Il giudice di pace, più precisamente giudice onorario di pace, è, a tutti gli effetti, differentemente da quanto comunemente si ritiene, un’autorità giudiziaria come il Tribunale, la Corte di Appello e la Cassazione; il giudice di pace, infatti, è inserito tra gli organi che amministrano la giustizia, in materia civile, penale e amministrativa.
L’unica, essenziale, distinzione è che il giudice di pace è un giudice cosiddetto onorario, ovvero non partecipa all’esame di magistratura per assumere il proprio ruolo, ma viene selezionato dal Ministero della Giustizia nell’ambito di una graduatoria per titoli (ovvero in base alla competenza) che viene periodicamente redatta. Il giudice di pace, infatti, dura in carica quattro anni e può essere confermato nel proprio ruolo per due volte.
Evidente, quindi, la necessità di provvedere al rinnovo della graduatoria, per sostituire i soggetti non più nominabili.
Il giudice di pace, quindi, non ha una funzione di consulenza nei confronti dei cittadini e, anzi, come ogni altro magistrato, deve astenersi dal fornire pareri sulle vicende poiché, in difetto, diventa incompatibile nella vicenda, qualora una delle parti decidesse di instaurare un giudizio.
La confusione sul ruolo del giudice di pace è spesso conseguenza della natura delle questioni che esso è chiamato ad affrontare, limitate, come diremo, nel valore (nel civile), nella gravità (nel penale) e nelle materie (per esempio le sanzioni amministrative); l’occuparsi delle “piccole beghe” dei cittadini ne ha fatto, agli occhi di molti, quasi una figura di conciliatore, chiamato, senza troppe formalità, a dirimere le questioni tra privati.
Come detto, così non è; infatti, anche per tale organo sono previste specifiche norme di diritto (processuali) che servono a disciplinare l’andamento del giudizio.
Di regola il processo avanti al giudice di pace ha regole più semplici degli analoghi procedimenti, che si svolgono avanti al Tribunale, ma, comunque, non sono sempre agevoli da comprendere.
Si assiste, inoltre, di regola a prassi (ovvero comportamenti abituali) in forza delle quali anche il processo avanti a questa autorità si adegua ai procedimenti che si svolgono in Tribunale.
Vediamo, di seguito, in sintesi, le principali materie in cui il giudice di pace è chiamato a svolgere il proprio compito e il funzionamento del processo in detti ambiti.
La natura delle questioni che affronta permette di affermare che il giudice di pace rappresenta il “primo gradino” della scala giudiziaria italiana.

il giudice di pace ha l’obbligo di comunicare al CSM tutti gli incarichi extragiudiziali, incluso quello di amministrator
Giudice di pace e competenza civile
Il campo civile è certamente quello cui, più comunemente, viene ricondotta la figura del giudice di pace.
La competenza (ovvero le materie nelle quali il giudice è chiamato a decidere) di tale autorità è prevista, in via principale, dall’art. 7 del codice di procedura civile (seguite il link e cliccate sul numero dell’articolo) e riguarda:
- cause relative a beni mobili di valore non superiore a euro 5.000,00 quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice;
- cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 20.000,00.
La legge, quindi, lo individua quale autorità deputata a dirimere le questioni di valore più lieve (fino a 5.000 euro), innalzando tale valore per le cause di risarcimento del danno, quando esso derivi dalla circolazione di veicoli e di natanti.
L’articolo che abbiamo appena citato, poi, individua altri specifici campi, ovvero:
1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.
Avanti al giudice di pace è possibile, per alcune limitate fattispecie, difendersi personalmente.
L’art. 82 del codice di procedura civile, infatti, prevede che, per un giudizio di valore sino a 1.000 euro, la parte (ovvero colui che agisce oppure il soggetto contro cui la causa viene instaurata) possa stare in giudizio personalmente.
In pratica, anziché avvalersi dell’assistenza di un avvocato, il cittadino ha la possibilità di difendersi autonomamente, ma sempre rispettando la normativa prevista per il processo. Tale facoltà è concessa anche quando il valore della causa superi i 1.000 euro, ma in questo caso è necessaria l’autorizzazione del giudice.
È importante sottolineare, per questa seconda ipotesi, che non si tratta di un diritto insindacabile, perché il giudice di pace può non autorizzare la difesa personale, dovendo valutare “natura ed entità della causa”.
Qualora si voglia avvalersi di tale possibilità, è importante assicurarsi che si verrà autorizzati, al fine di evitare pregiudizi per i propri diritti.
Le possibili difficoltà che si incontrano, qualora il soggetto decida di difendersi personalmente, derivano dal fatto che, come anticipato, il processo avanti al giudice di pace è regolato da specifiche disposizioni del codice di procedura civile, in specie gli artt. 311-322, che dispongono l’evolversi del giudizio.
Il processo viene instaurato mediante “atto di citazione”, ovvero un documento nel quale la parte che intende agire, dopo aver indicato i propri dati (e quelli dell’avvocato che lo difende, se è questa l’ipotesi) espone quali siano i fatti accaduti e le richieste che formula al giudice; viene individuata, inoltre, anche la persona, la società o la pubblica amministrazione contro la quale la domanda viene svolta; viene, infine, indicata una data di udienza, nella quale le parti del processo dovranno comparire.
Avanti al giudice di pace è possibile anche, per chi inizia l’azione, presentarsi al giudice e chiedere che egli verbalizzi le circostanze di fatto e le domande, procedendo, poi, a notificare il verbale alla parte chiamata in giudizio.
