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Fusione nucleare

La fusione nucleare è un argomento sul quale si discute da diverso tempo; riuscire a sfruttarla come fonte di energia potrebbe risolvere infatti gli annosi problemi energetici che affliggono la popolazione mondiale perché si tratterebbe di una fonte di energia praticamente inesauribile, sicura e persino non inquinante.

Si parla di fusione nucleare quando due nuclei atomici di elementi leggeri (per esempio il deuterio e il trizio, isotopi dell’idrogeno) vengono avvicinati sino a farli fondere formando il nucleo di un elemento più pesante. Per ottenere la fusione di due nuclei è necessario avvicinarli vincendo la forza di repulsione elettrica che esiste fra cariche che hanno lo stesso segno; l’energia che si ottiene dalla fusione nucleare è elevatissima. Teoricamente sembra tutto molto facile; il problema fondamentale è che far sì che la fusione nucleare si realizzi è necessario raggiungere temperature decisamente elevate e, a tutt’oggi, è quasi impossibile realizzare un processo del genere; ci si è riusciti in laboratorio, ma per poter sfruttare la fusione nucleare a fini energetici la strada sembra ancora molto lontana. Riuscirci, però, sarebbe una svolta epocale.

Gli elementi più adatti alla fusione nucleare sono i già citati isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio; dalla fusione di questi due isotopi si ottiene un atomo di elio e un neutrone libero. La massa totale dei prodotti ottenuti con la reazione non è pari alla somma delle masse dei due nuclei atomici coinvolti, bensì minore; la quantità di energia che si ottiene da questa reazione è pari a 17,6 MeV (Megaelettonvolt), energia corrispondente alla diminuzione della massa, in accordo alla legge di Einstein che afferma che l’energia che viene prodotta è uguale alla massa per il quadrato della costante c (E =mc2).

La fusione nucleare non deve essere confusa con la fissione nucleare; vi sono notevoli differenze fra fusione e fissione; i prodotti che si otterrebbero dalla prima non sarebbero radioattivi come quelli che scaturiscono dalla fissione, perdipiù le scorte di idrogeno sul nostro pianeta sono elevatissime (i mari, tanto per fare un esempio, ne sono ricchissimi).

La prima fusione nucleare controllata della storia è stata ottenuta nel novembre 1991 a Culham, in Gran Bretagna, grazie al progetto noto come JET (Joint European Torus); in quell’occasione si produsse un’energia pari a 1,7 MW, sei anni più tardi si è arrivati a 16 MW.

Fusione nucleare: la soluzione al problema energetico?

La risposta che si può dare attualmente alla domanda che intitola questo paragrafo è: teoricamente sì. Da un litro di acqua di mare è possibile estrarre in modo relativamente poco costoso 33 mg di deuterio; da 5 g di litio, metallo piuttosto diffuso a livello di crosta terrestre, si possono invece ottenere 50 mg di trizio; riuscendo a fondere queste quantità di isotopi si potrebbe produrre un’energia pari a quella ottenibile da un processo di combustione di circa 360 litri di benzina.

Considerando le quantità disponibili, la produzione di energia da fusione nucleare potrebbe prolungarsi per milioni di anni; come già accennato in apertura, l’inesauribilità delle fonti non sarebbe l’unico vantaggio dell’energia da fusione nucleare; il problema delle scorie radioattive sarebbe quasi del tutto annullato (circa il 90% delle scorie da fusione nucleare ha una radioattività bassissima con tempi di dimezzamento molto più rapidi di quelli relativi alle scorie ottenute dalla fissione nucleare); sarebbero molto ridimensionati anche i rischi relativi a possibili incidenti; i reattori a fusione nucleare infatti hanno la tendenza a raffreddarsi; con il raffreddamento si fermerebbe in modo spontaneo la reazione di fusione nucleare (che, come abbiamo detto, necessita di temperature elevatissime).

Fusione nucleare: gli ostacoli

fusione nucleareL’ostacolo maggiore per lo sfruttamento della fusione nucleare come fonte di energia è relativo al fatto che per avvicinare deuterio e trizio in modo tale da provocare la reazione voluta sono necessarie temperature elevatissime (100 milioni di °C e più); raggiunte queste temperature, infatti, si ha la separazione degli elettroni dai nuclei e si arriva a uno stato della materia che viene detto plasma.

