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Atomo

L’atomo è parte più piccola di un elemento (le sue dimensioni, infatti, sono inferiori al milionesimo di millimetro); le sue caratteristiche restano immutate e non è possibile suddividerlo ulteriormente attraverso una reazione chimica.

Il termine atomo è di origine greca (deriva dal termine àtomos, indivisibile) fu definito così in quanto alcuni filosofi greci, per la precisione gli atomisti Democrito, Epicuro e Leucippo, lo consideravano l’unità più piccola ed indivisibile della materia. La definizione è rimasta invariata, anche se, come noto, verso la fine del XIX secolo, a seguito della scoperta dell’elettrone, si dimostrò che l’atomo era in realtà un’entità divisibile essendo composto da particelle di dimensioni inferiori dette, appunto per questo motivo, particelle subatomiche.

L’atomo ha un nucleo centrale, a sua volta costituito da protoni, ovvero da particelle dotate di carica elettrica positiva, e neutroni, particelle la cui carica elettrica netta è pari a zero; il numero di protoni viene detto numero atomico (più raramente numero protonico) ed è generalmente indicato con la lettera Z (dal termine tedesco Zahl, numero); la somma di protoni e neutroni è detta numero di massa (solitamente indicato con la lettera A).

Attorno al nucleo (la cui carica è positiva) ruotano delle particelle con carica elettrica negativa (di pari valore a quella dei protoni) note come elettroni. Il loro numero è identico a quello dei protoni che fanno parte del nucleo in modo da mantenere neutro il sistema; esistono atomi con il medesimo numero atomico, ma con differente numero di massa (vi è un eccesso oppure una mancanza di neutroni nel nucleo centrale); essi vengono definiti isotopi.

Dal numero atomico, ovvero da numero di elettroni che sono presenti nel guscio esterno, dipendono sia le proprietà fisiche che quelle chimiche dell’atomo; sono infatti gli elettroni che determinano le affinità tra atomi ovvero quei legami che permettono di formare delle molecole a partire da più atomi.

La classificazione degli atomi

Si deve a un chimico russo, Dmitrij Ivanovič Mendeleev, l’inizio della prima classificazione degli atomi (anche elementi); Mendeleev elaborò uno schema (la celeberrima tavola periodica degli elementi, nota anche, in suo onore, come tavola di Mendeleev) nel quale i vari elementi chimici vengono organizzati in ordine crescente di numero atomico; il numero atomico 1 corrisponde all’idrogeno, mentre il numero atomico 94 è relativo al plutonio; questo è l’ultimo elemento chimico naturale; i numeri atomici superiori fanno riferimento ad atomi prodotti artificialmente dall’uomo.

La struttura dell’atomo

Joseph John Thomson, un fisico britannico, è stato il primo a cercare di rappresentare la struttura dell’atomo; egli lo raffigurò come una sorta di sfera fluida con carica positiva all’interno della quale si muovevano gli elettroni.

atomo

Nel 1911, Ernest Rutherford (un chimico e fisico neozelandese naturalizzato britannico considerato il padre della fisica nucleare) ipotizzò che l’atomo fosse costituito da un nucleo centrale con carica positiva all’interno del quale era presente la massa e attorno al quale ruotavano gli elettroni; si trattava di una sorta di modello planetario che però fu oggetto di varie critiche in quanto era in contrasto con l’elettrodinamica classica.

Un nuovo modello fu quindi presentato nel 1913 da Niels Henrik David Bohr (fisico e matematico danese); anche il modello di Bohr si basava sulla struttura a nucleo centrale con gli elettroni presenti sulle zone esterne. Nel modello di Bohr gli elettroni si muovono soltanto su quelle orbite non soggette a perdite di energia per irraggiamento e l’emissione o l’assorbimento di energia sotto forma di radiazione avvengono nel momento in cui l’elettrone si sposta da un’orbita a un’altra più esterna oppure più interna. Le orbite concesse vengono indicate da un numero intero n (numero quantico principale o totale), che può assumere i valori interi positivi. La teoria di Bohr fu in seguito ampliata dal fisico tedesco Arnold Johannes Wilhelm Sommerfeld; egli prese in esame il caso di orbite ellittiche. Il modello di Bohr-Sommerfeld limitava però la sua validità all’atomo di idrogeno.

Nel 1927, Werner Karl Heisenberg (un fisico tedesco premiato con il nobel nel 1932) propose un modello probabilistico, che descrivesse con buona approssimazione qualsiasi atomo. Ciò fu reso possibile in seguito ai successivi risultati della meccanica ondulatoria. Con la scoperta del neutrone (1932) si giunse ben presto modello dell’atomo che possiamo definire pressoché completo, in cui al centro vi è il nucleo, composto di protoni (con carica elettrica positiva) e neutroni (con carica elettrica neutra) e attorno ruotano gli elettroni (con carica elettrica negativa).

