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Risposta a un bravo ragazzo

Un nostro amico ci ha scritto una lunga mail per verificare il suo allineamento con il sito; penso sia riuscito a sintetizzare la situazione di moltissimi amici attorno ai 40-50 anni che hanno dato una svolta alla loro vita, ma si trovano ancora impastoiati in situazioni derivanti dalla loro giovinezza o da modelli di vita poco coerenti con la svolta che hanno iniziato (sopravviventi). Le risposte che ho dato sono perciò fondamentali per una piena comprensione del Top People style. Ecco i passi più interessanti della mail.

Ho l’impressione che tu ti rivolga “troppo” a una élite a livello intellettuale e culturale e che tu faccia “troppo” affidamento alla “ragione”, alla “razionalità”, all'”intelligenza” e al suo quoziente. Esistono cose, come la “fede”, che per definizione non possono essere spiegate con la ragione.

Di questo argomento parlo diffusamente nelle pagine sulla religione. Non c’è contrasto fra fede e ragione, purché la fede non sia cieca superstizione o sciocca speranza.

Guarda ai milioni di persone (tra cui persone molto intelligenti, capi di stato, filosofi, scienziati) che credono ai miracoli descritti nel vangelo.

Spero che la tua fede non si basi su questa considerazione perché è (scusa la franchezza) completamente illogica. Pensa ai milioni di persone che seguono una religione diversa dalla nostra (fra cui capi di Stato, filosofi, scienziati ecc.) oppure lo stesso discorso fallo per gli antichi romani o greci che adoravano dei che oggi fanno sorridere. Il tuo sembra un argomento forte, ma in realtà è uno dei tanti con cui le Chiese hanno legato a sé i fedeli dotati di scarso spirito critico.

Non so se tu sia credente o no, io sono un modestissimo cristiano per nulla bigotto che crede, per fede, che esista Dio e che assolutamente la vita non possa essere spiegata solo come casualità ed evoluzione.

Io non sono credente, sono un agnostico consapevole; il grave errore che tu commetti è che, se Dio esiste, automaticamente pensi che sia buono, cosa che il semplice paradosso di Buechner smentisce. CI potrebbe essere un creatore che si disinteressa di ciò che ha creato.

Spero di sbagliarmi ma, ho l’impressione che il tuo sito sia seguito principalmente da single o comunque da persone senza figli e che essere “top” possa implicare di essere un po’ “troppo” innamorati di sé stessi, cioè di essere un po’ egoisti e di mettere la propria persona e la propria “libertà” sempre e comunque al primo posto. (Chi ti scrive è spesso accusato di essere narcisista ed egoista!!!).

Tu, come altri, dai (romanticamente, secondo la definizione del Neocinismo) un valore sempre positivo al matrimonio e ai figli, cosa che non è. Il matrimonio e i figli possono essere valori positivi se interpretati correttamente, ma possono essere anche devastanti. È per questa visione romantica che molte persone della tua età (che è cronologicamente la mia, ma io sto parlando di età psicologica) non apprezzano i discorsi che faccio su matrimonio e figli. In effetti io mi interfaccio meglio con i giovani che sono molto più pronti a modellare la loro vita non secondo schemi preconfezionati spesso da altri, ma secondo quello che la fa effettivamente migliorare.

È comprensibile che sia così quando si è single e soprattutto quando non si hanno figli ma, quando si decide di legarsi a un’altra persona (sposandosi o convivendo) e di generare dei figli, bisogna sapere che le cose cambiano e quindi bisogna rivedere la lista delle “libertà” che ci si può permettere quando si è marito/moglie e padre/madre.

Una scelta può anche essere sbagliata, ma non per questo deve essere condivisa e giustificata. Io sono sposato e la mia vita non è affatto cambiata dopo il matrimonio. Non ho perso (né tolto) un grammo di libertà. I matrimoni che si reggono sui compromessi sono cattivi matrimoni, anche se c’è amore. Occorre avere il coraggio di dirlo. Così come non è saggio ed è solo un errore, generare dei figli se ciò fa degradare la qualità della propria vita. Secondo me, quando “le cose cambiano” in peggio, si è sbagliato qualcosa.

sopravviventi

In Italia i sopravviventi rappresentano circa l’80% della popolazione (dati del Gioco della vita)

Con il matrimonio, e soprattutto con l’arrivo dei figli, ho dovuto rinunciare a tante cose tra cui suonare e cantare: fino a una decina di anni fa lo facevo regolarmente 2-3 ore al giorno mentre ora sono anni che non tocco più la chitarra. La cosa mi dispiace, ovviamente, ma in cambio ho due figli ai quali mi dedico cercando di essere un buon genitore.