Un altro problema di non poco conto che deve essere superato, se si vuole sfruttare la fusione nucleare a fini energetici, è che si deve produrre una quantità di energia tale da averne abbastanza per

  1. innescare una reazione di altri nuclei
  2. produrre energia elettrica tramite un generatore convenzionale.

Per raggiungere questi due scopi il plasma dei due isotopi dell’idrogeno deve quindi raggiungere una temperatura molto elevata e avere una determinata densità, temperatura e densità che devono rimanere tali affinché il processo di fusione nucleare possa essere mantenuto.

La domanda che possiamo porci a questo punto è: quali sono le modalità che consentono di raggiungere e mantenere queste condizioni? Attualmente sono due: la fusione nucleare a confinamento magnetico e quella a confinamento inerziale.

Nella fusione nucleare a confinamento magnetico il plasma viene racchiuso in un recipiente a vuoto; grazie a particolari configurazioni di campi magnetici si impedisce che esso abbia contatti con le pareti del contenitore. Le configurazioni magnetiche che possono permettere il raggiungimento degli scopi che ci si prefiggono sono di diverso tipo; quella che, fino a questo momento, è riuscita a ottenere i migliori risultati è la cosiddetta configurazione del tokamak; il tokamak è un dispositivo a forma toroidale in cui il plasma viene confinato tramite campi magnetici con linee di forza a spirale. Questo tipo di configurazione sembra essere molto stabile e consente inoltre lunghi tempi di confinamento del plasma.

La fusione nucleare a confinamento inerziale viene ottenuta grazie a una serie di microesplosioni ottenute bombardando, con fasci di luci laser o altri sistemi, piccole sfere contenenti la miscela di deuterio e trizio. Attraverso questo bombardamento si ottiene un’altissima densità del plasma, ma, sfortunatamente, i tempi di confinamento risultano essere eccessivamente brevi.

Il progetto ITER

ITERDopo diversi esperimenti, molti progetti relativi alla fusione nucleare sono stati abbandonati a causa degli elevatissimi costi non accompagnati da risultati sufficientemente interessanti.

Attualmente il progetto più interessante sembra essere quello dell’ITER (originariamente acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor, Reattore Sperimentale Termonucleare Internazionale, in seguito è stato inteso nel significato del termine latino, ovvero cammino). Il reattore che si sta costruendo nel sud della Francia, nella città di Cadarache, è un reattore con sistema tokamak; il consorzio che sostiene il progetto è costituito da Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, USA, India e Corea del Sud.

Lo scopo primario dell’ITER è quello di costruire un reattore in grado di ottenere una reazione di fusione nucleare stabile (500 MW per una durata di un’ora); tra gli scopi dell’ITER vi sono anche la valutazione di soluzioni tecnologiche relative a un’eventuale futura centrale elettrica a fusione nucleare. La scelta della località fu annunciata nel 2005; secondo le previsioni, la generazione del primo plasma dovrebbe avvenire entro la fine del 2025.

Il progetto ITER comunque è in forte ritardo rispetto a quelle che erano le previsioni iniziali (la crisi economica occidentale non ha certo aiutato il progetto) e, allo stato attuale, sarà solo verso il 2040 che si sarà in grado di capire se il progetto ITER potrà costituire un’innovazione rivoluzionaria oppure se il tutto sarà da archiviare come costosissimo esperimento senza risultati tangibili.

Il problema più grave sembra essere il fatto che al progetto ITER mancano alternative credibili e che a esso, secondo il parere di molti, vengono destinati troppi pochi fondi. Un ricercatore russo profetizzò alcuni anni fa che la potenzialità della fusione nucleare non verrà sfruttata fino al momento in cui essa non diventerà una vera e propria necessità.

Probabilmente occorrerebbe una maggiore lungimiranza sulla questione; sembra che il continente Europeo, tanto per fare un esempio, abbia risorse energetiche da combustibili fossili per mantenere il suo attuale fabbisogno energetico solo per qualche decade. La domanda che sorge spontanea è: e dopo?

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