La maggiore età, per il nostro ordinamento giuridico, segna il confine temporale, superato il quale si acquisisce una piena “capacità di agire”, ovvero di mantenere comportamenti capaci di incidere sulle proprie posizioni di diritto o di obbligo, senza necessità dell’intervento di altri soggetti (tipicamente i genitori).
Una distinzione preliminare da introdurre è quella tra capacità giuridica (ovvero l’astratta capacità di ciascuno di essere titolare di diritti e doveri) che è propria di tutte le persone e, invece, la capacità di agire, ovvero di essere in condizione di intervenire personalmente su tali diritti e doveri.
Questa seconda, come detto, si acquisisce tipicamente con il raggiungimento della maggiore età che, a seguito della riforma del diritto di famiglia, introdotta nel 1975 (legge 39/1975), è stata fissata in anni 18 (in precedenza anni 21).
In termini pratici, e in ambito civile, non aver raggiunto la maggiore età significa che i contratti conclusi dal soggetto sono annullabili; ciò significa che, qualora nessuno intervenga, il contratto produce i propri effetti, i quali possono essere posti nel nulla (annullati appunto) a richiesta di una delle parti, mancando in sostanza un elemento del contratto stesso (un valido consenso).
Si deve anche ricordare che, secondo una interpretazione oramai conforme, si escludono da simile conseguenza quei contratti che, essendo di modico valore e usuali anche per i detti soggetti, sarebbe incongruo assoggettare a tale rimedio (anche acquistare il giornale sarebbe, astrattamente, un contratto annullabile se compiuto dal minore senza l’assistenza dei genitori).
Parimenti si ritiene oramai che siano validi ed efficaci quegli atti che, esplicazione della personalità di un soggetto (e quindi nell’ambito dei diritti tutelati dall’art. 3 della Costituzione), rappresentano il patrimonio di un soggetto e ne tutelano anche la progressione nella vita di relazione. Si pensi, per esempio, all’iscrizione a un partito politico o un’associazione.
La regola, però, è che il minore deve essere rappresentato dal soggetto che esercita la potestà genitoriale (di fatto non si parla più di patria potestà da quando la riforma del diritto di famiglia ha inteso fissare l’assoluta parità tra coniugi) ovvero dal soggetto (tutore o curatore) che esercita, in luogo dei genitori, tali doveri.
Sono previste alcune eccezioni, il cui elenco completo non è di facile stesura.
Vi è, in primo luogo, un’eccezione di ordine generale, prevista dall’art. 390 codice civile, che stabilisce che il minore (comunque di età superiore a 16 anni), che sia ammesso dal Tribunale dei Minorenni a contrarre matrimonio, acquisisce una capacità di agire, limitata. È la cosiddetta emancipazione.
Vi sono, invece, molteplici disposizioni che stabiliscono la capacità dei minori di compiere atti giuridicamente rilevanti (anche in esecuzione di convenzioni internazionali): valgano, per esempio, l’art. 155-sexies del codice civile il quale dispone che, nei procedimenti di separazione, debba essere sentito anche il minore che abbia compiuto i 12 anni (o anche di età inferiore, previa valutazione della sua maturità), al fine di decidere sui provvedimenti relativi alla separazione oppure l’art. 7 della legge 184/1983, in materia di adozione, che stabilisce come un minore, se ha raggiunto i 14 anni, non possa essere adottato senza il proprio consenso, ovvero se ha raggiunto i 12 anni, debba essere personalmente sentito.
Tra i principali effetti del raggiungimento della maggiore età, vi è l’acquisizione del diritto di elettorato passivo, ovvero la possibilità di essere eletti a cariche pubbliche (salvo che per la Camera dei Deputati, età minima anni 25, per il Senato della Repubblica, età minima 40 anni, Presidenza della Repubblica, età minima 50 anni), come pure di quello elettorato attivo, ovvero la capacità di esprimere il proprio voto per le consultazioni (salvo che per le elezioni dei Senatori, per i quali è prevista l’età minima di anni 25).
Ambito penale – Nell’ambito penale la maggiore età serve, sotto l’aspetto procedurale, a determinare quale sia il tribunale competente, poiché i reati commessi da soggetti di età inferiore ai 18 anni vengono giudicati dal Tribunale per i Minorenni.
Come si deduce da ciò, quindi, il reato viene perseguito ugualmente, nel mentre l’età minima per essere imputabili (ovvero perché si possa essere accusati, in senso giuridico, di un reato) è fissata in anni 14.

In Italia l’età minima per il conseguimento della patente di guida europea di categoria B coincide con la maggiore età
Maggiore età e libertà sessuale
Non strettamente legato al tema della maggiore età, ma inerente all’argomento, pare essere quello della “libertà sessuale”, ovvero la capacità di determinarsi liberamente in tale campo. L’argomento viene spesso trattato sotto l’espressione “età del consenso”.
Analizzando l’art. 609-quater del codice penale, che punisce gli atti sessuali con minorenne (al di fuori delle ipotesi di violenza, previsti dall’art. 609-bis del codice penale) si può affermare che detta libertà si acquisisce con gli anni 14, età a partire dalla quale è possibile intrattenere rapporti con persone di qualsiasi età (salvo che non si tratti di ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza, nel qual caso l’età si innalza a 16 anni).
È previsto anche il caso di rapporti sessuali tra infra-sedicenni; in tale ipotesi la libertà sessuale si acquista a 13 anni, purché il partner abbia meno di tre anni di differenza (609-quater comma 3).
Lorenzo Zanella
Avvocato
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Treviso