L’idea originaria era quella che il giudizio si svolgesse nel più breve tempo possibile.
Per tale ragione era prevista un’unica udienza, quella disciplinata dall’art. 320 del codice di procedura civile, nel corso della quale il giudice di pace doveva svolgere tutte le attività tipiche: sentire le parti, tentare una conciliazione, chiedere l’indicazione dei mezzi di prova che le parti stesse intendono introdurre.
In realtà, anche in forza della possibilità di ritenere applicabili le norme sul processo ordinario, ed essendo, comunque, prevista tale facoltà, anche il processo davanti al giudice di pace prevede, quasi sempre, lo scambio (ovvero il deposito di entrambe le parti) di almeno due ulteriori atti; seguono poi le udienze per sentire gli eventuali testimoni che il giudice voglia ascoltare e, infine, si giunge all’udienza nella quale le parti chiedono che l’autorità si pronunci.
La possibile complessità cui giunge anche tale procedimento induce a consigliare a coloro che vogliano intraprendere la strada della difesa personale di approfondire, preliminarmente, le modalità del giudizio e, eventualmente, assumere informazioni su quali siano le prassi in uso presso il giudice avanti al quale debbono presentarsi.
La decisione del giudice di pace è appellabile (ovvero può essere richiesta una rivalutazione dei fatti) avanti al Tribunale, salvo che in una specifica ipotesi, ovvero quando il giudice abbia deciso secondo equità; ciò accade per valore inferiore a 1.100 euro (ed esclusi i contratti di cui all’art. 1342 codice civile) o quando le parti chiedano al giudice di pronunciarsi secondo equità.
In tale ipotesi è previsto unicamente il ricorso per Cassazione, ovviamente per i motivi nei quali esso è ammissibile.
Si precisa che, volendo impugnare la sentenza, è sempre necessario avvalersi dell’assistenza di un avvocato.
Giudice di pace e competenza penale
Nella speranza di ridurre l’enorme contenzioso penale pendente (al 30.06.2011, il Ministero della Giustizia ha determinato in 3,4 milioni i processi pendenti!), ancora nel 2000 (Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274) si è deciso di attribuire al giudice di pace competenze anche nell’ambito penale, mediante la selezione di alcuni reati, divenuti (purtroppo) abbastanza frequenti, per i quali prevedere pene diverse, un processo più celere e modalità di definizione volte alla conciliazione.
È nato così il processo avanti al giudice di pace penale, per i reati individuati dall’art. 4 della legge istitutiva sopra ricordata, e, quindi, per esempio, alcuni delitti quali l’ingiuria, le lesioni dolose più lievi e quelle colpose e molte contravvenzioni.
Differentemente che in ambito civile, nel procedimento penale non è mai ammessa la difesa personale e quindi l’imputato deve sempre essere difeso da un avvocato.
Le particolarità di questo processo sono costituite dalla necessità che, alla prima udienza, il giudice cerchi una conciliazione per i reati per i quali è possibile rimettere la querela, e, quindi, cerchi di convincere la persona imputata e chi dice di aver subito il reato a trovare un accordo tra loro.
Quanto all’andamento del processo, oltre a escludere alcune possibilità alternative di definire il giudizio (patteggiamento, rito abbreviato), risultano particolarmente rilevanti le possibili condanne che il giudice può attribuire e le modalità di definizione del processo.
Quanto alla prima ipotesi, esclusa la possibilità di comminare una pena detentiva, la legge prevede per il giudice la facoltà di ordinare la permanenza presso l’abitazione, la cosiddetta permanenza domiciliare, oppure i lavori di pubblica utilità (ovvero la prestazione, da parte del condannato, di un’attività in favore della collettività, in forza di convenzioni tra gli organi giudiziari e gli enti pubblici di regola).
In merito, invece, alle modalità di definizione, nel detto processo il risarcimento del danno (che di regola costituisce una circostanza attenuante) può essere causa di estinzione del reato, ovvero chi dà corso a un pagamento vede cancellato il reato.
Infine, ai sensi dell’art. 34, qualora il fatto abbia determinati requisiti (quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale) il giudice può dichiarare comunque estinto il reato, nonostante si fosse dato corso al processo.
Anche le sentenze penali possono essere oggetto di impugnazione.
Giudice di pace e competenza amministrativa
Il giudice di pace ha importanti competenze anche in materia amministrativa, ovvero nelle vicende che riguardano i rapporti tra cittadini e la pubblica amministrazione.
Si fa riferimento, in particolare, alle cosiddette multe (più correttamente sanzioni amministrative) e in particolare a quelle previste dal codice della strada.
In questa materia, la parte può stare in giudizio personalmente e, quindi, promuovere l’opposizione entro 30 giorni (termine ridotto dai precedenti 60 giorni con il d.lgs. 150/2011), mediante ricorso che va depositato presso il giudice di pace il quale fissa un’udienza per discutere del ricorso e provvede alla trasmissione degli atti all’organo interessato (di regola il prefetto).
Il giudice di pace ha il potere, quindi, di annullare la sanzione, ma, qualora decida di confermare la bontà della contestazione, deve determinare in proprio la sanzione.
È quindi possibile che, perdendo il ricorso, la sanzione sia più elevata di quella originaria.
Anche le sentenze del giudice di pace in questa materia sono appellabili.
Lorenzo Zanella
Avvocato
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Treviso