Nella ricerca/ottimizzazione del lavoro, con mercato si intende l’oggetto dell’azione lavorativa.
In prima approssimazione, il mercato è costituito dal target, cioè dai potenziali clienti che possiamo raggiungere. Questa prima definizione è quella che porta molti all’errore.
Supponiamo che si decida di aprire un bar: zona centrale e molto frequentata sia nei giorni lavorativi, sia nel week-end. Cosa c’è di sbagliato, visto che il target è enorme?
Il concetto di target è solo potenziale ed è necessario concretizzarlo con un approccio sul campo.
I fattori che abbattono il numero dei potenziali clienti sono sostanzialmente due: la concorrenza e la specializzazione.
Nell’esempio del bar è ovvio che se in loco ce ne sono già troppi e bene avviati è ottimistico sperare che il mercato sia costituito dal target potenziale. Occorre stimare un trend di crescita che parta naturalmente da zero e cresca in un tempo ragionevole fino a un livello che ci possa garantire almeno la sopravvivenza dell’attività. Tale stima deve tener conto di una politica di appropriazione della clientela altrui basata sulle deficienze della concorrenza e sui plus della nostra proposta. Il grave è che molti “si buttano” senza un’analisi:
- della concorrenza (analisi semplicemente quantitativa)
- dei punti di forza/debolezza della concorrenza (analisi qualitativa)
- dei punti di forza/debolezza della nostra proposta.
Tipicamente i tre punti dovrebbero essere sequenziali. Se quantitativamente la concorrenza è eccessiva, è meglio rivolgersi ad altro perché probabilmente, anche in presenza di una nostra ottima proposta, ci vorrà troppo tempo per imporsi e, più sono i concorrenti, più è probabile che la reazione al nostro ingresso sia pesante.
Un modo molto semplice di implementare vantaggiosamente la terza analisi precedente è di “specializzarsi”. Se, per esempio, il mio bar è l’unico a offrire un certo servizio, posso ottenere un plus rispetto ai concorrenti. Bisogna però stare molto attenti che questa considerazione non si trasformi in un boomerang.
Infatti, un errore comune è quello di non considerare che una nostra eventuale specializzazione riduce considerevolmente il mercato. Per quanto questa considerazione sia banale, viene spesso “dimenticata” e ottimisticamente si pensa che tutti si interessino a ciò che facciamo.
Se si apre un ristorante etnico è ottimistico sperare che tutti gli abitanti della zona che riteniamo di nostra competenza siano potenziali clienti perché sicuramente c’è una percentuale di essi che non gradisce il nostro tipo di cucina. Analogamente, se si apre una gioielleria e si decide di offrire pezzi di un certo pregio, non si può pensare che tutti siano disposti a spendere anche solo 300-400 euro per un anello.
Al termine di queste considerazioni dobbiamo arrivare a una curva di crescita (il numero dei clienti nell’unità di tempo), scopo della quale è di chiarire se l’attività possa o no essere vantaggiosa.
Per approfondire
Gli altri articoli del nostro “Manuale di sopravvivenza sul lavoro“: