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Limiti della finanza comportamentale

La finanza comportamentale può dare la sensazione che, applicando una visione più psicologica dell’economia e del singolo investitore, sia possibile superare i limiti della visione classica, pervenendo a nuove positive strategie d’investimento.

In realtà, ci sono due difficoltà che ancora non sono state superate: l’interpretazione univoca degli esperimenti e la parzialità della disciplina.

Il primo punto riguarda il fatto che ogni esperimento può essere letto in modo molto diverso perché di fatto si tratta di motivare un certo comportamento su base psicologica: basta avere come riferimento una personalità differente e cambia l’interpretazione. Gli psicologi fanno riferimento a personalità “medie” con il risultato che spesso ragionano per senso comune piuttosto che per buon senso.

Il secondo punto deriva direttamente dal fatto che la finanza comportamentale è nata comunque in ambienti che volevano spingere l’investitore verso il mercato, a prescindere dalle situazioni in cui ciò non è affatto conveniente semplicemente perché ogni previsione è molto azzardata.

Un euro non è un euro?

limiti della finanza comportamentaleMi hanno sempre sorpreso il clamore eccessivo suscitato dagli esperimenti di Richard Thaler e dalla loro più usuale interpretazione. Secondo la teoria classica, 100 euro sono sempre tali, a prescindere dal fatto che li si riceva come stipendio, che li si spenda per un paio di scarpe oppure che li si vinca a poker. Secondo Thaler non è così.

Supponiamo che debba comprare un modello di scarpe da running. Sono davanti alla vetrina del negozio X e le vedo esposte a 100 euro; sfoglio una rivista che avevo portato con me e scopro che in un negozio Y vengono vendute a 90 euro. Poiché Y è a un quarto d’ora di strada che faccio? Vado da Y e risparmio 10 euro?

Ora invece sono in compagnia di un amico davanti a un negozio X dove in vetrina c’è il televisore dei miei sogni a 1.099 euro. L’amico mi informa che presso il negozio Y lo stesso televisore è venduto a 1.089 euro. Poiché Y è a un quarto d’ora di strada che faccio? Vado da Y e risparmio 10 euro?

La maggior parte delle persone sottoposte all’esperimento andrebbe nel negozio Y nel primo caso, ma non nel secondo.

Alcuni autori (Motterlini) sostengono che saremmo caduti in una trappola mentale che provoca un’incoerenza nel nostro comportamento. In realtà non c’è nessuna trappola mentale e non è affatto vero che gli esperimenti di Thaler dimostrano che consideriamo gli euro in maniera differente. È invece vero che, pur considerando gli euro dello stesso valore, altri fattori ci fanno decidere in modo diverso. È banale osservare che non sono solo i 10 euro che ci fanno decidere (quindi capire se valga la pena di spendere 15′ del proprio tempo per risparmiarli), ma anche e soprattutto il fatto che possono evidenziare una differenza nei negozi.

Nel primo caso 10 euro su 100 (10%) possono significare che Y è un negozio molto più a buon mercato, dove posso fare buoni affari e che quindi vale la pena conoscere. Nel secondo caso, percentualmente parlando, la differenza è talmente minima che non ritengo differenti i due negozi e quindi scatta la domanda se convenga o meno dare 15′ del mio tempo per 10 euro. Dopo queste premesse, è ovvio che nel secondo caso la percentuale di coloro che vanno in Y sia minore.

Vediamo un altro esperimento citato da Motterlini.

Siamo davanti allo stadio e ci accorgiamo di aver perso il biglietto della tribuna che ci era costato 100 euro. Che facciamo? Lo ricompriamo?

Secondo scenario. Siamo davanti allo stadio, non abbiamo ancora acquistato il biglietto, ci accorgiamo di aver perso una banconota da 100 euro che tenevamo in tasca pronti all’acquisto. Che facciamo? Compriamo lo stesso il biglietto?

