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L’infortunio nella corsa – Come affrontarlo e risolverlo

2^ edizione

R. Albanesi

L'infortunio nella corsa - Come affrontarlo e risolverlo

Formato elettronico

Disponibile (€ 7,00) in formato e-book nel Kindle Store di Amazon

Formato cartaceo non disponibile


Questo vuole essere un testo semplice, utile, innovativo.

  • È semplice perché non è zeppo di termini medici ed evita inutili dissertazioni comprensibili solo agli addetti ai lavori.
  • È utile perché prende in esame tutto ciò che occorre sapere sugli infortuni nella corsa.
  • È innovativo perché propone una strategia di gestione dell’infortunio che, se non fa miracoli, ottimizza il tempo necessario per riprendere l’attività e può essere applicata da tutti senza conoscenze mediche approfondite.

Se acquistate questo libro perché infortunati andrete sicuramente subito a dare una sbirciatina ai capitoli dedicati alla risoluzione.

SBAGLIATO! Non è la strada migliore perché si rischia di non capire alcuni punti. Prendetevi qualche ora e dedicatela alla lettura della prima parte: poi tutto vi risulterà molto più chiaro.

Ideale per affrontare e risolvere gli infortuni del runner, è anche fondamentale per chi vuole prevenirli.

Ulteriori informazioni

Indice dell’opera

La storia di Giuseppe

Giuseppe è un runner con una passione sfrenata per la corsa. Si allena con una certa continuità da due anni, tutti i giorni, o quasi. Un giorno, dopo una gara, il suo tendine d’Achille incomincia a fare le bizze; la mattina dopo il povero Giuseppe quasi non cammina. Durante il giorno le cose vanno meglio e la sera decide di allenarsi lo stesso: non può perdere la condizione faticosamente raggiunta!

La mattina dopo, stessa situazione. Per fortuna che ci sono gli antinfiammatori, un paio di pastiglie e la sera le ripetute saranno uno scherzo.

Proprio uno scherzo non sono, ma almeno quando il tendine si è scaldato il dolore è sopportabile. Un amico gli consiglia il ghiaccio e il nostro campione passa la sera sfregandosi lo scellerato tendine con cubetti di ghiaccio, uno dopo l’altro finché non è quasi ibernato. Ora sì che va molto meglio. Ricapitoliamo antinfiammatori e ghiaccio, tanto stasera c’è un lento.

Sì, fa male ma è sopportabile. Sicuramente domenica grande gara.

Arriva la domenica; già il riscaldamento è un calvario, poi la gara, non parliamone… Giuseppe si batte come un leone, ma soffre come un cane e fa un tempaccio.

Occorre cambiare strategia, forse basta riposare qualche giorno, continuando però con antinfiammatori, ghiaccio e una pomata miracolosa scoperta proprio domenica.

Dopo tre giorni si sente rinato, prova ad allenarsi, un medio di dieci km: così riposato sarà uno scherzo! Sì, il dolore c’è ancora, ma si è molto attenuato, finalmente sta passando.

Alla fine del medio cambia idea: il tendine fa ancora un male boia. Forse è il caso di sentire il fisioterapista.

Detto fatto. Diagnosi: peritendinite, una settimana di riposo, ultrasuoni, ionoforesi, laser (il nostro Giuseppe non lo sa, ma è un laser a infrarossi, poco più di una stufetta…). E poi tanto stretching: e lui che non l’aveva mai fatto! Una seduta, un giorno sì e uno no. Le macchine faranno sicuramente il miracolo.

Finita la settimana di riposo, su consiglio del fisioterapista, è ora di provare. Poco per ora, poco più di un riscaldamento. Il dolore c’è sempre, ma le macchine…

Finiscono anche le dieci sedute, sono passati venti giorni, volatilizzati 200 euro e Giuseppe comincia a rimpiangere i bei tempi in cui correva senza problemi. Ma una sera un lampo nella disperazione: su una rivista legge che con i plantari si risolve tutto. Si butta sulle Pagine Gialle, ma non trova nulla; allora divora avidamente tutte le riviste sulla corsa finché non trova un centro specializzato nella costruzione di plantari. “Col computer”: non può fallire.

Il giorno dopo, uscito dalla visita, è un altro: si sente sicuro, la sua nuova protesi (la ritirerà fra qualche giorno) costa sì un po’, ma lo farà volare. E dire che non si era mai accorto che caricava di più con il sinistro: benedetti computer!

Primo allenamento col plantare: il dolore al tendine è attenuato dalle vesciche per l’inserimento del nuovo plantare nella scarpa. Basta solo adattarsi. Del resto, è scientifico: col plantare si carica di meno.

Passano quindici giorni, tre, quattro allenamenti penosi, la condizione non c’è più, ma il dolore sì. In un impeto di rabbia Giuseppe getta i plantari e le scarpe nuove… Già, quelle nuove perché le scarpe vecchie erano state gettate quindici giorni prima quando un amico gli aveva fatto presente che “tutti gli infortuni dipendono dalle scarpe”.

A piedi nudi torna alla macchina; è talmente depresso che sarebbe disposto ad andare a piedi a Lourdes, se ciò servisse per risolvere il problema. Fruga nella mente e si ricorda che gli hanno parlato di un osteopata o forse un chiropratico, sicuramente non era uno stregone indiano perché il nome, se lo ricorda bene, faceva Luigi. Attiva i contatti e finalmente ottiene un appuntamento.

Luigi lo tranquillizza subito, risolverà il problema: lo fa sdraiare e incomincia la manipolazione; Giuseppe scricchiola tutto, ma questo è buon segno perché sta andando a posto. L’elenco di ciò che è stato sistemato è praticamente un volume di anatomia, ma ora Luigi può farlo alzare: “prova a fare qualche passo”. Giuseppe cammina e in due passi non sente dolore, vorrebbe provare con un allungo, ma la stanza è piccola e l’unica cosa che schizza via sono i 60 euro che il manipolatore incassa con la destrezza di un ragazzino.

Il giorno dopo è il grande giorno: accontentiamoci di un lento. Sì, funziona, nessun dolore, forse qualcosa, un dolorino, no è come prima. Non infieriamo sul povero Giuseppe…

“Qui c’è qualcosa di grave, basta fare una radiografia e saprò finalmente cosa ho”. La luce ricompare nella vita del nostro runner.

Prenotazione, radiografia a pagamento ed esito: nulla.

“Come nulla?”

“Sì, nulla”

“Ma io quando corro sento un male boia al tendine d’Achille”

“Ah, ma allora doveva fare un’eco. Può prenotarla per venerdì”

Giuseppe in coma paga la radiografia e prenota l’ecografia.

Venerdì ha l’esito: il suo tendine è da buttare. Unica alternativa, l’operazione. Sono passati tre mesi e dodici giorni…


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