Abbandonato il concetto di orbita, fu introdotto il concetto di orbitale. Questo perché, secondo la meccanica quantistica, non ha senso infatti parlare di traiettoria di una particella; se ne desume che non è possibile nemmeno definire con certezza la posizione di un elettrone in un determinato momento. Quello che poteva essere noto era la probabilità di trovare l’elettrone in un determinato punto dello spazio in un certo istante di tempo. Un orbitale quindi non è una traiettoria su cui un elettrone (secondo le idee della fisica classica) poteva muoversi, ma una porzione di spazio intorno al nucleo definita da una superficie di equiprobabilità, ossia entro la quale si ha un’elevata percentuale di probabilità (attorno al 95%) che un elettrone vi si trovi.

Le ricerche condotte a partire dagli anni ’60 del secolo scorso hanno poi portato alla scoperta che protoni e neutroni sono a loro volta costituiti da particelle più piccole definite quark.

Orbitale

L’orbitale è la regione dell’atomo in cui è massima la probabilità di trovare l’elettrone. Ogni orbitale possiede una forma caratteristica e un certo contenuto di energia; la dimensione, l’orientamento e la forma dell’orbitale sono descritti dai numeri quantici.

Il primo numero quantico (principale), indicato con n, è correlato con la distanza media degli elettroni dal nucleo e assume valori interi 1, 2 ecc.

Il secondo numero (secondario), indicato con l, indica la geometria dell’orbitale, per esempio quella sferica; assume valori interi fra 0 e n-1, dove n è il numero quantico principale.

Se l = 0, l’orbitale è sferico (orbitale s) con al centro il nucleo. Al centro della sfera c’è il nucleo.

Se l = 1, l’orbitale è a due lobi (orbitale p) e il nucleo sta al centro dei due lobi.

Se l = 2, l’orbitale è a quattro lobi (orbitale d) e se l=3 l’orbitale è a otto lobi (orbitale f).

Il numero quantico magnetico, indicato con m, descrive l’orientamento degli orbitali nello spazio e può assumere valori interi compresi tra 0 e n-1.

Il numero quantico di spin, ms, descrive la rotazione dell’elettrone attorno al proprio asse e può assumere solo due valori: ms = +1/2 e ms = -1/2.

Configurazione elettronica di un elemento

Come sono disposti gli elettroni negli orbitali di un atomo? Esistono dei vincoli fissati dalla descrizione quantistica dell’atomo che impongono per esempio che a un certo livello di energia possano essere associati un certo numero di orbitali. Con questi vincoli e tre ulteriori regole è possibile definire la configurazione elettronica dei vari elementi.

Principio della costruzione progressiva: prima vengono occupati gli orbitali a più bassa energia e poi quelli a energia più elevata.

Principio di esclusione di Pauli: ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni, ma con spin opposto.

Regole di Hund: nel riempire gli orbitali con la stessa energia, si inserisce un elettrone su ciascun orbitale e poi si completano gli orbitali semipieni.

Per esempio l’ossigeno ha 8 elettroni (numero atomico Z=8); applicando le suddette regole si trova che la sua configurazione è: 1s22s22p4.

L’esponente indica il numero degli elettroni: a distanza 1 (più vicini al nucleo) avremo due elettroni nell’orbitale sferico s, a distanza 2 due elettroni nell’orbitale sferico s e quattro elettroni nell’orbitale a due lobi p.

Elettroni di valenza

Nel caso dell’ossigeno possiamo notare che al suo ultimo livello di energia (il 2) sono presenti 6 elettroni: gli elettroni di valenza di un atomo sono quelli presenti nell’ultimo livello di energia; essi sono responsabili dei legami chimici e caratterizzano le proprietà chimiche dell’elemento.

Nella tavola periodica degli elementi sono indicati da un numero romano posto all’apice della colonna e descrivono il gruppo cui appartiene l’elemento; così l’ossigeno appartiene al gruppo VI.

Elettronegatività

L’elettronegatività (indicata con la lettera greca χ) indica il potere di attrazione di un atomo nei confronti degli elettroni del legame con un altro atomo; essa dipende sia dall’energia di ionizzazione (l’energia necessaria per strappare un elettrone dal nucleo), sia dall’affinità elettronica che indica con quanta forza elettroni estranei possano essere attirati.

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