Il decadimento del tenore di vita negli anni della pensione rappresenta un rischio insidioso, e a cui far fronte per tempo. Il primo concetto con cui familiarizzare è il tasso di sostituzione, definito come il rapporto tra l’ammontare della pensione netta annuale e l’ammontare dell’ultimo reddito netto annuale. Chi, per esempio, percependo un reddito netto annuo di 50 mila euro si ritira dal lavoro e percepisce una pensione di 35 mila euro può contare su un tasso di sostituzione del 70%.
In prima battuta, un tasso di sostituzione anche non elevato (50-60%) può sembrare accettabile, poiché nel periodo post-lavorativo diminuiscono tutte le spese (trasferimenti, abiti, pasti fuori casa) connesse alla produzione del reddito. Di contro, l’elevata disponibilità di tempo libero, così come l’eventuale aumento delle spese mediche dovuto all’età, suggeriscono la necessità di un tasso di sostituzione pari ad almeno l’80%. Per chi ha iniziato a lavorare entro la fine degli anni ’70 del secolo scorso, la pensione pubblica (il cosiddetto primo pilastro, erogata dall’Inps ai lavoratori dipendenti di imprese private, dall’Inpdap ai dipendenti pubblici) è sufficiente a raggiungere questo obiettivo.
Tanto più è recente l’ingresso nel mondo del lavoro, tanto più è basso il tasso di sostituzione. Chi ha iniziato a lavorare di recente riceverà una pensione pubblica non molto superiore al 50% dell’ultimo stipendio. La mitigazione del rischio di decadimento del tenore di vita inizia con la risposta a queste domande:
- Quale sarà il tasso di sostituzione garantito dal primo pilastro? Per le giovani generazioni, probabilmente, non oltre il 60%.
- Sarò disposto ad abbassare il mio tenore di vita? Di quanto? L’ipotetico abbassamento del tenore di vita del 10% comporta, con un tasso di sostituzione del 60%, una scopertura previdenziale del 30%. A fronte di una remunerazione di 40 mila euro netti l’anno, è necessario integrare la pensione pubblica per 12 mila euro netti annui (ovvero il 30% di 40 mila). Come? Per esempio acquistando una rendita vitalizia che, al netto delle imposte sul reddito, garantisca un pagamento annuo di 12 mila euro.
- Quanto capitale sarà necessario per acquistare una rendita vitalizia che garantisca il reddito desiderato? Una rendita netta di 12 mila euro netti l’anno equivale a una rendita lorda di circa 16 mila euro. Nell’ipotesi, realistica, di un tasso di conversione (ovvero il costo di acquisto di una rendita vitalizia) al 5%, il capitale necessario è pari a 320 mila euro (16.000/0,05).
- Quanti soldi devo risparmiare annualmente per raggiungere il capitale necessario? La risposta dipende dal rendimento e dalla durata dell’investimento. Ipotizzando un rendimento del 3%, è possibile accumulare 320 mila € in 35 anni risparmiando poco più di 5 mila € l’anno, mentre se il periodo si riduce a 20 anni, il risparmio annuo deve salire a quasi 12 mila €. Il grafico che segue consente di prefigurare il capitale che è possibile accumulare investendo 1.000 euro l’anno in base a vari tassi di rendimento.
- Qual è lo strumento giusto in cui investire il patrimonio risparmiato a fini previdenziali? Si veda il testo Non bruciare i tuoi soldi.