Quello che mi stupisce della tua mail è che tu non dica “ho due figli che ora amo moltissimo”, ma parli del tuo dovere di genitore. Sicuramente li ami, ma sono sicuro che tu hai deciso di avere figli perché “si deve”. Sai quante persone con mentalità ottocentesca, i primi tempi che ero sposato, mi chiedevano: “ma i figli, quando arrivano?”. Io rispondevo semplicemente in modo dissacrante: “no, ho già un cane che amo moltissimo…”. Fare figli su pressioni esterne (familiari, sociali ecc.) è una scelta disastrosa. I figli si fanno perché diventano oggetti d’amore. In questo senso non è logico parlare di rinunce e aspettare che diventino grandi per riprendere gli antichi amori.

Sono sicuro che arriverà il giorno, fra qualche anno, che potrò riprendere in mano la chitarra e assecondare nuovamente quella mia passione.

Spero per te che sia possibile, ma per molti genitori, finito il “dovere” di genitore, inizia quello di nonno, senza contare poi che molti figli generano a loro volta problemi che solo i loro genitori riescono a risolvere. Scusami la battuta, ma come la metti tu, è come se avere dei figli non sia in fondo un ergastolo, ma una pena a 10-15 anni che un giudice clemente può (forse) accorciare.

Per completare il discorso sulla famiglia, ti dico che è triste vedere tante unioni andare a rotoli…

Non capisco il senso della frase. Perché essere tristi? Le unioni vanno a rotoli perché una coppia su dieci è felice e solo una su dieci dovrebbe sposarsi.

…e constatare che “razionalmente” (o egoisticamente???) in tanti decidono di non avere figli.

Il termine “egoisticamente” non mi piace, non tanto perché mi tocca da vicino, quanto perché dà per scontato che ci si debba sposare, si debba fare figli, si debba, si debba… alla fine si debba avere una vita scadente.

Permettimi questa provocazione: se fossimo presi tutti dal delirio di razionalità e decidessimo di non avere più figli per non intaccare le nostre libertà, nel giro di pochi decenni il genere umano si estinguerebbe.

Accetto la provocazione e ti rispondo altrettanto provocatoriamente: embè??? Provocatoriamente ti propongo una scelta: una vita pessima, ma un’umanità felice nei prossimi secoli oppure una vita bellissima e un’umanità estinta fra duecento anni? Io non avrei dubbi. Un paio di mesi fa incrocio una vicina mentre torno da caccia; sta parlando con mia moglie e, appena mi vede, mi dice che la sera prima, a cena da un conoscente comune, hanno parlato di me: “Come lei X è ingegnere, ma ha abbandonato l’università. Un vero peccato perché cervelli come i vostri dovrebbero servire la scienza e fare onore all’Italia”. Capito? Io “dovrei” immolarmi per la scienza (una scelta che avevo già escluso da ragazzo). Ovvia la solita risposta dissacrante: “Ma non sarei potuto andare a caccia otto ore al giorno!”.

Relativamente al tuo articolo sulla libertà: per quanto riguarda il condizionamento che viene da matrimonio/figli credo di aver espresso il mio pensiero: ci sono tante rinunce ma, nessuna che possa farmi pensare di aver sbagliato. Lo stesso vale per quel che riguarda la rinuncia a qualche libertà in cambio di attenzioni che sento di dare ai miei genitori che non sono più completamente autonomi come qualche anno fa.

Anche qui non siamo allineati. La mia posizione (che tu definiresti egoistica) è che la vecchiaia è una colpa. Molte persone invecchiano perché non si curano della loro salute e della loro parte psicologica. Sai quante persone ritengono assurdo che noi spendiamo magari una o due ore al giorno per fare sport o quante ritengano assurdo limitarsi nel mangiare? A queste persone poi l’età salda il conto. E io poi dovrei essere triste per il loro stato?

Mio padre è morto di enfisema polmonare a 66 anni (grande fumatore); mia madre è sempre stata attiva fino alla soglia degli 80 anni. Poi, incredibilmente, ha deciso, secondo una filosofia di vita superata, che era vecchia e che fosse ora che gli altri si prendessero cura di lei. Ha perso ogni autosufficienza. Un “buon figlio” l’avrebbe tenuta con sé, anche se poi, quando non era presente, la madre avrebbe passato tutto il giorno su una seggiola a sonnecchiare, di fatto una morta vivente. Io e mia sorella abbiamo scelto una via più moderna e l’abbiamo affidata a una residenza per anziani dove è parzialmente rinata. Non si tratta di essere missionari, si tratta di capire che sopperire alla mancata autosufficienza dei genitori è togliere loro dignità (vedi la storiella dell’indiano in Genitori autosufficienti).

