ma questo implica un surplus di motivazione, forza di volontà, disciplina e autocontrollo per portare a termine il ciclo di studi. Che sono, appunto, alcune delle qualità richieste per svolgere al meglio il lavoro agile:
- Ottima comunicazione verbale, linguaggio appropriato, articolazione linguistica.
- Mindset flessibile, per cogliere e accettare il contesto e adeguarsi alle nuove condizioni.
- Messa in gioco non solo delle proprie competenze tecniche, ma anche del proprio potenziale; propensione a rimettersi in gioco e imparare a imparare.
- Propensione all’innovazione tecnologica e accettazione della tecnologia in tutti i suoi aspetti.
- Elevata autonomia gestionale, motivazione al lavoro e al raggiungimento degli obiettivi.
- Autodeterminazione e adattabilità.
- Pazienza, creatività e curiosità verso questa nuova modalità di lavoro.
- Fiducia nelle proprie competenze e conoscenze.
Anche queste sono qualità che si imparano, se si è adeguatamente supportati. Ecco perché, per esempio, realtà come Fiorerosalba.com (tra i leader del settore della FAD) punta moltissimo sull’orientamento iniziale e sul tutoraggio.
Ma ai tempi dello smart working non basta essere proattivi. Servono competenze digitali che siano trasversali alle varie mansioni e professioni. Come per esempio l’informatica, che fino a qualche tempo fa poteva essere un’abilità accessoria mentre oggi è un requisito fondamentale facilmente ottenibile con un corso ECDL Patente Europea del Computer.
L’e-Learning rappresenta anche lo strumento migliore a disposizione delle aziende per fare formazione ai propri dipendenti: man mano che si introducono strumenti nuovi, andrà insegnato ai dipendenti il loro utilizzo. Con la formazione aziendale sul posto di lavoro, il lavoratore può aggiornarsi e mettere subito in pratica le nozioni imparate con un enorme vantaggio in termini di tempi e costi per l’impresa.
Benché lo studio a distanza non sia adatto proprio a tutte le discipline (per esempio quelle in cui è richiesta molta pratica), i vantaggi sono indiscutibili ed è questo il motivo per cui l’industria dell’e-Learning sta conoscendo un vero e proprio boom.
Poi sta ai singoli – individui o aziende – non farsi cogliere impreparati dalla quarta rivoluzione industriale.