La maggior parte delle persone sottoposte all’esperimento non ricomprerebbe il biglietto nel primo caso, ma lo acquisterebbe nel secondo.

Questo esempio sembra più convincente, ma in realtà non tiene conto del fatto che l’acquisto viene fatto in due momenti diversi. Si sa che una certa percentuale di decisioni di acquisto verrebbe modificata nel tempo (sono gli acquisti fatti per impulso): nel primo caso dello scenario, è ovvio che gli impulsivi non confermerebbero la loro decisione.

Questi esperimenti dimostrano che una valutazione psicologica degli esperimenti della finanza comportamentale non è affatto univoca e che, entro certi limiti, si possano forzare le conclusioni.

La raziologia

La raziologia è la scienza che definisce e studia l’intelligenza esistenziale, classificando e descrivendo gli errori raziologici che non ci consentono di comprendere la realtà che ci circonda. A sorpresa, si scopre che errori definiti dalla finanza comportamentale (ancoraggio, percezione selettiva ecc.) non sono che errori raziologici commessi non da tutti, ma da chi ha un basso quoziente di razionalità. Purtroppo la maggioranza della popolazione è in tale stato e ciò può potenzialmente ingenerare la scorretta conclusione che tutti ci comporteremmo secondo errori emotivi classici.

A chi fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio il mio testo Migliora la tua intelligenza, un vero e proprio manuale di raziologia.

Economia o astrologia?

limiti della finanza comportamentaleUna battuta che circola negli ambienti economici è che, in una classifica basata sul minor grado di scientificità, l’economia è seconda solo all’astrologia. Forse la frase è troppo forte, ma qualcosa di vero c’è.

A mio avviso,

l’economia degli investimenti è molto simile al gioco d’azzardo.

Le affinità sono:

  • la possibilità di una trattazione matematico-statistica dei dati;
  • l’illusione della vittoria;
  • l’effetto risultato.

L’unica differenza che sembrerebbe penalizzare alcuni giochi d’azzardo è che non sono equi, mentre il mercato finanziario potrebbe esserlo (cioè si potrebbe avere la possibilità teorica di guadagnare), anche se già Keynes metteva in guardia sul fatto che “i mercati rimangono irrazionali molto più a lungo di essere solventi”.

Questa frase ricorda molto la faciloneria di chi spera di vincere a rosso/nero alla roulette giocando sui ritardi, salvo, a un certo punto, accorgersi che non ha più capitali per continuare a sostenere la strategia di puntare sul colore ritardatario.

L’illusione della vittoria

Con questa locuzione definisco la convinzione che l’investitore matura dentro di sé guardando ciò che è successo in passato. Chiunque di noi, guardando la curva delle azioni degli ultimi dieci anni (ved. Il senno di poi), è in grado di elaborare geniali strategie che avrebbero portato a guadagni stratosferici. Tale superficialità è simile a quella di chi è convinto di aver elaborato strategie vincenti al gioco del lotto senza sapere nulla di statistica: “ho notato che escono spesso due numeri su cinque con lo stesso numero finale, è facile vincere, basta giocare gli ambi che ritardano e che hanno la stessa cifra come finale!”.

Sull’illusione della vittoria si basano molte truffe: “con soli 50 euro al mese il nostro sistema ha garantito negli ultimi cinque anni dieci 5 al Superenalotto”. Vero: basta analizzare i dati e trovare una “regola” per selezionare proprio i numeri che sono usciti! Ovviamente tale regola in futuro non funzionerà, coerentemente con le leggi generali della statistica.

L’illusione della vittoria contrasta nettamente con la constatazione che

ciò che è successo in passato è solo debolmente correlato con quanto accadrà in futuro.

Certo, dopo un picco negativo della Borsa possiamo attenderci una risalita, ma cosa accade se, proprio quando abbiamo deciso di comprare, la Borsa va ancora più giù per una guerra improvvisa o per altri avvenimenti non strettamente legati all’economia?