Assolutamente non voglio apparire come una specie di missionario pronto a sacrificarsi per la famiglia e i genitori e, soprattutto non voglio apparire come una persona soddisfatta della propria vita. …Purtroppo, ritengo di avere poca libertà esteriore in quanto non sono soddisfatto dal lavoro che svolgo, il che significa che almeno un terzo della mia vita è speso in attività che assicurano il mio sostentamento ma, non la mia realizzazione…In famiglia ho esempi di persone (mio fratello e i miei cognati) che sono completamente “prese” dal proprio lavoro e da attività varie e che, da un punto di vista economico, hanno raggiunto livelli notevoli. Credimi, non riesco né a invidiarli, né ad ammirarli, però devo ammettere che in loro traspare una grande sicurezza e soddisfazione. Per loro parole come sport e salute, fanno solo sorridere e credo che anche la famiglia venga comunque messa in secondo piano rispetto al lavoro e ai soldi.

Neanch’io invidio, né ammiro chi per inseguire la ricchezza e il successo non ha altri oggetti d’amore. Però accetto che per altri il lavoro e la carriera possano essere un oggetto d’amore. Bisogna vedere poi se sono veramente felici o solo soddisfatti, immersi nei mille problemi che la loro ricerca di successo crea. Circa il fatto che concetti come sport o salute non contino, ho sempre detto che la filosofia top paga tanto più quanto più si va avanti negli anni. Quando il cattivo stile di vita presenterà loro il conto, a cosa serviranno i loro soldi? A 80 anni io spero di correre ancora, di giocare ancora a scacchi e di essere autosufficiente, loro forse saranno già morti…

Fino ad un paio di anni fa il mio lavoro era la cosa più importante in quanto mi permetteva (e mi permette) di vivere più che dignitosamente e sebbene mi assorbisse più del dovuto lo facevo per senso di “dovere e riconoscenza” nei confronti dell’azienda. Non ho mai pensato ai “soldi” o alla “carriera”, né ero pienamente conscio che conducevo una vita molto discutibile dal punto di vista salutista. Ora so che le aziende private non sono “istituti di beneficenza” e che fra qualche anno (tre, quattro, forse cinque???) se non sarò un peso di certo non potrò essere un punto di riferimento per l’azienda e sicuramente sarò “vecchio”, aziendalmente parlando, e questo è in grande contrasto con l’energia fisica che sento oggi e che conto di poter alimentare per tanti anni ancora. Questo mi turba molto.

Ti turba perché tu hai sempre sentito il lavoro come un “dovere”, ne hai fatto un ideale romantico. Ora scopri che non è così (ed è giusto che non sia così).

Mi dirai: perché non cambi lavoro? Perché non provi a realizzare quello che ti interessa di più, quello che ami? La risposta è che ci ho pensato e che ci sto pensando ma, credimi alla mia età (fra 2 mesi entro nel 50° anno di vita) non è per niente semplice pensare a un cambiamento così radicale; oltretutto la mia è l’unica entrata in famiglia e con due bambini piccoli come i miei sarebbe un po’ troppo rischioso pensare di lasciare questo lavoro. Questo si traduce nella consapevolezza di essere limitati nella libertà esteriore in quanto almeno un terzo della mia vita è occupato da attività che non “amo”. Fortunatamente, il mio naturale senso di “moderazione” e di “equilibrio” mi sta aiutando a vivere questo momento in modo abbastanza sereno senza farmi cadere in depressione.

Infatti, si potrebbe dire che tu sei una persona saggia. Dalla tua mail sei una persona onesta, sensibile, senza conoscerti di persona, di te mi fiderei ciecamente, ma lasciamelo dire, con molta durezza, in modo da sperare che tu rifletta su queste parole (magari mi manderai al diavolo e avrò perso un altro visitatore, ma, per quanto detto sopra, accetto il rischio): lavoro, matrimonio, figli, genitori, ti hanno fregato! Un mare di doveri per avere in cambio gran parte della tua vita.

Sei quello che le istituzioni e le convenzioni sociali definirebbero un “bravo ragazzo”. Non so se ti interessa cambiare e/o ti sarà facile farlo, ma il mio augurio è che l’educazione che darai ai tuoi figli permetta loro di essere modernamente, più che dei “bravi ragazzi”, dei “ragazzi bravi” con una vita pienamente soddisfacente.

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