Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse è uno dei versi più noti dell’intera Commedia dantesca. È il verso 137 del canto V dell’Inferno, il cosiddetto canto di Paolo e Francesca.
Prima di tutto merita fare una piccola introduzione relativa al canto stesso e ai suoi protagonisti.
Siamo nel secondo girone, quello dei lussuriosi, cioè quei peccatori che durante la vita hanno perseguito la soddisfazione dei piaceri contro ogni regola, abbandonandosi alle passioni. Sono puniti da un vento senza sosta che li trascina lungo tutto il girone: è il contrappasso per questi dannati che durante la vita si sono invece fatti guidare dal vento delle passioni.
Tra le anime peccatrici, Dante scorge due anime che procedono insieme e gli sembrano più leggere al vento che le colpisce («quei due che ‘nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggieri», vv. 74-75). Si tratta di Paolo e Francesca, di cui abbiamo scarse notizie storiche. Francesca era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna e sposa di Gianciotto Malatesta, signore di Rimini. La donna si innamorò però del cognato, Paolo Malatesta, e quando il marito li scoprì uccise entrambi, probabilmente nel 1285.
I due amanti, uniti per sempre, si avvicinano a Dante e la donna inizia a raccontare il loro dramma, prima facendo riferimento alla sua città natale e poi all’innamoramento per Paolo. Dante rimane profondamente turbato al pensiero di quell’amore così violentemente concluso e desidera conoscere meglio la verità, non solo sulla passione dei due amanti, ma anche sulla passione amorosa in generale. Per questo chiede a Francesca di continuare a parlare, ed ella ripercorre le tappe di quell’amore che ben presto si trasformò in tragedia:
«Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
Quando inizia a parlare, Francesca, colta donna di palazzo, ricorda una delle sue letture: il racconto dell’amore tra Lancillotto e Ginevra, facente parte del ciclo romanzesco arturiano, che ripercorre una vicenda affine a quella vissuta da Paolo e Francesca. Infatti Ginevra, sposa del re Artù, si era innamorata di Lancillotto, il cavaliere più valoroso della Tavola Rotonda e uomo di fiducia del re. Questo amore fu favorito da Galehault (che Dante italianizza in Galeotto), che permise l’incontro tra il cavaliere e la regina. Nella vicenda di Paolo e Francesca, l’intermediario d’amore non è il Galeotto arturiano, ma il romanzo (e dunque il suo autore) che i due amanti stavano leggendo quando nacque la passione amorosa.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: parafrasi
Questa la parafrasi dei versi:
«Un giorno per diletto leggevamo
di come amore assalì Lancillotto;
eravamo soli e privi di ogni sospetto.
Più volte quella lettura ci spinse
a guardarci e ci fece impallidire;
ma fu un punto particolare che vinse la nostra resistenza.
Quando leggemmo che la bocca desiderata (di Ginevra)
fu baciata da un amante così ardente (Lancillotto),
questi (Paolo), che non sarà mai diviso da me,
mi baciò la bocca tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno non continuammo più a leggere».
Frasi celebri, motti e modi di dire – Frasi di Dante Alighieri
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