L’effetto risultato

limiti della finanza comportamentaleSi tratta dell’errore razionale di considerare solo i risultati positivi di un esperimento.

In campo economico, è abbastanza evidente che i risultati positivi vengono sbandierati a tutti (l’anno scorso ho guadagnato il 15% in Borsa), quelli negativi vengono rivelati solo in caso di fallimento globale, mentre quelli debolmente negativi vengono spesso taciuti, proprio perché il soggetto vuole evitare la figuraccia di aver avuto un comportamento poco efficiente.

Ricordo un mio amico che anni fa non faceva altro che parlarmi di quanto guadagnasse in Borsa. Quando la Borsa iniziò a crollare, i suoi discorsi cambiarono argomento finché un giorno ammise a denti stretti che avrebbe fatto meglio a tenere i propri soldi sotto al materasso.

Le società d’investimento sono poi molto abili ad amplificare l’effetto risultato. Le tecniche più usate sono l’errore di additività e l’azzeramento delle perdite.

Nell’errore di additività il promotore sfrutta il fatto che la gran parte delle persone non è capace di “comporre” i numeri, sa solo sommarli. Pertanto userà frasi del tipo “le perdite del 50% dell’anno scorso sono state compensate dai guadagni del 50% di quest’anno”. Ciò è evidentemente assurdo: se due anni fa avevo 100, dopo un anno avevo 50 (ho perso il 50%), ora ho recuperato il 50% (di 50), quindi alla fine ho 75 con una perdita in due anni del 25%, non sono affatto in pari!

L’azzeramento delle perdite è una variante più sofisticata dell’errore di additività; mentre quest’ultimo non può essere matematicamente contestato (e quindi non funzionerebbe con l’utente smaliziato), l’azzeramento delle perdite è una tecnica squisitamente psicologica. La variante che riguarda un solo investimento consiste nello scegliere periodi temporali favorevoli. L’ultimo anno si è perso? Bene mostro i risultati degli ultimi 3 anni. Nel caso in cui non sia possibile negare l’evidenza trovando un periodo favorevole, si passa alla variante a più investimenti. Tale variante consiste nel proporre un nuovo investimento quando il precedente non è stato positivo. Se il secondo funziona (altrimenti se ne propone un terzo, un quarto ecc.), le perdite associate al primo vengono “dimenticate”.

La previsione

La finanza comportamentale non ha saputo dirci tutta la verità:

(1) non esiste nessuna strategia che possa garantire un guadagno reale.

L’economista classico non nega la (1), ma si affretta a dire che i guadagni sono inversamente proporzionali ai rischi, che, se vogliamo stare sul sicuro, possiamo accontentarci di guadagnare poco, avendo un alto grado di certezza. In realtà anche questa posizione è stata smontata dai vari periodi di crisi che si sono succeduti a diversi decenni di distanza. Anche il concetto di basso rischio è molto relativo come sanno piccoli risparmiatori andati in rovina per aver acquistato obbligazioni “sicure”.

La previsione in campo economico è di poco più razionale di quella dell’astrologo o del mago e quindi è solo di poco più affidabile. Illusione della vittoria ed effetto risultato sono i due fattori che possono illudere circa la reale possibilità di smentire la (1). A essi si somma la considerazione che

non è possibile creare ricchezza dal nulla

(una sorta di principio di termodinamica economica); l’illusione di chi pensa di riuscirci è banalmente contraddetta dal fatto che se fosse possibile guadagnare fortune immense applicando semplice formulette, la ricchezza dei singoli crescerebbe all’infinito, visto che queste formulette sono note a molti. Ammesso infine che una società o un singolo trovino la strategia rivoluzionaria per capire il mercato, varrebbe l’analogia del mago: visto che saprebbero prevedere il futuro, che senso avrebbe avere dei clienti? Non sarebbe più semplice e opportuno arricchirsi direttamente impiegando le proprie capacità divinatorie?

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