Ei fu. Siccome immobile è il primo verso dell’ode Il cinque maggio, scritta da Alessandro Manzoni alla notizia della morte di Napoleone Bonaparte, avvenuta il 5 maggio 1821. Il significato
«Ei» è riferito a Napoleone e «fu» al fatto che egli non sia più in vita. L’uso del passato remoto colloca la vicenda napoleonica in un tempo lontano, a ricordare la natura effimera della gloria terrena; se vogliamo, è sostanzialmente il concetto espresso dalla famosa frase latina “sic transit gloria mundi“.
L’espressione «siccome immobile» si lega ai versi successivi:
«dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale».
In questi versi, Manzoni fa un paragone («siccome» qui sta per “così come”) tra il corpo senza vita di Bonaparte – che dopo aver esalato l’ultimo respiro rimane immobile e senza avere coscienza di sé (anche Napoleone, con la morte, diventa un uomo qualunque, e niente di lui conserva la memoria della gloria terrena), abbandonato da uno spirito così grande – e il mondo, che rimane immobile, colpito e stupefatto dalla notizia (della morte di Napoleone), ammutolito pensando al momento finale della vita di quell’uomo che aveva avuto la facoltà di decidere i destini del mondo («uom fatale»).
Sulla vicenda napoleonica, sul suo significato storico, Manzoni, che fino alla morte di Napoleone aveva mantenuto un atteggiamento di riserbo, non si sbilancia e lascia alla storia la difficile valutazione (Ai posteri l’ardua sentenza).