La drosera (Drosera rotundifolia), nota anche come rosolida, è una pianta carnivora appartenente alla famiglia delle Droseracee. È un’erbacea che raggiunge un’altezza di circa 20 cm. Le foglie sono caratterizzate dalla presenza di tentacoli con peli di color porpora che secernono un liquido vischioso che intrappola gli insetti; dopo la cattura dell’insetto i tentacoli vi si ripiegano sopra.
In alcune varietà gli insetti sono catturati da una colla che si trova sulle foglie. Il nome drosera deriva dal greco droserà , che significa “coperta di rugiada”, alludendo alle ciglia ghiandolari che ricoprono le foglie e che luccicano come goccioline di rugiada.
La fioritura avviene nel periodo che va da aprile a settembre. È presente in molti Paesi, anche sul territorio italiano, ma oggi è abbastanza rara, si trova infatti ormai soltanto lungo gli archi alpino e prealpino e in lacune aree delle regioni settentrionali, mentre un tempo era una pianta molto comune. Il suo habitat naturale sono le torbiere: vive su sfagni e muschi e in terreni poveri.
Le foglie della drosera intrappolano gli insetti
La drosera in fitoterapia
A scopi fitoterapici vengono utilizzate le parti aeree che vengono raccolte nel periodo estivo; può essere utilizzata fresca o essiccata, in quest’ultimo caso la si deve far essiccare in luoghi caldi, ventilati e al riparo dalla luce.
La drosera era molto conosciuta nel Medioevo, quando era considerata una pianta dalle proprietà magiche: si diceva che scacciava le streghe, era usata per fare malefici ed era consigliata per la depressione e l’ansia.
In tutte le specie di Drosera si trovano principi attivi costituiti da derivati dal 1,4-naftochinone, un componente aromatico chiamato anche droserone (dal nome del genere della pianta). Il composto è anche responsabile della colorazione rossa delle foglie: la pianta usata in fitoterapia, la rotundifolia, ha un quantitativo quasi doppio di questo principio attivo, rispetto alle altre specie di drosera.
Tra gli altri composti chinonici, si possono citare il ramentaceone e la plumbagina (responsabile dell’effetto battericida). Sono presenti anche acidi organici (acido malico, acido citrico e acido ascorbico), oltre a enzimi, glucosidi, tannini e resine.
In fitoterapia la pianta viene raccomandata per le sue presunte proprietà antispasmodiche, antisettiche, calmanti ed espettoranti. Sotto forma di infuso o tintura viene consigliata solitamente per trattare le affezioni a carico dell’apparato respiratorio (bronchite, asma ecc.). A questo scopo è molto utilizzato anche lo sciroppo, considerato uno dei rimedi naturali più efficaci contro la tosse secca. Viene spesso proposto in preparati commerciali accanto al propoli e all’eucalipto.
La linfa delle foglie, a contatto con la cute, può provocare arrossamenti e infiammazioni; per questo motivo, nella medicina popolare, era usata per togliere porri e verruche. Il succo della pianta fa cagliare il latte.
La coltivazione
Per la sua capacità di intrappolare gli insetti, la drosera è considerata una pianta affascinante e può essere una scelta originale provare a coltivarla. IL genere Drosera comprende in realtà quasi un centinaio di specie molto diverse fra loro: annuali o perenni, sempreverdi o erbacee, alcune anche rampicanti. Sono tutte accomunate dall’essere insettivore e sono apprezzate più per l’aspetto delle foglie che per i piccoli fiori (bianchi o rosa). Da rustiche a delicate, sono per lo più coltivate in casa o in serra. All’esterno trovano posto solo le varietà più rustiche. La coltivazione deve avvenire in luoghi caldi e assolati. Predilige i terreni poveri, con un pH acido: conviene quini usare un miscuglio di sabbia e torba in parti uguali (o terriccio per acidofile)
La propagazione avviene di solito per seme, anche se è possibile far radicare le talee. Le specie più utilizzate nella coltivazione in vaso o in giardino sono:
La Drosera capensis: originaria dell’Africa meridionale, non tollera temperature al di sotto dei 2 gradi centigradi, ma prospera bene per temperature comprese tra i 18 e i 30 gradi. I fiori sono raccolti in pannocchie e sono di un rosso vivo. Ha uno sviluppo contenuto, raggiungendo un’altezza massima di 30 cm. Di solito coltivata in vaso, va tenuta in luoghi molto luminosi e con il substrato sempre molto bagnato. Come pianta carnivora, è in grado di afferrare e mangiare moscerini, zanzare e insetti di piccole dimensioni.
La Drosera rotundifolia: è la specie di drosera utilizzata in fitoterapia e descritta precedentemente e unica drosera presente allo stato spontaneo anche in Italia. Si può coltivare bene anche all’aperto, in quanto tollera anche temperature inferiori allo zero. La pianta va in riposo vegetativo in inverno, seccando le foglie, ma riprende la primavera successiva. Si propaga molto bene per seme (la pianta è autoimpollinante).
La Dorsera aliciae: si distingue dalle altre specie per le foglie a forma di rosetta e per il fatto di non andare in riposo vegetativo d’inverno. Assume un portamento strisciante.
La Dorsera binata: originaria dell’Australia, è una delle pianta carnivore più facile da allevare ed è consigliata per chi vuole iniziare questo genere di coltivazione. Necessita di una temperatura ottimale dai 20 ai 25 gradi centigradi. Il nome deriva dal fatto che le foglie si dividono in due parti, assumendo una forma a Y.
Come tutte le piante carnivore, la drosera non tollera i fertilizzanti e la concimazione può essere molto dannosa e va evitata. Generalmente si preferisce non innaffiare dall’alto, ma tenere il sottovaso sempre colmo d’acqua.
Si ricorda inoltre che, al pari di tutte le piante carnivore, la drosera soffre le correnti d’aria e va quindi evitato l’impianto all’esterno in zone ventose o il posizionamento del vaso in casa vicino a finestre, porte o termosifoni.