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Le ricerche fasulle

Dal Corriere della Sera – 15/07/2005

Uno studio su tre smentito da altre ricerche

 Rivisti i risultati di lavori scientifici pubblicati dal 1990 al 2003 Tra le delusioni: gli ormoni post-menopausa e la vitamina E

Ordini e contrordini, così vanno le cose in medicina e quel farmaco, che fino a un momento prima faceva bene, ora fa male o quantomeno non è più così efficace.

Uno studio pubblicato questa settimana su Jama (Journal of the American Medical Association), la rivista dell’Associazione dei medici americani, dimostra che almeno un terzo delle ricerche, su terapie farmacologiche e non, vengono successivamente smentite o ridimensionate. Un esempio: milioni di donne in menopausa hanno assunto ormoni per prevenire le malattie di cuore. Poi la ritrattazione: non solo la terapia sostitutiva non riduce il rischio cardiaco, ma può aumentare quello di tumore.

L’analisi ha preso in esame una serie di lavori pubblicati fra il 1990 e il 2003, compresi 45 studi che inizialmente documentavano l’efficacia di una cura. Ricerche successive, in una sorta di revisionismo terapeutico, hanno ribaltato i dati di sette studi e hanno ridimensionato i risultati di altri sette.

ricerche«Non è inusuale che anche gli studi migliori e più citati, pubblicati su riviste prestigiose, portino a conclusioni contraddittorie e a volte esagerate » ha commentato l’autore dell’indagine, John Ioannidis, dell’Università greca di Ioannina. Le riviste in questione sono l’inglese Lancet e le americane Jama e New England, le più diffuse al mondo, da cui i media attingono a piene mani per trasmettere notizie a un pubblico assetato di informazione sulla salute, ma sempre più disorientato di fronte a messaggi contrastanti. Ma da dove hanno origine tutte queste contraddizioni? «A volte è un problema di protocollo di studio — commenta Pier Mannuccio Mannucci, clinico medico ed ematologo alla Fondazione Ospedale Maggiore di Milano —. Prendiamo la terapia sostitutiva in menopausa: i primi dati di uno studio di coorte (in cui cioè si osserva nel tempo un gruppo di persone sottoposte a terapia, ndr) avevano evidenziato alcuni benefici, plausibili da un punto di vista biologico, dal momento che con la menopausa viene meno l’effetto protettivo degli ormoni naturali sul cuore. Quando poi sono stati condotti studi controllati (in cui c’è un gruppo che assume la terapia e un altro di controllo che assume placebo, ndr) è venuta fuori la verità: nessun vantaggio, anzi, qualche rischio». Più o meno per lo stesso motivo, l’ossido di azoto si è rivelato inefficace nel ridurre la mortalità in persone con insufficienza respiratoria e una promettente cura con anticorpi contro la setticemia non ha retto a verifiche approfondite. C’è poi il fattore «industria »: a volte quello che ricerche sponsorizzate dalle case farmaceutiche dimostrano (o non dimostrano) viene poi contraddetto da lavori indipendenti. «I contraccettivi di III generazione — continua Mannucci — aumentano lievemente il rischio di trombosi rispetto a quelli di II, rischio che non era emerso da studi sponsorizzati ».

La lista dei casi citati da Ioannidis comprende anche quello della vitamina E nella prevenzione dell’infarto e della posizione migliore per un paziente con trauma.

«La vitamina E — dice Mannucci —, che sembrava efficace nel ridurre il rischio cardiovascolare, non ha retto alla verifica su ampia scala. Per ottenere risultati il più possibile veritieri bisogna spesso lavorare su grandi casistiche».

Ma il problema non riguarda soltanto i farmaci. «Spesso vengono ridimensionate o abbandonate anche terapie che prevedono l’uso di apparecchiature — commenta Pasquale Spinelli, oncologo all’Istituto Tumori di Milano —: un esempio è quello della crioterapia per la cura dei tumori. Sono state comperate centinaia di macchine che poi sono finite in soffitta».

Adriana Bazzi

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