Uno dei concetti che mi riesce più difficile da far accettare alla gente è che l’autostima non deve basarsi sul successo, sui risultati, ma sui valori morali ed esistenziali (oggetti d’amore). D’altra parte è dura: se fossi un poveraccio, mi direbbero che parlo per invidia; visto che un po’ di successo l’ho avuto, dicono che “parlare così per me è facile”.
Ieri mi è arrivata un’interessante mail. Sintetizzo la lunga analisi.
Nel tuo articolo intitolato Risalendo la china, infatti, dici di essere stato praticamente ultimo in tutto ciò che hai fatto, salvo poi aver reagito a questa situazione ed essere riuscito appunto a risalire la china… La vera domanda è: come fai a essere sicuro che la tua forte autostima non derivi proprio da tutti questi successi?
Che l’autostima non dipenda per me dai risultati è banalmente dimostrato che quando ero ultimo in qualcosa non ho mai provato frustrazione, depressione, avvilimento, rabbia ecc. Nei “fallimenti” (secondo la terminologia di chi ha un’autostima da successo) io non ho mai provato sensazioni negative, non mi sono mai sentito una merdaccia, per dirla alla Fantozzi.
A volte ci ridevo persino su, per cui anche da ultimo io avevo già una grande stima di me stesso.
La molla che mi ha spinto a spendere tempo ed energie per migliorare la situazione in cui mi trovavo non era certo la voglia di dimostrare qualcosa a me o agli altri, né risponderò banalmente “l’amore per quello che facevo”, ma “la voglia di vivere meglio il mio oggetto d’amore”. Nel calcio e nel basket, se ogni palla che ti passano, la perdi, alla fine non c’è nessun compagno di squadra che te la passa e non è che ti diverti molto. Se dopo aver mancato sei fagiani di fila, la segugia se ne torna in cascina dove avevo parcheggiato la macchina (è successo veramente; ci rido su ancora adesso), non è che puoi continuare a cacciare senza cane. L’autostima non c’entra nulla.
La mail mi ha dato la possibilità di capire come misurare l’autostima da risultato di un individuo. Se perdo una partita a scacchi non accetto la sconfitta “il più serenamente possibile”, ma immediatamente mi dico “vediamo dove ho sbagliato”.
L’autostima è tanto più da risultato quanto più tempo passa dalla delusione del risultato negativo alla volontà di metabolizzarlo e migliorare.
Non so se vi ho convinto, ma, mettetela così: io nella vita avrò anche ottenuto 80 perché probabilmente sono molto più dotato di altri, ma, se avessi avuto un’autostima da risultato, avrei ottenuto 99 e… non sarei stato felice come ora.